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Maria Paola Forlani. Dentro Caravaggio
03 Ottobre 2017
 

Si è aperta a Milano a Palazzo Reale la mostra Dentro Caravaggio” a cura di Rossella Vodret, fino al 29 gennaio 2018.

Il 29 settembre 1571 nasce a Milano Michelangelo Merisi detto Caravaggio, autore che produsse le sue opere in meno di quindici anni – morirà nel 1610 dopo una vita burrascosa finita tragicamente – artista di un profondo rinnovamento della tecnica pittorica caratterizzata dal naturalismo dei suoi soggetti, dall’ambientazione realistica e dall’uso personalissimo della luce e dell’ombra.

Caravaggio sarà preso a modello da molti artisti del Seicento in Italia e in tutta Europa, al punto da far nascere il termine caravaggismo per definire la sua influenza che si protrarrà, con alterne vicende, sino all’Ottocento, anche se, alla grande fama in vita, era seguito un oblio di due secoli. L’opera di Caravaggio è stata riscoperta e consacrate nel Novecento grazie agli studi di Roberto Longhi che nel 1951 gli dedicò una mostra epocale nel Palazzo Reale di Milano.

E Milano torna a omaggiare il grande Caravaggio con diciotto capolavori del Maestro riuniti per la prima volta tutti insieme. Un’esposizione unica non solo perché presenta al pubblico opere provenienti dai maggiori musei italiani e da altrettanto importanti musei esteri ma perché, per la prima volta le tele di Caravaggio sono affiancate dalle rispettive immagini radiografiche che consentono al pubblico di seguire e scoprire, attraverso un uso innovativo degli apparati multimediali, il percorso dell’artista dal suo pensiero iniziale fino alla realizzazione finale dell’opera.

La mostra è promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e MondoMostre Skira, in collaborazione con il MIBACT Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

La curatrice Rossella Vodret, coadiuvata da un prestigioso comitato scientifico presieduto da Keith Christiansen, vuole raccontare da una prospettiva nuova gli anni della straordinaria produzione artistica del Merisi, attraverso due fondamentali chiavi di lettura: le indagini diagnostiche e le nuove ricerche documentarie che hanno portato a una revisione della cronologia delle opere giovanili, grazie appunto sia alle nuove date emerse dai documenti, sia ai risultati delle analisi scientifiche, da diversi anni frontiera della ricerca per la storia dell’arte come per il restauro.

Sono così in mostra anche alcuni selezionati documenti, provenienti dall’Archivio di Stato di Roma e di Siena relativi alla vicenda umana e artistica di Caravaggio, che hanno cambiato profondamente la cronologia dei primi anni romani e creato misteriosi vuoti nella sua attività. Mancano, infatti, notizie tra la fine del suo apprendistato presso Simone Peterzano nel 1588 e il 1592 quando compare a Milano in un atto notarile. Così come l’arrivo a Roma è documentato solo all’inizio del 1596 e dunque rimane misteriosa la sua vicenda in questi otto anni, non pochi per un pittore che ha lavorato in tutto meno di quindici anni.

Tra i prestiti più prestigiosi dall’estero: Sacra Famiglia con San Giuseppe (1604-1605) dal Metropolitan Museum of Art, New York; Salomè con la testa del Battista (1607 o 1610) dalla National Gallery, Londra; San Francesco in estasi (c. 1597) da Wadsworth Atheneum of Art di Hartford; Marta e Maddalena (1598) dal Detroit Institute of Arts; San Girolamo (1605-1606) dal Museo Montserrat, Barcellona.

La tecnica di Caravaggio è stata oggetto di uno studio approfondito del MIABACT che, a partire dal 2009, in collaborazione, con la Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano e con l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, ha analizzato attraverso una importante campagna di indagini diagnostiche le ventidue opere autografe presenti a Roma. «Sono emerse così» afferma la curatrice Rossella Vodret «alcune costanti nelle modalità esecutive di Caravaggio, ma sono venuti anche alla luce elementi esecutivi inaspettati e finora del tutto sconosciuti: dagli strati di pittura sono affiorate una serie di immagini nascoste. Inoltre è stato sfatato il mito che Caravaggio non abbia mai disegnato, dacché sono apparsi tratti di disegno sulla preparazione chiara utilizzata nelle opere giovanili».

Il cambiamento cruciale nella sua tecnica avviene nel 1600 quando Caravaggio viene chiamato a dipingere la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi: primo incarico pubblico e su tele di grandi dimensioni. Gli viene dato solo un anno di tempo per completare l’opera e un compenso all’epoca straordinario: 400 scudi. Abituato a dipingere “tre teste” al giorno per appena un grosso l’una, come ci dicono le fonti documentarie, si può comprendere come questa commessa rappresenti una svolta fondamentale per la carriera e la vita dell’artista.

Nelle tele Contarelli la preparazione è scura, sempre in doppio strato, composta da terre di diverso tipo, pigmenti e olio. In sostanza, Caravaggio parte dalla preparazione scura e aggiunge soltanto i chiari e i mezzi toni, dipingendo solo le parti in luce. Di fatto non dipinge le figure nella loro interezza, ma solo una parte. In tutto il resto del quadro non c’è nulla: il fondo scuro e le parti in ombra sono resi con la preparazione, non c’è pittura. Nella Vocazione di san Matteo la luce costituisce un espediente simbolico e stilistico utile a evidenziare l’apparente discromia degli abiti moderni di Matteo e dei suoi compagni e pochi attributi “divini” dell’apostolo scalzo e avvolto in un largo mantello di ispirazione antica, e di Cristo, la cui testa è sovrastata dal luccichio di un sottile filo d’oro.

Attraverso le riflettografie e le radiografie, che penetrano in diversa misura sotto la superficie pittorica, si è potuto seguire il procedimento creativo di Caravaggio, i suoi pentimenti, rifacimenti, aggiustamenti nell’elaborazione della composizione. A tale proposito opera emblematica è il San Giovannino di Palazzo Corsini, dove le analisi ci permettono di leggere l’aggiunta di un agnello, simbolo iconografico poi eliminato.

Nel susseguirsi delle opere e della rivisitazione delle loro date di esecuzione appare il tragico Scudo della Medusa degli Uffizi, sicuramente del 1598 e da sempre considerato il punto di svolta della poetica caravaggesca.

Lo sguardo mostruoso della Medusa che mutava gli uomini in pietra: quale migliore ausilio per affrontare il nemico, se la raffigurazione di una testa di Medusa su uno scudo da combattimento? Ciò che rendeva tanto prezioso questo pezzo da essere donato nel 1598 dal cardinal Del Monte al granduca Ferdinando I de’Medici, per il quale svolgeva il compito di ambasciatore a Roma, poteva essere il realismo della testa mozza urlante riconducibile alle maschere classiche, oltre il fatto che l’autore dell’opera stava rapidamente conquistando sempre maggiore attenzione nella città papale.

Grazie a un perfetto espediente illusionistico basato sull’accorto uso della luce, dell’ombra e dei controluce, Caravaggio trasforma la convessità dello scudo in apparente concavità utile ad accogliere la testa. La vivacità e il phatos dell’espressione sono enfatizzati dal movimento disordinato e ondulatorio delle serpi che circonda l’espressione estrema dello sguardo fissato su di un unico punto.

 

Maria Paola Forlani


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