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Il delitto di Bayamo. “Il mio cliente è vittima di un grave errore giudiziario” 
Intervista a Mattia Alfano, legale di Simone Pini
06 Dicembre 2011
 

Torniamo sul caso dei tre italiani, condannati a Cuba per l’omicidio di una minorenne al termine di una presunta orgia a base di alcol, droga e sesso. La sentenza ha condannato Simone Pini e Angelo Malavasi a cinquant’anni di reclusione, pena ridotta a venticinque per la loro collaborazione, mentre Luigi Sartorio si è visto infliggere vent’anni di reclusione, nonostante sia stato assolto dall’accusa di omicidio, perché sulla base delle prove prodotte è stato ritenuto non presente a Cuba il 14 maggio. Sartorio è stato condannato come organizzatore di altri festini nei mesi di febbraio e marzo. I testimoni che inchiodano Pini e Malavasi sono gli stessi che testimoniavano con certezza contro il Sartorio, che proprio il giorno dell’omicidio era interrogato in Italia dalla guardia di finanza e dunque non poteva non essere assolto. Malavasi è accusato anche di aver preso parte a un festino che si è svolto il 20 febbraio, perché non si leggerebbero bene le date sul suo passaporto, nonostante abbia prodotto le prove documentali della sua permanenza, in quei giorni, in un albergo di Panama.

 

Simone Pini (foto), secondo il legale Mattia Alfano, sarebbe vittima di un grave errore giudiziario.

Quali sono le prove della sua innocenza?

Simone Pini si è sempre difeso affermando che si trovava in Italia il giorno dell’omicidio. Tutte le prove da lui prodotte, ivi comprese il passaporto privo di timbri in date comprese tra marzo e maggio, vengono ignorate, perché superate dalle dichiarazioni che avrebbe firmato di ingresso illegale a Cuba. Il problema è che non solo non vi sono timbri sul passaporto di Cuba, ma neppure di altre nazioni vicine nei mesi di marzo aprile e maggio. È impossibile che dall’Italia si possa arrivare illegalmente senza passare da nessun altro paese. Inoltre, Simone ha sempre sconfessato quelle dichiarazioni, denunciando le pressioni subite per firmarle.

Ci sarebbero incongruenze anche sul presunto volo di rientro…

Sì, le Autorità cubane attestano il rientro di Simone in Italia con un volo Blu Panorama in partenza da Cuba il 17 maggio. Abbiamo acquisito la lista passeggeri di quel volo e il nome di Simone Pini non risulta tra le persone imbarcate.

Simone ha sempre sostenuto di non trovarsi a Cuba il giorno del delitto e pare che possa provarlo. Come?

Abbiamo la prova documentale della presenza di Simone a Firenze fino al 28 aprile in ospedale. Possiedo molti testimoni (tradotti e autenticati) che attestano come il mio cliente non si sia mosso dalla sua città fino al 25 maggio. Inoltre, le pare logico che una persona commetta un omicidio, riesca a scappare illegalmente da Cuba e vi faccia ritorno la settimana successiva come se niente fosse?

I giudici cubani ritengono che le prove scientifiche e medico-legali provino la colpevolezza degli italiani. Lei cosa ne pensa?

Non vi sono prove scientifiche. La perizia eseguita dal medico forense ha appurato che i capelli trovati sopra il cadavere nel riscontro del Dna appartengono al Gamboa (uno dei cubani coinvolti, nda) e non agli italiani indiziati. Unica prova “scientifica” sono tre peli (uno “compatibile” a ciascuno degli indagati!), trovati a distanza di un mese nel condotto dell’aria condizionata della casa del presunto “festino”. Questi peli non sono mai stati sottoposti alla prova del DNA, ma sono stati attribuiti agli italiani sulla base di similitudini per colore e per caratteristiche.

Ci può dire qualcosa a proposito dei presunti festini a base di droga, alcol e sesso? Erano veramente organizzati dai tre italiani?

