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Diego Bruni: Il mondo di Tiziano Salari. Tesi Facoltà di Lettere e Filosofia Torino (1)
31 Marzo 2007
 

Ci sono autori della letteratura italiana contemporanea come Tiziano Salari che ricevono attenzioni e studi nelle tesi di giovani laueandi, e ciò dimostra che alcune università italiane, con i loro docenti, sono pronte a discutere e divulgare anche l'opera di autori contemporanei. TELLUSfolio è disponibile come in questo caso ad ospitare le tesi prodotte o parti di esse. Perché non vadano sepolte in qualche archivio; perché servano come manualistica divulgativa e d’approfondimento sull’autore, in questo caso Tiziano Salari che collabora anche a TELLUS e TELLUSfolio; perché per la prima volta, in una tesi, entrano nella bibliografia testi riportati non su carta ma on line e testi facilmente consultabili su TELLUSfolio; perché il web e il nostro progetto diventi custode di voci originali della letteratura in lingua italiana.

Claudio Di Scalzo

 

 

 

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA

 

TESI DI LAUREA

 

Filosofia, poesia e letteratura:
il mondo di Tiziano Salari

 

IL CANDIDATO: Diego BRUNI

IL RELATORE: Prof. Marco CERRUTI

 

ANNO ACCADEMICO 2005/2006


INDICE

 

Note biografiche

Introduzione

Ambito poetico

Ambito filosofico

Critica letteraria

Intervista

Bibliografia

 

 

Note biografiche

 

Tiziano Salari è nato a Verbania, nella quale attualmente risiede, nel 1938.

Saggista, critico letterario, poeta e filosofo, ha realizzato numerose opere: dai saggi di argomento filosofico ( particolarmente consistente il lavoro riguardante Spinoza) alle raccolte di poesia e prosa sperimentale (Grosseteste e altro, Alle sorgenti della Manque, Il Pellegrino Babelico, Stazione, Quotidianità della fine, Strategie mobili) alle opere di critica letteraria e poetica come i saggi Il grande nulla (nel quale tratta numerosi autori di fine ‘800 e inizio ‘900) e Sotto il vulcano (riguardante soprattutto Leopardi), e come lavori quali Le asine di Saul, Il grido del vetraio, Le tentazioni di Marsia, saggi ed articoli, questi, nei quali l’autore formula proprie riflessioni sull’evolversi del ruolo di poesia e critica poetica nella società moderna.

Ha scritto inoltre articoli di critica letteraria per alcune riviste come Tellusfolio (per cui ha realizzato “viaggi” letterari in alcune importanti città) e Poesia, e ha partecipato a numerosi concorsi di letteratura, i cosidetti “Premi letterari italiani” come il “Premio Nazionale di poesia Lorenzo Montano” (di cui ha vinto l’edizione 2001 nella categoria “Raccolta inedita” con la raccolta poetica il Pellegrino Babelico), e il “Premio Capoverso Città di Bisignano” (nel quale è stato premiato nel 2004 per l’opera in versi Quotidianità della fine, sempre nella categoria delle opere inedite).

 

 

Introduzione

 

La vasta produzione letteraria di Salari comprende, come già accennato, opere di poesia, saggi di critica ad opere filosofiche e di critica letteraria e poetica, e anche degli articoli di riflessione, nei quali tratta della condizione e del ruolo della poesia e del poeta nella società contemporanea.

Tutto il percorso letterario di questo autore è caratterizzato dal fatto di affrontare tematiche di carattere metafisico, pervase da grande angoscia esistenziale, e da una strettissima correlazione tra poesia, letteratura e filosofia. Le problematiche che lo scrittore cerca maggiormente di rendere nei suoi lavori sono temi come il senso di frantumazione dell’io, il senso dell’avvio della nostra società verso una totale disfatta, verso lo sfacelo, l’autodistruzione, il Nulla. Tutti aspetti che vengono trattati facendo numerosi riferimenti al pensiero di vari filosofi, e anche agli stili e alle concezioni di numerosi poeti e scrittori, trattati nell’ambito della critica poetica e letteraria. Ma l’aspetto che in assoluto caratterizza maggiormente l’opera di Salari è la continua convergenza tra letteratura e filosofia, cioè il fatto che in tutti gli ambiti letterari di cui si è occupato siano riscontrabili numerosi agganci tra le concezioni di illustri esponenti di poesia e letteratura (in particolar modo di quella contemporanea) e la concezione e il pensiero di svariati filosofi e correnti filosofiche: infatti Salari dà risposte di carattere filosofico a molti degli interrogativi che si pone e illustra varie concezioni filosofiche riguardo alla poesia, alle caratteristiche che essa deve avere, e a numerosi motivi di carattere esistenziale. Questi ultimi sono presenti in particolar modo nelle opere poetiche.

