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Yoani Sánchez: Cuba sta cambiando, ma non per volontà di Raúl Castro 
«Ai Cubani dico: Osate, ne vale la pena!» Intervista rilasciata dalla blogger a “Martì Noticias”
19 Marzo 2013
 
“Non credo che Cuba abbia rinunciato a fomentare aggressione e violenza contro i governi a lei non affini. Dubito che abbiano messo da parte la pistola”.
 
 
   I blogger Yoani Sánchez e Orlando Luis Pardo Lazo hanno partecipato a New York a una serie di incontri sul giornalismo civico e sulla cultura digitale a Cuba. Durante un seminario sulle reti sociali e sulla tecnologia della comunicazione, organizzato dalla Universidad NCY e The New School University, il giornalista di TV Martí, Ricardo Quintana, ha realizzato la seguente intervista alla fondatrice del blog Generación Y.
 
   – Dici di temere il rientro. Quali sono le tue paure?
   La fucilazione mediatica, la pressione sulla mia famiglia, l'aumento dei controlli. Penso che saranno momenti difficili per me, per parte della blogosfera indipendente e del settore alternativo cubano.

   – In quale modo le reti sociali a Cuba possono proteggere gli attivisti che, per esempio, vengono minacciati dal governo?
   Un attivista arrestato, detenuto, controllato, picchiato o minacciato può essere protetto dalle reti virtuali e sociali grazie alle denunce formulate dagli esiliati cubani.
 
   – Come può contribuire l'esilio allo sviluppo di questa comunicazione nelle reti?
   Raccomando a tutti coloro che vanno a Cuba di portare qualcosa di tecnologico, che aiuti anche un solo cubano a rendersi indipendente dal monopolio statale sull'informazione.
 
   – Qual è il sistema migliore per diffondere informazioni sull'Isola?
   Un modo di informare molto semplice si spiega in poche parole. Leggi una notizia e ti rendi conto che un parente, amico o conoscente cubano non è in grado di conoscere il tema. Invia subito la notizia per SMS, chiamalo e riferisci quel che sai, invia informazioni per e-mail. L'informazione è potere.
 
   – Hai detto che vuoi fondare un tuo organo di stampa. Come pensi di realizzare questo sogno?
   Uno degli obiettivi di questo tour è quello di poter andare nei luoghi dove mi hanno assegnato premi, di carattere giornalistico, per la difesa dei diritti umani... sono premi in denaro, non molto consistenti, ma servono per cominciare.
Inoltre farò un periodico digitale, quindi i costi sono modesti.
 
   – Hai aspirazioni politiche?
   Voglio solo lavorare nel campo della notizia, dell'informazione, della costruzione di un'opinione, della revisione della storia nazionale. Tutto questo voglio farlo assumendomi le mie responsabilità, ma non credo di poter rivestire incarichi pubblici.
 
   – Cuba sta cambiando?
   Cuba sta cambiando. Non per volontà di Raúl Castro ma per merito dei cubani che stanno modificando il loro modo di pensare. Bisogna adattare le politiche e le relazioni diplomatiche al fatto che i cubani stanno esercitando sempre di più la critica, si esprimono contro il governo e si stanno trasformando in cittadini.
 
   – Vuoi visitare la sede delle Nazioni Unite, a New York, il prossimo 23 marzo. Quale messaggio porterà Yoani Sánchez a questo organismo internazionale?
   Un messaggio antagonista. Cuba non è cambiata. Oggi si vive la falsa illusione che le riforme rauliste stiano cambiando Cuba, che siamo vicini a un sistema democratico, che si può allontanare l'attenzione da Cuba e indirizzarsi verso paesi che si trovano in situazioni peggiori. Non la ritengo una buona idea. Finirebbero per lasciarci soli e indifesi in un momento crociale, proprio quando il governo ha aperto piccoli spiragli di autonomia economica ma continua a mantenere il pugno di ferro.
 
   – Cuba si è guadagnata il diritto a essere esclusa dall'elenco dei paesi che patrocinano il terrorismo internazionale?
   Non credo che Cuba abbia rinunciato a fomentare aggressione e violenza contro i governi a lei non affini. Dubito che abbiano messo da parte la pistola.
 
   – Cosa mi dici della tua prossima visita a Miami, il primo aprile?
   Ho una gran voglia di arrivare a Miami. Non solo perché lì vive parte della mia famiglia, persone che non vedo da quasi due anni, ma anche perché fino a oggi mi sono meravigliata nel vedere come i cubani che ho incontrato in Brasile, Messico,
   Repubblica Ceca, Spagna, conservino Cuba in quei luoghi. Mi immagino Miami come un vero e proprio concentrato di un'Isola dalla quale in questo momento sono assente.
   Probabilmente a Miami ritroverò Cuba.
 
   – Cosa vuoi dire ai cubani dell'Isola dagli Stati Uniti?
   Osate, ne vale la pena. Vale la pena sopportare il costo, il rischio, la vigilanza, la pressione, la stigmatizzazione sociale, perchè è troppo gratificante esprimere il proprio pensiero. La libertà non ha prezzo.
 
Ricardo Quintana, Martì Noticias
Intervista tradotta da Gordiano Lupi

 
 
 
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