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A Barcellona i cubani della diaspora manifestano per i diritti umani 
«Noi cubani siamo come bambini che non cresceranno mai», afferma Yoani Sánchez in occasione della settimana per i d.u. a Cuba: «siamo gli ultimi a renderci conto di ciò che succede nel nostro paese»
Hernán H.,
Hernán H., 'Cose che fanno pensare' 
05 Dicembre 2009
 

La repressione politica a Cuba è in continuo aumento. In galera si contano oltre duecento prigionieri politici, mentre risulta sistematica la violazione dei diritti umani. Sono tornati di moda i meeting di ripudio, tristemente famosi alla fine degli anni Ottanta e ai tempi delle fughe di massa dal porto di Mariel. Reinaldo Escobar - marito di Yoani Sánchez, giornalista indipendente e autore del blog Desde Aquí - è stata l’ultima vittima di queste gigantesche farse organizzate dal regime. I meeting di ripudio vengono strutturati in modo tale di far credere a uno sprovveduto osservatore esterno che la popolazione si sta ribellando contro un dissidente. In realtà molto spesso chi grida stupidi slogan sotto la guida di agenti della Sicurezza di Stato non comprende neppure perché lo sta facendo. Si tratta di cittadini inconsapevoli, portati in un determinato luogo a bordo di torpedoni, prelevati da scuola e dai posti di lavoro, spinti a recitare un copione deciso dall’alto. In questo periodo storico i blogger indipendenti e i dissidenti sono i principali obiettivi dei meeting di ripudio.

Oggi è stata convocata a Barcellona una manifestazione di cubani della diaspora per protestare contro le aperture del governo Zapatero nei confronti del regime cubano. I cubani che vivono in Spagna si sentono offesi da un governo che non dialoga con i dissidenti e con la società civile, ma stringe rapporti commerciali con un potere dispotico. I cubani che vivono all’estero e sfruttano i benefici delle società democratiche sono solidali con chi risiede sull’isola e non può difendere i propri diritti umani. La manifestazione è organizzata da un gruppo di esiliati, per richiedere un cambiamento politico sull’isola, sotto il motto: Cuba: subito il cambiamento; non più repressione.

La manifestazione ha avuto luogo di fronte al Consolato cubano di Barcellona (Paseo de Gracia, 34), questo sabato 5 dicembre alle ore 12. L’iniziativa fa parte della “Maratona per i Diritti Umani a Cuba” che si terrà in oltre dieci città e comprende una lettera aperta al presidente spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, con la richiesta di appoggiare le voci dissidenti al governo di Raúl Castro e la realizzazione dei diritti umani e dei principi democratici fondamentali.


Yoani Sánchez - il simbolo del movimento blogger cubano - ci ha rilasciato una breve dichiarazione sulla settimana dedicata al rispetto dei diritti umani a Cuba.

«In questo periodo mi sento molto filosofa, perché credo di aver trovato un abracadabra potente: Cuba ha soltanto bisogno di amore. Noi blogger indipendenti sviluppiamo il nostro progetto con passione e amore, adesso abbiamo scoperto la magia di Twitter che fa arrivare in ogni luogo la nostra voce repressa. Purtroppo l’impresa telefonica statale ETECSA non dispone di un accordo con Twitter per far arrivare i nostri messaggi sul telefono mobile, quindi posso soltanto scrivere e lanciare parole nello spazio, sperando che siano in molti a raccoglierle, ma non posso leggere i messaggi e rispondere a chi scrive. Noi blogger non insultiamo nessuno, non diffamiamo, raccontiamo la nostra vita, la realtà quotidiana. Mi fanno pensare coloro che hanno sempre l’insulto e l’aggressione verbale a portata di mano. Sono convinta che le parole dolci restano il modo migliore per neutralizzare certe azioni violente. Purtroppo noi cubani siamo come bambini che non cresceranno mai: siamo gli ultimi a renderci conto di ciò che succede nel nostro paese. Il regime tiene segreto lo stato di bancarotta della nostra economia, ma chiunque è in grado di comprendere il naufragio, persino la mia cagnolina Chispita. Per fortuna che la realtà cubana si muove on line, l’unico luogo dove è possibile imbastire una discussione pluralista e priva di censure. La cultura ufficiale è un romanzo di fantascienza e i nostri mezzi di informazione ricordano certe storie di George Orwell. Sogno il giorno in cui potremo incontrarci tutti in un luogo pubblico e dibattere senza insulti, senza attacchi personali e senza aggressioni verbali. Per il momento so bene che se un giornalista ufficiale mi aggredisce non è una questione tra me e lui, ma lo fa perché è costretto dai suoi superiori. Non posso portare rancore a chi esegue degli ordini, perché è una persona che vive un orribile quotidiano: non c’è cosa più triste di un giornalista che racconta ciò che dall’alto gli viene raccomandato di scrivere. I blog ufficiali e i mezzi di comunicazione del governo hanno cominciato a occuparsi di noi per insultare. Verrà il giorno in cui potremo parlare con loro. Non resta che attendere».

Nel frattempo partecipiamo alla settimana per i diritti umani a Cuba e sosteniamo la lotta dei blogger indipendenti.


Gordiano Lupi


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