 

 

Ambito poetico

 

La produzione poetica di questo autore è ricca di temi e motivi profondamente inquietanti come lo sgretolarsi dell’identità, la perdita assoluta di certezze riguardo ad essa, e come la corsa della nostra società verso il Nulla, oltre che un profondo senso di desolazione e solitudine; inoltre non mancano svariati risvolti ed elementi psicoanalitici (vedi immagini ricorrenti come il Sosia e lo specchio). La sua poesia è anche ricchissima di rimandi di ordine filosofico, nel cercare e fornire risposte agli innumerevoli dubbi esistenziali posti. Un'altra peculiarità del modo di scrivere poesia di Salari consiste nell’essere la sua una poesia abbastanza atipica, perché molto istintiva, infatti i suoi versi procedono spesso evocando dei “flash”, cioè delle immagini immediate, semplici e inquietanti.

Salari, per esprimere i suoi dubbi ed interrogativi esistenziali, utilizza questo stile contraddistinto da immediatezza, istintività, e dal continuo suscitare immagini proprio per far sì che questi contenuti, così ricchi di richiami e assonanze dal mondo filosofico, risultino più sofferti, più vivi, e arrivino in modo più diretto. Nella sua poesia la parola diventa evocatrice di immagini, e questo, insieme all’utilizzo di espressioni piuttosto incisive, contribuisce ad arricchire tali contenuti di umana partecipazione.

Tutto questo, il fatto di rendere temi e concetti così angoscianti in un modo di scrivere così incisivo, serve anche a far riscoprire la capacità della poesia di diventare voce della realtà.

 

Tutte queste caratteristiche possono già essere individuate in quella che è la prima opera in assoluto di questo autore, la raccolta poetica Grosseteste e altro. Infatti in questo lavoro sono presenti molte delle sopraccitate tematiche e immagini ricorrenti nella sua produzione. Si possono trovare il tema dell’identità, dell’io che si frantuma, che si liquefa, e che viene reso dall’immagine, che nella poesia di Salari ritornerà continuamente, del Doppio, o Sosia. Un Sosia dal “ghigno freddo”,1 che non aspetta altro che il momento giusto per annientarti, una sorta di parassita. Questo soggetto che si frantuma, cui l’autore dà il nome Grosseteste, assume le sembianze ora del Sosia, ora di un saggio, quindi si tratta di una presenza talvolta rassicurante talvolta inquietante, che simboleggia l’Io che perde ogni sicurezza di sé, e che, una volta invecchiato, considererà la vita e le persone soltanto ricordi molesti. Tali caratteristiche di Grosseteste, dell’Io che si va sgretolando, e del Doppio che annienta la persona, emergono nella prima sezione dell’opera, in particolar modo nei versi «Grosseteste l’abbiamo veduto/ transitare dai pori, liquefatto/ e tra il liquame delle verità parziali/ celarsi dietro un velo d’errori»,2 mentre nella parte conclusiva viene descritto il Sosia in tutta la sua angosciante e terrificante essenza, il Doppio che «stampa il suo ghigno freddo letale/ prendendo la mia faccia fuso con il mio vestito».3

Un'altra significativa e più volte ricorrente immagine è quella della Torre, in questo caso una sorta di trincea, di tana, nella quale il poeta si rifugia e da cui scruta l’orizzonte.

L’altra particolarità, già illustrata, di quest’opera, e in generale della poetica di Salari, consiste nel fatto di essere articolata in una serie di versi che evocano dei “flash”, suscitano sensazioni e immagini. Una scrittura poetica, in questo senso, istintiva, di grande immediatezza, che comporta l’emotività, la sensazione forte.

