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Arvangia. Orizzonti di movimento e di attesa nel libro sulle passioni basse piemontesi
05 Gennaio 2009
 

Donato Bosca

Le passioni basse non portano in Paradiso

Araba Fenice, 2008, pagg. 192, € 18,00

 

Sarà il maestro di scuola e maestro di musica Michele Virano, già componente del famoso Sestetto Show di Asti, a dare il via mercoledì 7 gennaio al “Libro che cammina tour 2009”, l’esperienza di letture itineranti che ogni anno l’Associazione Arvangia promuove in collaborazione con scuole, biblioteche, sedi Unitre. Nell’occasione, l’ottuagenario e arzillo musicante darà testimonianza di quanto ebbe a verificarsi il 5 giugno 1943 a Valmanera, quando nel bel mezzo del ballo fece irruzione la milizia, prendendo i nomi di 80 ballerini che non erano riusciti ad allontanarsi, costretti il giorno dopo ad andare in questura a denunciarsi. Il fisarmonicista era lo stesso maestro Virano che nella confusione perse lo strumento, ritrovato dopo 15 giorni di affannose ricerche: fu costretto suo malgrado a consegnarsi e a subire l’inevitabile condanna prevista per i festeggiamenti non autorizzati.

 

Il libro che l’Associazione porta in tour nei primi sei mesi del 2009 è stato edito dalla Casa Editrice Araba Fenice di Boves con il titolo Le passioni basse non portano in Paradiso. Inizia le sue peregrinazioni da Asti, sede Utea, mercoledì 7 gennaio 2009 e prosegue, poi, a Monticello martedì 27 gennaio, a Baldissero martedì 3 febbraio, a Carrù martedì 10 febbraio, a Villafranca d’Asti, giovedì 26 febbraio, a San Damiano d’Asti martedì 3 marzo, a Vezza d’Alba martedì 24 marzo, a Bra venerdì 10 aprile, a Neive in data da destinarsi. Un cammino che si snoda a serpentina attraverso una serie di incontri amarcord sul filo dei ricordi per parlare di balli, ballerini, musicanti, peccati e uomini di chiesa.

L’imprimatur più importante per il libro errante che da voce agli spiriti delle colline è arrivato a sorpresa dal regista Pupi Avati con una lettera recensione particolarmente elogiativa inviata al curatore del volume Donato Bosca: «Ho letto il suo libro sui balli e le passioni dei nostri progenitori, saggio curioso ed inusuale che si lascia leggere ed apprezzare, pagina dopo pagina, con la sensazione di disvelare un mondo contadino combattuto tra scuole di pensiero antitetiche. È curioso nell’oggi, leggere comportamenti di parroci che vedevano il ballo come strumento di dannazione destinato a sottrarre tante anime al Paradiso… Le sue sono pagine che offrono una particolare rivisitazione dei periodi storici, delle insieme vicende di un’intera regione, un iter talvolta buffo e farsesco, con una prosa che si lascia apprezzare per la scorrevolezza, la rapidità, la semplicità e una vasta aneddotica. Mi rallegro, salutandola con amicizia».

A dare energia al libro che mi muove in terra piemontese a passo di danza saranno le coautrici Marinella Castagnotti e Giovanna Zanirato, accompagnate dal fisarmonicista Franco Boglietti di La Morra e, di volta in volta, da alcuni testimoni di prima mano della passione bassa che convogliava verso i balli a palchetto eserciti di ballerini patentati e non, a cominciare dal re dei balli a palchetto in terra di Langa, Giovanni Bongiovanni di Treiso, per gli amanti del ballo solo e sempre “Giovanin dër Bric”. Il libro ha dentro le pagine lo spirito delle colline, quello che i contadini un tempo chiamavano “fisica”, una sorta di energia che era difficile tenere a freno e di cui gli uomini di chiesa avevano esagerato timore. Per tutta l’estate del 2008 il libro si è mosso a passo di danza, argomento di discussione sul Tram “Fahrenheit” della Fiera del libro in giro per le strade di Torino, poi nel vortice della danza a San Donato di Mango, ad Alba (libreria “Milton”), a Lequio Berria, a Roddino, a Diano. Quale sia la ragione dell’interesse che il libro sta suscitando in varie località piemontesi l’ha scritto da par suo Sergio Arneodo sulle pagine di Coumboscuro: «…Siamo lungo il profilo – tiepido, ma pittoresco – di colli e conche e dossi e casolari e macchia campestre, tra vigne e grani e frutteti, con scarsi richiami di paese e di mondi abitati: Langa di Pavese e di Fenoglio, s’intende, ma soprattutto terra di ondulazioni contro cielo, nettamente libera da pianura e informità… Ognuno di questi “tocchi” descrittivi richiama momenti di vita in Langa: colori quotidiani, esperienze, memorie, avventure, modellati giustamente su quel profilo ambientale ondeggiante che non è soltanto paesaggio, ma è orizzonte di vita vissuta…».

Per i lettori non piemontesi il libro non solo rinverdisce e risveglia la memoria distratta del nostro presente, ma sorprende e disorienta nel sottolineare l’eccesso di zelo dei sacerdoti vincolati alla sorveglianza religiosa e all’indirizzo cristiano, tirati in “ballo” continuamente nei discorsi di parte di chi ai momenti di svago al suono di fisarmoniche e clarini non voleva rinunciare, neppure se minacciato di castigo eterno. Esemplare il comportamento della “Selina” di Clavesana che volentieri ripeteva alle amiche l’ammonimento del parroco del paese: «Il ballo lo ha creato il diavolo, andare a ballare è come calpestare la Madonna, c’à l’è mai andaita a balé».

Sia come sia la condanna del libro sui balli piemontesi messi all’indice è quella di non riuscire a stare fermo, chiamato a muoversi in inverno e primavera come ambasciatore di una «Langa d’un tempo proverbiale che continua ad autorespirarsi come Langa di oggi». Lo dice Sergio Arneodo che nel libro sulle “passioni basse” ha visto modellarsi orizzonti di movimento e di attesa colorita.

 

l'Arvangia


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