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Vincenzo Donvito. L’informazione e la formazione delle opinioni nella società globale degli algoritmi
10 Aprile 2018
 

Firenze – La nostra è una società complessa, e lo diventa sempre di più. Dal momento in cui l’accesso all’informazione -strumento principe del potere- è stato liberalizzato, la complessità è diventata maggiore. Nei secoli e nei lustri passati ciò che il principe o il potente sapeva, era strumento di sottomissione di coloro che non sapevano. Via via che ci siamo avvicinati alla nostra era -complici le tecnologie di massa applicate all’informazione- questo potere si è sempre più eroso. Ma non è sparito, si è solo trasformato. E i potenti di un tempo oggi sono diversi, articolando il loro potere -sempre con l’informazione- in modo più raffinato ed esclusivo. Ai più l’informazione massificata e le fake-news, ai potenti l’esclusività.

Informazione massificata. È, in genere, quella poco approfondita, fatta di brevi allocuzioni, notizie più o meno gridate e sempre considerate eclatanti, anche se fanno parte di una routine. Metodo che conduce facilmente al loro uso strumentale, di parte e difficilmente formatore di un’opinione. Esempio: un’amministrazione comunale fa cassa con le multe al codice della strada e viene scoperta… ed ecco che di conseguenza, nel mondo dell’informazione massificata, tutte le amministrazioni comunali sono altrettanto disoneste. Non solo, ma anche che tutte le amministrazioni comunali usano il codice della strada solo per fregare gli onesti cittadini. E non solo il codice della strada, ma tutto il sistema di imposizione fiscale delle amministrazioni comunali è concepito e usato per fregare gli onesti. E anche se all’evidenza logica tutto questo può sembrare la trama di un film catastrofista, diventa difficile circoscrivere il fenomeno e, magari, usarlo per farne tesoro.

Fake news. Sono il corollario conseguenziale dell’informazione massificata. Indipendentemente dal motivo per cui, una per una, vengono generate, quando arrivano nell’agorà massificata, proprio per la loro caratteristica di comunicare qualcosa di sensazionale, diventano la conferma dei propri convincimenti per il consumatore medio.

Qui si inseriscono le grandi aziende leader dell’informazione del nostro secolo, i vari Facebook, Twitter, etc. Col loro metodo di controllo dei gusti degli iscritti, fornendo loro l’informazione mirata dopo accurata selezione di ogni particolare delle loro navigazioni, contribuiscono a far credere che ciò che accade nel mondo è proprio quello che uno si aspetta per validare le proprie opinioni… che non sono più tali, visto che non si formano in modo dialettico e di confronto, ma assumono le sembianze di ossessioni. Queste creazioni di mondi funzionali agli specifici gusti dello specifico consumatore, porta anche, da se stessi, a rafforzare una tendenza di scelta per tutto quello che sia funzionale ai propri convincimenti: ed ecco che si leggono (quando si leggono piuttosto che usare tecniche di lettura veloce) libri che possano solo confermare le proprie opinioni, si frequentano solo persone che hanno una similitudine con se stessi, si da maggiore affidamento solo alle novità che provengono da ambiti di provata e apprezzata similarità, e così via.

Accade che quello che doveva essere il cittadino globale, non è più tale, ma è il solito suddito del principe e del potente, con la differenza che a filtrargli l’informazione non sono più i padroni del castello e del vapore, ma quelli nel nuovo capitalismo che si basa sugli algoritmi.

Per chi ancora non se ne era reso conto, è quello che sta venendo fuori proprio in questo periodo con la vicenda Facebook. Ne siamo consapevoli?

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc


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