 

Questi temi e aspetti ritornano in modo analogo, altrettanto inquietante, nella raccolta poetica Alle sorgenti della Manque, in cui ricompaiono il Doppio, il Sosia, che assume sembianze sempre diverse, e rappresenta lo sgretolarsi dell’io, accentuato dalla poco rassicurante presenza dello specchio. A questa problematica si aggiungono immagini e sensazioni che riconducono ad una forte dominante psicoanalitica, desideri frustrati, episodi d’infanzia infausti, terrore della realtà che ci circonda, desiderio di non essere mai nati, contrasto tra un debole tentativo di sopravvivenza dell’io e una assoluta rigidità della sua negazione. Tutte emozioni e stati d’animo che vengono resi attraverso simbologie come le radici, il muro, la calce e, anche qui, con un modo di scrivere molto immediato e istintivo, suscitando immagini di un certo effetto.

Infatti, le simbologie del muro, della calce e dei bordi rappresentano il fatto che l’io viene «murato» e «calcificato» in una perenne condizione di insicurezza e solitudine (come viene testimoniato dai versi tratti dal capitolo “Bordi murati”, che recitano «Calcificato nell’ascensore/ mi sono imbattuto in me stesso/ che ero salito il mattino/ con l’angoscia del disonore», versi espressivi della perdita di sicurezze sulla propria identità, e del fatto di provare un profondo senso di disonore e inquietudine; e il frammento che dice «strappa verso un solitario orrore/ sul fondo di una sottoscala» esprime la condizione di assoluta solitudine).4 Invece le «radici» rappresentano ricordi, passioni ed emozioni suscitati da determinate cose (come la letteratura dell’800), che vengono «spazzati» via, rasi al suolo nell’aridità del tempo e della società presente; un tempo perduto che il poeta vuole ritrovare (verso conclusivo «le mie vere/ false radici mordo, ritrovo il mio tempo perduto»).5

Inoltre si possono già riscontrare delle reminescenze di carattere filosofico, come il fatto di ricercare e rivendicare una virtù educativa, che ci possa salvare dal niente, come emerge nel verso conclusivo «il mio cruccio, la buia domanda di un didentro che abbia il mondo».6

Infine, altre significative e agghiaccianti immagini, come il «vocabolario delle pietre», e l’«ingorgo di menzogne accecanti» sono espressive di un’altra problematica chiave nell’itinerario di questo scrittore, cioè il fatto che la società contemporanea sia avviata verso una totale autodistruzione, verso un assoluto Nulla. Infatti parla di una società sempre più priva di valori, e, dal punto di vista civile, scialba, e ciò provoca un profondo senso di angoscia e ansietà nel poeta, come esprime nel verso «la cifra/ muta/ di altro amore/ altra ansietà/ che stilla, in/ me, un brusio di voci/ secolari, un lamento antico/ di scarsità» (frammento conclusivo de “Il vocabolario delle pietre”).7

 

Tutti questi elementi si possono ritrovare nella raccolta di versi intitolata Strategie mobili, opera che alterna parti narrative e parti poetiche, enella quale sono compresi, tra l’altro frammenti di Grosseteste, e l’opera di prosa sperimentale Stazione. Le problematiche precedentemente illustrate sono qui riscontrabili, a partire da quella della frantumazione dell’identità, e dall’immagine del Doppio, presenti già nella prima parte del libro, dal titolo Il romanzo della rosa, articolata in brevi capitoletti narrativi, in cui sono riportati vari episodi della vita di un uomo. Ritorna la figura del Doppio come una sorta di parassita, in quanto questo Doppio vive in simbiosi con il protagonista e gli succhia la vita, oltre che deriderlo. La Rosa del titolo è la protagonista femminile, e muta, del racconto, per la quale l’uomo prova profonda ammirazione, e che addirittura sembra essere l’unica cosa in grado di dare un senso alla sua vita. L’aspetto riguardante il Sosia ritorna anche nella parte successiva, già analizzata in precedenza, tratta dalla raccolta Grosseteste; si tratta del capitolo iniziale, nel quale si parla delle varie sembianze che Grosseteste assume, ora il Doppio, ora il saggio, ecc. con il Doppio che continua a rappresentare una presenza tutt’altro che rassicurante.

A questo angosciante motivo si aggiunge anche quello del profondo senso di desolazione e solitudine che pervade il successivo blocco, cioè il racconto di prosa “sperimentale” Stazione; tratta le vicende di un uomo che vaga tra le rovine di un vecchio edificio cercando di recuperare ricordi del suo passato, in compagnia di un cane, solitario e vagabondo proprio come lui. Si tratta di prosa innovativa perché possiede un filo logico narrativo nonostante sia articolata in brevi paragrafi, anche qui costituiti da “flash”, da immagini e simbolismi piuttosto forti. 

