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Gordiano Lupi. “Ilva Football Club” di Colucci e D’Alò
16 Gennaio 2017
 

Fulvio Colucci e Lorenzo D’Alò

Ilva Football Club

Kurumuny, pp. 80, € 8,50

 

Un libro come questo non poteva non destare il mio interesse, dopo aver scritto Calcio e acciaio - Dimenticare Piombino (Acar), nel 2014. Sì, perché i problemi di Taranto e Piombino sono abbastanza simili, due città di mare fagocitate dalla grande industria siderurgica, Italsider prima, Ilva poi, quindi ceduta nelle mani di privati di pochi scrupoli che hanno avvelenato l’aria e il mare di due luoghi invidiabili dal punto di vista paesaggistico.

Fulvio Colucci e Lorenzo D’Alò, due giornalisti tarantini, puntano l’indice accusatore sulla tragica fine di una squadra di calcio e di un intero quartiere divorato dalla fabbrica: il Tamburi. A Piombino sarebbe la zona Poggetto - Cotone, un tempo splendido golfo in riva al mare, con gli anni quartiere dormitorio invaso da spolverino e miasmi maleodoranti, dove vivono extra comunitari e famiglie a basso reddito. Certo, al Tamburi la situazione è più grave, muoiono le piante e gli uccelli, ma soprattutto cadono – come in una sporca guerra – gli ex calciatori della squadra dilettantistica che giocava sul campetto in terra battuta confinate con l’Ilva. Un gran bel libro Ilva Football Club, racconto – ché non ha il respiro del romanzo – di denuncia ma scritto in maniera molto letteraria con protagonista Ulisse (nome più che appropriato) alla ricerca del suo passato e di tutte le menzogne che narravano di un falso benessere. Ulisse cerca la sua vecchia maglia grigia, indossata durante un torneo, che tanto somigliava al colore del siderurgico, compiendo un viaggio nel tempo e nei ricordi di una generazione uccisa dal cancro. L’Ilva Football Club è una squadra dolorosamente immaginaria, ricostruita mettendo insieme le figurine di coloro che lasciarono sogni e speranze giovanili sul terreno del vecchio Tamburi. Gli autori raccontano con pennellate di tragica poesia la storia della fabbrica più inquinata d’Europa e di un cimitero dove le polveri minerali colorano di rosso le lapidi.

Chiudo con una breve citazione: “Sono tracce brevi, percorsi frammentari quelli di chi militò idealmente nell’Ilva Football Club e realmente finì a morire in fabbrica. Scie luminose spentesi in un vento grigio. Furono lucciole quegli atleti, le lucciole operaie. Illuminarono il campo dei veleni con i loro cross, così simili alle adorabili traiettorie delle lucciole, con le loro invenzioni di gioco”. Da leggere per meditare sul male che abbiamo fatto, da Casale Monferrato a Taranto, passando per Piombino. E per promettere ai nostri figli che non ripeteremo gli errori del passato.

 

Gordiano Lupi


 
 
 
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