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Pablo Pacheco Ávila. Le voci dissidenti a Cuba
(foto Orlando Luís Pardo Lazo)
(foto Orlando Luís Pardo Lazo) 
02 Giugno 2010
 

Le voci dissidenti al governo cubano acquisiscono un potere popolare. Quelle che ieri e per molti anni in passato sono state solo voci isolate, oggi sono un brusio generale; anche coloro che provano una paura che è ormai a fior di pelle criticano il potere sussurrandolo. Ci fa riflettere profondamente l’ascoltare un intellettuale, un artista, perfino operai, medici, contadini, sportivi, maestri, oltre che la sempre ribelle frangia giovanile, criticare la grave situazione che sta attraversando il paese, riconoscendo come principale causa l’embargo degli Stati Uniti verso l’isola, fino al punto estremo di mettere in pericolo gli ipotizzati successi del governo.

Non è un segreto che i successi, nonostante gli alti e bassi, servirono per mantenere la popolazione fedele e positiva nei confronti del regime. Siamo arrivati a un punto di non ritorno. Analizzare i nostri problemi senza obiettività ci fa arrivare a un crocevia pericoloso e imprevedibile. Non c’è solo in gioco il potere dell’amministrazione comunista, che malamente si mantiene grazie al potere militare e alla paura che incute nella coscienza di gran parte della società.

L’aver poi proseguito senza nessuna coerenza ha portato la nazione a uno stato di ingovernabilità fatale per le aspirazioni dei cubani e, quel che è peggio, ha fatto perdere la volontà di credere che possiamo andare avanti e costruire una patria con tutti e per il bene di tutti, un sogno non compiuto dal più illustre di noi cubani, l’apostolo José Martí.

Sulla stampa ufficiale appaiono articoli che narrano la triste realtà di altri Paesi. Tuttavia, sembra che qui tutto sia tinto di rosa. Eccetto rare eccezioni, non vengono pubblicati scritti pratici e veraci riguardanti problematiche nazionali. Secondo la mia opinione, il giornale Granma, organo ufficiale del partito comunista cubano, racconta la realtà soltanto in una delle sezioni più libere all’interno del sistema di informazione ufficiale: le lettere alla direzione. Mostra i criteri di un settore che non è disposto a zittirsi e che invece vuole approfittare della pur minima breccia per esprimere il proprio pensiero. Devo segnalare che i criteri sono personali e non riflettono necessariamente le opinioni del governo dell’Avana.

Questo è l’ottavo anniversario in cui l’intolleranza governativa priva un gruppo di persone di poter godere della compagnia dei familiari di sesso femminile le quali hanno realizzato il loro sogno più grande: essere madri. Si percepisce la fine vicina di un incubo, che sin dal primo istante coprì con il suo velo di ingiustizia e di infamia questa terra, considerata anche nostra madre.

Non devo, non posso chiudere questo articolo senza… ascoltare il dolore della famiglia Singler Amaya per non poter contare quest’anno su Gloria, progenitrice di una famiglia fedele ai principi democratici. Anche Reina Tamayo ha un posto nel mio cuore. Orlando Zapata Tamayo, suo figlio, fisicamente non è più tra noi, ma vive, si moltiplica in ogni cubano degno, disposto a sacrificarsi per la propria patria.

Per ultimo, onore e rispetto alle Damas de Blanco, soprattutto alle madri. È possibile che il primo passo per cambiare il destino di Cuba sia la liberazione dei prigionieri politici e degli intellettuali. Nessuno deve aver paura del futuro quando il presente risulta incerto. Che si voglia o no, Cuba è di tutti i cubani. Il silenzio sarebbe una complicità. In fin dei conti la riconciliazione è inevitabile.

La pace, la prosperità e il bene comune rispondono a due parole, potenti come il potere di Dio. Se oggi stesso ci appelliamo tutti all’amore e al dialogo la strada sarebbe meno aspra e difficile per la volontà del popolo. Domani, domani può non esserci la possibilità di salvarci e salvare gli altri.

 

Pablo Pacheco Ávila, prigioniero di coscienza

(da Voce tra le sbarre, 18/05/2001 col titolo: “Cuba es de todos los Cubanos”)

Traduzione di Barbara La Torre

barbara71282@gmail.com


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