Infine ricompare la tematica del Nulla nella condizione dell’uomo e della società, e viene espressa nel capitolo delle Strategie, in particolare nella strategia del nulla, in cui il poeta dice «io non tento più di determinare gli eventi. Gli eventi non mi determinano più. Io mi sono tirato fuori». Oppure nel passo «tra un polo e l’altro l’infinito errare nel nulla»;8 ed emerge in modo significativo persino nel capitolo conclusivo Flauti, che termina con l’agghiacciante voce «da un pezzo siamo morti, siamo morti, siamo morti»:9 espressione della morte metaforica, che ormai sembra l’unica condizione possibile per l’uomo contemporaneo. Inoltre ritorna l’immagine della Torre, presente sia in Stazione, come immagine iniziale di un luogo estremamente desolato in cui si aggira il protagonista, sia nella Strategia del mendicante, come luogo in cui il poeta si rifugia (come in Grosseteste) e da cui volge lo sguardo «fino ai monti che chiudono l’orizzonte».10

In questi frammenti conclusivi è anche possibile riscontrare quegli agganci tra letteratura e filosofia che caratterizzano l’intera opera di Salari, il concetto di morte metaforica, e, nella Strategia del Nulla, il brano che recita «la follia è il buco nero inattingibile dalla filosofia», tratto dal momento in cui lo scrittore dice di ritrovarsi a vagare nel nulla, preso in una sorta di trappola. Inoltre, come scrive nelle note finali, c’è in lui la profonda convinzione che filosofia e letteratura siano inscindibili; infatti scrive «la tensione conoscitiva si riconosce anche dalla potenza espressiva del rapporto col linguaggio»,11 ed è dimostrato dal fatto che l’autore usa nel suo lavoro diversi stili proprio per esprimere la frammentazione dell’esistenza contemporanea, e l’obiettivo dell’umanità deve essere quello di conferire un senso ad ogni frammento.

 

Temi e motivi analoghi, estremamente angoscianti, vengono trattati in un’altra importante opera poetica, intitolata Quotidianità della fine, con la quale Salari ha vinto il Premio Capoverso per le opere inedite. Ritorna l’immagine della Torre, qui descritta come un luogo «accerchiato dagli oscuri mattini» e con i muri «sbriciolati da fantasie morbose». Poi c’è l’immagine del cane che «urla disperatamente alla luna, alle ombre lontane».12 I versi successivi recitano «curvo sul balcone scruto nel fondo di un me stesso sempre più affievolito, disserro i palpiti di un io dissolto». Tutti passi e immagini che esprimono tutto il dolore dell’Essere e il progressivo annullamento dell’io.

Un annullamento che viene reso anche da altri passi (come rileva il critico Mario Fresa), ad esempio «dipani il fuso di me stesso o riavvolgi il filo? Chi è l’addetto a me, montagne rosate?»13, verso espressivo del fatto che l’io perde il filo di sé stesso, e si domanda «chi è l’addetto a me?», chi si occuperà di lui, che ne sarà di questo ego; l’annientamento viene espresso anche dall’accadere di tutta una serie di minuzie, di particolari, come la verità che «risuona nel tintinnio delle stoviglie» o «fiorisce sulla punta di uno stelo».14 Si tratta di un’improvvisa manifestazione dell’infinitesimale, cioè di una serie di atti minuscoli che «si fa immenso, che infine abbraccia in un momento solo tutti i suoni del mondo».15 Tutto questo serve ad esprimere il punto massimo della perdita della dimensione dell’ego, resa anche dal passo in cui si parla della «perdita del nome», simbolo di uno «spossessamento» di qualcosa che rappresenta la propria identità (versi che recitano «e l’opera reclama/ il sentimento di sé/ per mezzo della forma/ nella perdita del nome»).16

In definitiva la Quotidianità della fine è un’opera caratterizzata da una serie di suoni, immagini, sensazioni che ne costituiscono l’essenza di un inesorabile annullarsi dell’io. Questo annientamento dell’ego avviene in una dimensione di eternità, di eterno dolore che pervade l’Essere, che nel suo terribile incombere si manifesta anche nei più piccoli suoni e particolari, e viene reso in frammenti di versi come «neve sporca si addice alle ruote/ risuonanti nel buio della notte/ se dai balconi trappola si urla/ che la vita continua ma solo per burla»; oppure «ma quale musica può fondere il suono/ delle campane nel crepuscolo/ col dolore del dente cariato/ e l’oscillare del pendolo?»,17 che esprime il fondersi di immagini e suoni che infondono serenità con suoni e immagini decisamente angoscianti.

