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Maria Lanciotti. “La lupa e il furore” di Antonio Bennato 
Uno schiaffo di luce nel grigiore di un’editoria sfinita
05 Novembre 2019
 

Benché certa pazza canaglia vada ad accopparla con spade e bastoni e baci corrotti, Mamma Roma non resterà mai seduta per terra come una barbona con la testa abbassata e con le mani che non sanno più cosa fare”

 

 

Antonio Bennato

La lupa e il furore

Il mio libro, pp. 200, € 16,50

 

Antonio Bennato colpisce ancora. Stavolta con un lungo romanzo aspro e trascinante che forse spiega e giustifica l’intero suo processo scrittorio, teso a scandagliare gli aspetti più oscuri e luminosi del quotidiano in cui è dato vivere, ognuno a suo modo e nel suo tempo.

La lettura de La lupa e il furore presenta le sue incognite – se ne esce comunque scossi e con qualche certezza in meno – ma guai a non affrontarle, si perderebbe l’opportunità di rivisitare un pezzo di storia recente che si preferisce non ricordare ma che segna il tracciato della società che oggi siamo, narrata con il piglio di chi, scoperte le carte, punta tutto sulle sue innate qualità di poeta/scrittore di pietra e di piume.

Anni ottanta, nella Roma cosmopolita che tutti accoglie e nessuno abbraccia, prosciugata delle tante risorse dagli abusi perpetrati a suo danno da figli e figliastri degeneri. Un incrocio di periferia e un semaforo che scandisce vita e tempo con lo scatto delle sue luci colorate. Una varia umanità che consuma ogni giorno la sua dose di speranza e disperazione, chi attaccato a un sogno e chi vorticando nel vuoto o peggio nella vacuità delle illusioni indotte. Le stagioni si susseguono alle stagioni, e non solo astronomiche, con la variabilità ma anche la persistenza delle leggi primarie, e tutto scorre e trascorre e ritorna nel flusso inarrestabile dell’esistenza, così come dell’animo umano, e le storie s’intrecciano alle storie incanalandosi verso soluzioni portatrici di nuovi dilemmi. Sotto lo sguardo dei “tre cani” che ringhiando e mordendo e solo concedendo attimi di tregua allo scatto del verde, saranno muti testimoni delle passioni, umane e disumane, che lasceranno al crocevia i segni di aberrazione e riscatto avvinghiati in lotta perpetua.

La storia si fa dura nel trattare l’avvicendarsi degli ambulanti ai semafori, quando ai ‘fazzolettari’, strilloni e venditori di accendini subentreranno i vucumprà e sarà ancora una volta guerra fra poveri, utile per fare da cortina agli imbrogli sistematici di una società corrotta.

Cesco Civetta il protagonista di una vicenda apparentemente senza sbocco, contornato da uno stuolo di personaggi sempre d’attualità in un contesto impantanato, che però in finale dimostrerà che volendo – ma volendolo con tutte le proprie forze, anche quelle nascoste – non tutto è già scritto del destino di ognuno e molto si può mutare del già scritto con un atto di pacifica rivoluzione, che prima di tutto deve scattare all’interno di ogni uomo non disposto ad arrendersi a quello che sembrerebbe il volere della sorte.

Questo e tanto d’altro su cui ragionare e riflettere offre ‘La lupa e il furore’ di Antonio Bennato, edito con ILMIOLIBRO, il tutto narrato con una scrittura mirabilmente ‘scapestrata’, senza padroni e senza cavezza, ma rigorosamente imbrigliata nei dettami di una lingua che nello stesso narrare si va forgiando, impastandosi con più dialetti e neologismi a raffica tra i più bizzarri e impensabili, con la fiamma e il vigore che la passione alimenta e squisitamente traduce nella quintessenza del modello inimitabile.

Se il libro presenta una qualche pecca, ma vuole essere un punto di vista del tutto soggettivo, sta nel finale che l’Autore in Appendice ha voluto chiudere con un messaggio di speranza e di fede, in una parola di Misericordia, già implicito in ogni pagina del libro. Una ‘imperfezione’, se tale può dirsi, che rimarca il valore di un tessuto narrativo di straordinaria fattura.

 

Maria Lanciotti



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