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Fiorella Soldà, “La donna del treno”. Recensione di Pietro Pancamo
Euro 12,00. Morlacchi editore
Euro 12,00. Morlacchi editore 
12 Giugno 2008
 

In un mondo come questo, che ci obbliga per necessità di cose a destreggiarci in continuazione fra questioni terrene (se non terra terra) e per sovrammercato impervie, quando l’agilità del coraggio inizia a logorarsi e decadere – senza più permetterci riparo – subito capiamo che il successo (vale a dire la realizzazione personale o nel lavoro) non è mica breve da raggiungere. Non è mica semplice. «Anzi», siamo costretti ad accorgerci ed esclamare d’un botto (peraltro assai rovinoso), «la vita e il collasso in verità coincidono!».

Ecco allora i personaggi di Fiorella Soldà – ossia quelli riuniti nei tre racconti lunghi che compongono l’interessante raccolta La donna del treno – cedere stanchi sotto il peso della succitata e inevitabile autorivelazione dalla quale (brava com’è – in fondo – a dimostrare la perfetta, oliata inutilità d’ogni sforzo o tentativo) si generano automaticamente – a seguito dei crolli e rese, cui i protagonisti delle novelle non sanno, non devono sottrarsi – narrazioni soffuse di sconfitta, che ci presentano gallerie di maschi (potenti ma giocherelloni), ritratti puntualmente come drappelli d’inermi in armi, ben decisi a ripiegare sistematicamente sul sorriso ad oltranza della frivolezza esistenziale, pur di non lanciare sfide troppo esplicite ai rigori della sorte.

Invece le figure femminili non si tirano certo indietro e – dopo aver scagliato le proprie intere energie (in occasione già dell’infanzia, della giovinezza, degli studi e della carriera professionale) contro habitat sociali poco propensi alle donne e pronti a soffocarle – colgono sulla sconfitta vittorie belle e apparenti. Però alla fine, o meglio sempre, ritrovano la disperazione con violenza e all’improvviso, elevandosi così a simbolo patente, e spiegazione, di come gli eventi traumatici producano un destino saltuario, che a volte si eclissa lasciando gli individui e le loro vicende in balia della sofferenza (estremamente ingiusta – di norma – e più cieca ancora della fortuna).

Può una simile condizione d’emergenza e dolore suscitare indifferenza? No. Spingerà piuttosto ad affermare: «Forse anche Dio vuole per sé un po’ di libero arbitrio... Per questo non ascolta le nostre preghiere».

 

Pietro Pancamo

 

Fiorella Soldà, La donna del treno, Morlacchi, 2002, pagg. 274, € 12,00

 

 

 

Fiorella Soldà, docente e scrittrice, insegna lingua francese a Terni, presso l’Università delle tre età e della formazione continua. Ha sinora pubblicato due romanzi – Camilla (2005) e Filigrana (2007) – entrambi usciti per i tipi della Morlacchi, casa editrice perugina per cui ha fra l’altro curato l’antologia Prose e poesie per raccontare la terza età (2003), come pure – in collaborazione con Maria Caterina Federici e Igea Frezza – la raccolta di proverbi contadini La ballata del si dice... Identità e memorie nella cultura postmoderna (2007).


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