 

Tutte le opere di Salari, oltre a possedere queste caratteristiche ed esprimere questo tipo di riflessioni, sono anche caratterizzate, come già è stato visto, dalla continua ricerca di correlazioni, di convergenze tra letteratura e filosofia, nell’affrontare temi come il doppio, l’emarginazione, il Nulla, ma questo tentativo di interconnessione emerge in maniera evidente soprattutto nell’opera intitolata Il Pellegrino Babelico; si tratta di una sorta di diario di riflessioni poetiche, in cui Salari riprende il tema del doppio e dell’isolamento, già affrontato nelle Strategie mobili, e che descrive la situazione di uno scrutatore prigioniero che viaggia ed esplora nel proprio sé. L’opera è strutturata nell’alternanza di frammenti in prosa e versi in poesia. Nella prima parte in prosa a parlare è il lettore, lettore delle vite e dei destini altrui,isolato, rinchiuso nella sua Torre, rifiutando il dolore che nasce dal contatto con il mondo. Nella seconda parte poetica è il poeta che parla, che cerca nuovi significati attraverso la parola poetica, e vaga tra le opere letterarie come in una sconfinata pianura, percorrendo la quale arricchisce sempre più il suo cammino.

Ed è proprio qui che ricompare il tema del doppio, in questo caso nella dissociazione tra immobilità e vagabondaggio, infatti nella prima parte c’è il recluso che osserva la natura interna ed esterna, nella seconda emerge la parte irrequieta dello scrittore, che avverte l’esigenza di aprirsi al cammino letterario, attraverso la forza del linguaggio della poesia. Ma questo cammino è imbrigliato dal labirinto, un labirinto di temi e personaggi a cui accostarsi, e del quale poi sentirsi prigionieri. A questo punto Salari espone la sua soluzione per uscire dal labirinto, e qui compaiono in maniera evidente gli agganci letterario-filosofici. L’unico modo per uscire da questo labirinto è la saggezza. Lasciarsi guidare dai precetti della saggezza, qualsiasi cosa dicano, accettare i suoi verdetti qualunque conseguenza portino, e smettere di trincerarsi nella propria torre.

Inoltre Salari vuole smascherare le illusioni, che conducono a forme fasulle di felicità, e qui si colgono i rimandi a Platone, Aristotele, gli Stoici; a Boezio, che nel suo De consolatione philosophiae sostiene che solo cogliendo l’ordine morale dell’universo l’uomo potrà liberarsi delle illusioni ed elevarsi al di sopra di esse.

In definitiva, Salari parla di una saggezza da costruirsi non solo con il sapere, ma riuscendo ad assumere uno sguardo «disincantato e aperto al flusso del divenire»,18 cioè acquisendo una consapevolezza sempre maggiore di tutto quello che ci circonda, la natura, il tempo, e attraversarli facendosi guidare dalla saggezza. Quindi il poeta e saggista fornisce la risposta più filosofica possibile.

 

 

Ambito filosofico

 

Si è dunque parlato dell’inclinazione di carattere filosofico nell’attività letteraria di Salari e dello stretto rapportarsi tra filosofia, poesia e letteratura che percorre tutta la sua produzione. E questo consiste anche nel carattere filosofico delle riflessioni, dei messaggi, delle esortazioni, e anche delle risposte che lo scrittore fornisce nei suoi lavori.

Tutto questo testimonia il grande fascino che la filosofia esercita su questo autore, e il fatto che egli cerchi in essa le risposte e le virtù educative che possono contribuire a salvarci dall’annientamento, dal Nulla.