I festini contestati sono tre, ma premetto che gli italiani si sono sempre detti estranei, anzi stanno raccogliendo prove che dimostrano la loro assenza da Bayamo in quei mesi. Festino del 20 febbraio: si sarebbe svolto a casa di un bayamese di nome Yoel Sanchez (detto Yoccher). In realtà pare che sino al 24 febbraio 2010 Yoccher fosse detenuto in carcere ed è impossibile che un gruppo di persone abbia organizzato un’orgia a casa sua. Inoltre la stanza è un buco di 4 mq con due piccoli letti e un tavolino: sembra impossibile che 14 persone siano riuscite a compiere un orgia in 4 mq. Festino del 27 febbraio 2010: una certa Rita Marsan Sara, detta Lolita (padrona di casa), è indicata come colei che riceveva i partecipanti alla festa. In realtà, si trovava in cura all’ospedale di Santiago de Cuba per una grave forma di cancro al fegato. Il fatto è dimostrato dalla documentazione medica del periodo, dalle testimonianze dei medici, oltre che dall’attuale stato di salute della signora. Lolita è stata assolta perché non era presente al momento del fatto. Invece sono stati considerati presenti gli altri, anche se la signora Marsan era un elemento cardine dell’accusa come padrona di casa ed era l’unica persona ad avere la disponibilità dell’appartamento. Festino del 6 marzo: il tale Memo, padrone di casa che avrebbe compartecipato alle feste, viene descritto dalle minorenni come trigueño, ovvero quasi mulatto. Le ragazzine, inoltre, specificano che Memo era pelato e basso e che la sua casa era al secondo piano. È emerso durante il processo che Memo è alto 1,85mt, bianco di carnagione e non è per niente pelato. Una delle minorenni dice di essere entrata in casa del Memo (all’anagrafe, Ramon Alvarez) passando da una scala interna, alla quale si accede dall’appartamento al piano terra. Impossibile, perché lui ha divorziato dalla moglie alcuni anni fa, la casa è stata ristrutturata, divisa in due unità indipendenti e la vecchia scala interna è chiusa fra tre pareti. Emerse queste circostanze la minore è stata riconvocata e ha cambiato versione.

I ritrovamenti organici sul corpo della minore morta escluderebbero la colpevolezza degli italiani?

La polizia afferma di aver trovato nei pantaloncini della minore morta, quattro peli del Pincho (altro cubano coinvolto nel delitto, il principale responsabile, nda). Non è stato effettuato alcun esame del DNA. Inoltre è impossibile che quattro peli siano “sopravvissuti” così a lungo negli indumenti di una ragazza sepolta in un terreno caldo e umido. Il corpo stesso della ragazzina, quando è stato trovato, era in avanzato stato di decomposizione ed erano visibili lunghe parti delle ossa. Il filmato che circola su Internet conferma questa argomentazione.

Le deposizioni delle minorenni scagionerebbero i nostri connazionali?

Reidis, una delle minorenni, inizialmente non parla di italiani, poi, quando un giudice istruttore chiede se le persone che non conosce potevano essere italiani, lei dice di sì, anche se prima riteneva che fossero spagnoli. Le altre minori affermano anche che parlavano bene inglese, fatto raro per uno spagnolo che a Cuba non ha motivo di parlare una lingua diversa dalla nazionale.

I filmati che stanno circolando in rete possono modificare la posizione processuale degli italiani?

Ho analizzato con attenzione i filmati, specialmente il secondo. Nessuno degli imputati parla mai di italiani presenti, circostanza quanto mai strana visto che nel secondo addirittura si ricostruisce il trasporto della ragazzina nel campo. Strano, perché nella ricostruzione finale del giudice istruttore la macchina con il corpo della povera bimba sarebbe stata guidata proprio da Simone Pini.

 

Il problema a questo punto sta tutto nel riuscire a convincere i giudici del processo di appello che i tre italiani non possono aver preso parte a un omicidio perché non si trovavano a Cuba il giorno in cui è stato commesso. Il legale di Simone Pini spera che l’ambasciata italiana possa reperire i mezzi economici per farlo partecipare come avvocato difensore al processo di appello. La battaglia non si presenta facile ma le carte da giocare nelle mani dell’avvocato Mattia Alfano sono molte.

 

Gordiano Lupi


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