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Patrizia Garofalo. Sulle facoltà “amene” di Mariastella Gelmini
15 Gennaio 2011
 

Più a proprio agio da Vespa che nello studio di “Ballarò”, e comunque lontana dagli studenti, dal contatto con loro, dall’avvicinamento alle loro istanze, in un salotto protetto che le garantiva l’impunità di parola, la ministra Gelmini ha dichiarato inutili le facoltà di Scienze della Comunicazione.

Saranno le realtà scientifiche quindi a prevedersi come uniche in grado di tragittare il sapere, i percorsi, la cultura dei nostri giovani e, va da sé, a meritare impegni ed investimenti.

Nessuna apertura al dubbio nel parlare, forte della riforma passata, si atteggiava a risolini di scherno e confermava quanto già dichiarato al nascere della riforma. Le facoltà amene (questo il termine usato) dovranno essere espunte dalla lista del sapere universitario e con esse, è consequenziale pensare, allontanata “la trasmissione critica” del sapere.

Il governo del fare, difeso dalla ministra con un accanimento troppo evidente per essere convincente, dovrà plasmare, omologare, conformare, de-personalizzare, restringere l’ottica culturale senza alcuna interrelazione con il “sapere critico”.

Riporto testualmente e lo ringrazio, quanto scritto dal ricercatore Gennaro Carotenuto che insegna Storia del giornalismo e dei nuovi media (è autore di Giornalismo partecipativo. Storia critica dell’informazione al tempo di Internet). «Quello che il Ministro trova urticante, e vorrebbe quindi eliminare insieme alle odiate facoltà di Scienza della Comunicazione, è il fatto che migliaia di giovani acquisiscano nell’Università pubblica strumenti per decodificare e quindi difendersi dal monopolio informativo nel quale viviamo, dove la concentrazione editoriale e l’orientamento al profitto dei media è inconciliabile con l’interesse sociale al pluralismo garantito dalla Costituzione repubblicana». E ancora: «Nelle facoltà di Scienze della Comunicazione… gli studenti apprendono a pensare la comunicazione come plurale e partecipativa… studiano per innovare forme, tecniche e contenuti innovandoli rispetto al format da pensiero unico sul quale si regge il modello. Lavorano per fare comunicazione e informazione con la propria testa e non per compiacere a qualcuno».

Non sono “amene” Ministro Gelmini, sono pericolose e quindi temute vero?

 

Patrizia Garofalo


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