A proposito del rapporto di Salari con la filosofia, il poeta e critico parla in particolare del fascino, di ciò che lo ha più colpito, del pensiero e dell’opera di Spinoza. Infatti il saggista verbanese ha anche realizzato saggi e articoli di argomento prettamente filosofico, e a quest’ambito appartiene il consistente lavoro riguardante il pensatore olandese. Nell’articolo Attualità e inattualità di Spinoza il critico sostiene di aver subito la fascinazione dell’opera più importante del filosofo, l’Etica,e questo aspetto ha influito sul suo atteggiamento verso la metafisica. Salari è, innanzitutto, rimasto colpito dal fatto che tutta una serie di aspetti, di fenomeni come la molteplicità dell’essere, e la varietà e il caos dell’esistenza, nell’Etica sembrano venire ridotti all’ordine. Inoltre, dice di avere ricevuto dalla lettura di quest’opera un sentimento di grande tranquillità, il che, egli scrive, «mi esentava dall’andare a cercare altrove una terapia religiosa o filosofica per il rasserenamento del mio animo».19 Rasserenamento dovuto al fatto che leggere Spinoza ha contribuito a modificare il suo pensiero intorno all’Essere, da lui prima considerato come un Tutto da cui egli aveva reciso la propria soggettività. Questo nuovo atteggiamento ha indotto Salari ad approfondire i vari generi della filosofia spinoziana, e quindi a comprendere più a fondo i legami tra le cose nella loro realtà effettiva e a provare maggiore interesse verso l’accadere di cose e persone nel Mondo. E questo costituisce un esempio del fatto che il critico cerchi risposte ai propri dubbi esistenziali nella filosofia, e un esempio degli insegnamenti che ne trae. Ma il più importante e, secondo Salari, sublime messaggio trasmesso dall’Etica è che «bisogna amare Dio senza pretendere un contraccambio»:20 cioè Spinoza esprime l’esigenza di comprendere i decreti di Dio senza subirli passivamente né crearci assurde aspettative, ed anche la necessità di riuscire a tenere a bada razionalmente le nostre passioni. Tutti aspetti che, sostiene il saggista, smentiscono chi potrebbe pensare all’Etica come a una sorta di guida terapeutica alla salvezza finale. Infatti il critico spiega che Spinoza non predica atteggiamenti come il distacco, la rinuncia, lo svalutare i beni mondani o l’imperturbabilità del saggio. L’Etica è semplicemente un insegnamento alla comprensione razionale degli eventi.

 

Negli altri lavori realizzati da Salari riguardo al filosofo olandese, il critico continua ad esporre i punti più importanti della sua concezione filosofica, e il proprio pensiero riguardo ad essa; nel fare questo parla anche del pensiero di numerosi e illustri esponenti di poesia e letteratura, e fa persino dei confronti tra il modo di trattare certe tematiche di Spinoza e quello di un grande autore teatrale come Shakespeare. Quindi ricompaiono gli elementi di convergenza e connessione tra i campi letterario e filosofico, uno dei motivi che maggiormente caratterizzano l’attività di Salari. Infatti nell’articolo intitolato Verità e poesia nell’Etica di Spinoza il saggista riporta vari pareri, opinioni, ed interpretazioni di alcuni importanti scrittori, poeti, e filosofi, e anche di critici e studiosi, circa il più celebre scritto del pensatore olandese. Comincia esponendo la visione profondamente pessimistica e negativa di Melville, che definì Platone e Spinoza «scimmie chiacchierone» e «ingannatori di sé stessi». Infatti lo scrittore americano cadde in un profondo pessimismo, e arrivò a provare assoluto disprezzo prima per il trascendentalismo e poi per tutta la filosofia. Invece tutti gli altri pareri riportati da Salari sono a dir poco entusiastici. Goethe nutriva grande ammirazione per l’opera spinoziana, e in particolar modo per il concetto sostenuto dal filosofo riguardo all’Amore per Dio: «Chi ama veramente Dio non deve pretendere di essere da lui riamato».21 Goethe inoltre sosteneva che Spinoza aveva esercitato una profonda influenza sul suo pensiero. Dal canto suo Schlegel innalza un vero e proprio inno alla poesia di Spinoza. Infatti lui così come anche Shelling, Hegel e Jacobi, consideravano l’Etica uno splendido oggetto estetico, poesia «cristallizzata in forme geometriche». Shlegel sosteneva di non riuscire a capire «come si possa essere poeta senza amare e venerare Spinoza, senza diventare interamente suo».22 Un giudizio analogo viene espresso dalla studiosa spagnola Maria Zambrano, che ritiene l’Etica un’opera priva di qualsiasi compiacimento letterario e una perfetta fusione di poesia e rigorosa costruzione delle ragioni e dei concetti.

