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Lidia Menapace. Valore delle proposte
17 Settembre 2014
   

Adesso che la Repubblica (intesa come quotidiano) gestisce il principale programma di discussione politica della Rai, cioè “Ballarò”, condotto da Giannini, il riformismo occupa alla grande la comunicazione pubblica, con una certa intelligenza e capacità di buon livello gusto ecc. ecc.: insomma Repubblica. Non che il primo “Ballarò” fosse un distillato di originalità, ma sembrava un po' più fatto in casa.

Veniamo a sapere che esiste un nuovo Capitale (come libro). Francese, e che sostiene il merito soprattutto, e una certa tollerabile ineguaglianza, che appunto serve da stimolo, insomma la più buonsensaia espressione di politica e di economia, e quanto alla collocazione, un po' a destra della Rivoluzione francese buonanima ecc. ecc.

Se non ci rendiamo conto che le riforme -per di più quelle dette “di struttura”- sono impossibili e che se non avviamo almeno il progetto della costruzione dell'alternativa, la barbarie è la meta unica possibile, con il “contorno” di una guerra già incipiente ecc. ecc., è meglio che ci mettiamo tutti e tutte a riposo, cercando di vivere meglio che possiamo i nostri più o meno numerosi ultimi anni.

Non lo dico con particolare tristezza: capita nella storia, sarebbe giusto almeno accorgersene e non mentire a se stessi/e.

Per me l'andata in pensione non è possibile perché da troppo ho imparato a muovermi e a darmi da fare e alla mia età non cambio più: ma non datemi ascolto, anche se magari continuate a leggere quel che scrivo, grazie.

Dunque riassumendo. Ho illustrato un paio di estati fa il Campeggio Resistente promosso dall'Anpi di Cuneo, al quale presero parte giovani di ogni luogo, dunque una sede nazionale. Incontrandosi con un intelligente sindaco di un paese a mezza costa, si profilava la proposta di rioccupare quella parte di montagna abbandonata e di non lasciare andare a male case contadine, la farmacia, la scuola per l'infanzia ecc. Anzi si profilava una possibilità di pendolarità per chi lavorava a Torino o a Cuneo nell'industria più efficace e meno stressante.

Ragionandoci su mi venne da proporre un progetto che partendo dal limite dell'industrialismo, rilanciava l'agricoltura per rioccupare territori desertificati, sia in tutto l'arco subalpino, sia su tutta la dorsale appenninica, un progetto nazionale e di grande respiro. Il dibattito fu da me confrontato anche con la situazione del Sudtirolo, dove la montagna non è stata abbandonata ecc. ecc. Per l'Appenino citavo la civiltà del castagno e della castagna ecc. ecc. La cosa si è subito fermata e ora riparte come elogio sperticato di tutti quelli che laureati in filosofia o urbanistica adesso mungono le loro vacche e commentano quale fatica comporti la vita in campagna: faticosa, ma sana ecc.: le Georgiche furono già scritte. Sembrerebbe che quel disegno che non poteva essere se non pubblico sia stato amputato di qualsiasi sua valenza persino solo riformatrice e diventato una buona iniziativa individuale, che non disturba nessuno, soprattutto non le imprese stradali che si dedicano alle più varie Tav o Tac possano loro venire in mente.

Conosciuto un marocchino sotto i portici di Bolzano tre anni fa, sono venuta maturando un disegno per l'immigrazione, tragico evento non arrestabile e sempre più tendente a risvegliare nazionalismi razzismo ecc. ecc.

Ho spesso narrato le varie fasi della vicenda: saputo che nel paese vicino a Fez dove abita c'è l'acqua, però manca il pozzo, mi sono impegnata a raccogliere soldi da dare per acquistare macchinari materiale e organizzare il lavoro sul posto per fare il pozzo, il pozzo ora è fatto e il racconto ha portato il famoso complimento fattomi: “signora, al mio paese anche gli asini ti vogliono bene”, sia a raccontare che questa iniziativa non assistenziale né salvifica, ma cooperativa e solidale, con naturalezza abbia mutato le relazioni tra le persone e attivato altre iniziative comuni e prosecuzione del miglioramento del paese. Adesso faranno un forno e una cucina per pane arabo e cibi tradizionali da vendere ai turisti che convogliano al Centro sociale del loro paese, e il marocchino in questione sta raccogliendo le ultime contribuzioni e poi TORNA IN MAROCCO E CI SI RISTABILISCE: non è una dimostrazione che la maniera di rispondere alla migrazione non è la fuga come pezzi di merce da stipare su carrette malsicure, in improvvisati e malsani rifugi e poi in impossibili e tremendamente costose in vite umane avventure in terra straniera, bensì il lavoro comune con legami internazionali?: che cosa ci vuole per capirlo? e che cosa per imitarlo se poche persone di nessuna speciale capacità da una parte e dall'altra ci sono riuscite?

Sono davvero furibonda. ll movimento reale che muta lo stato di cose presenti è questo, è una miriade di queste cose fattibili. Prima o poi si farà? non è detto che ci sarà un poi, se la destra nazionalista va al potere ovunque in Europa: insomma so che è una conclusione arrischiata e certo troppo precipitosa: ma o si fanno e attuano miriadi di progetti di questo tipo rinsaldando legami politici da una sponda all'altra o viene una nuova invasione barbarica di europei che cacciano gli immigrati. Non mi rassegno.

 

Lidia Menapace


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