Infine, lo studioso Gilles Deleuze parla dell’Etica come di un’opera che «non ha nulla a che vedere con la morale ma concepita come un’etologia, cioè come una composizione di velocità e lentezze».23 Deleuze definisce questo libro una grande «sinfonia della Natura», una composizione estremamente dinamica, in cui si va formando un mondo intenso, un corpo vivo, in continuo fermento.

Successivamente, dopo aver esposto tutti questi pareri e giudizi, Salari spiega le sue personali interpretazioni sull’opera, gli aspetti che condivide e disapprova, e gli insegnamenti e le risposte che è riuscito a trarne. Anzitutto esprime la propria disapprovazione per la convinzione spinoziana di un’esistenza oggettiva della verità, convinzione propria di Spinoza nel momento in cui affermava la certezza di essere nel vero. In ogni caso, Salari non condivide la frammentazione della verità in tante verità parziali secondo l’intreccio di volontà e desideri di ciascuno nell’affermare la propria.

Invece, ammira la limpidezza e rigore di costruzione dell’Etica,e condivide il concetto di «amore intellettuale di Dio», che oltre a sollecitare la comprensione dei decreti di Dio e l’amore verso di Lui senza pretendere nulla in cambio, mostra anche il passaggio ad una più ampia conoscenza e capacità di comprendere perché le cose stanno in un modo piuttosto che in un altro e questa maggiore comprensione dovrebbe distoglierci sia dal perderci in folli illusioni che dall’adagiarci nella rassegnazione, e a questo concetto è correlato quello di «perfezione»: gioia e tristezza costituiscono stati rispettivamente di maggiore e minore perfezione. E nell’Etica sono presenti consigli e strategie per ottenere una perfezione maggiore, sia quando siamo coinvolti nelle mostre passioni, sia quando ce ne sottraiamo, e assumiamo una superiore comprensione razionale.

In definitiva, Salari fornisce, in questo articolo, un altro significativo esempio di come, secondo lui, sia possibile estrapolare dalla filosofia virtù educative e insegnamenti che possono aiutare l’uomo a salvarsi dall’annientamento , in questo caso, attraverso una comprensione più lucida e razionale degli eventi e dei motivi per cui accadono.

 

Infine, Salari ha anche realizzato un articolo di approfondimento, dal titolo Approfondimenti. Spinoza e il mimetismo del desiderio, che, oltre ad illustrare la complessità del concetto spinoziano di amore e desiderio, ripropone un confronto, un gioco di riferimenti tra ambito filosofico e letterario, in questo caso tra Spinoza e il più celebre e rappresentato autore teatrale di tutti i tempi, William Shakespeare. Anzitutto in questo confronto tra teorie spinoziane e teatro Shakespeariano viene messo in evidenza come il drammaturgo inglese nelle sue opere metta in scena tutta la gamma delle passioni umane, mentre il filosofo olandese cerca di compierne una trattazione lucida. La principale differenza consiste nelle loro finalità, infatti Shakespeare rappresenta le passioni fino al loro scioglimento, lieto o tragico, mentre Spinoza si propone di mostrare la via per placarle e superarle.

E il principale punto di confronto tra l’autore teatrale e il filosofo, analizzato da Salari partendo dalla lettura di René Girard, è il concetto di «desiderio mimetico». Secondo tale concetto noi non desideriamo di possedere una cosa o persona o oggetto per una pulsione autonoma, ma o perché siamo stati contagiati dal desiderio di un altro o per «sentito dire», ad esempio qualcuno ci ha parlato di una donna di straordinaria bellezza e virtù, o per invidia, perché qualcun altro possiede questa donna così virtuosa e bella ed è l’invidia per il successo dell’altro che ci induce a desiderarla.

Il teatro shakespeariano è fondato sulla profonda consapevolezza di questa dinamica degli affetti e dei sentimenti umani (dinamica rappresentata attraverso le vicende di Proteo e Valentino ne I due gentiluomini di Verona). E questa consapevolezza è presente nella «geometria delle passioni» di Spinoza, in cui si parla del desiderio come «essenza stessa dell’uomo». Inoltre per il filosofo olandese il concetto di desiderio mimetico può essere ricollegato a quello di «imitazione degli affetti», per cui noi siamo indotti ad amare odiare, o desiderare le stesse cose che gli altri amano, odiano e desiderano. E viceversa nel momento in cui gli altri odiano, amano, desiderano le stesse cose amate, odiate, desiderate da noi, i nostri affetti vengono raddoppiati.

Infine, come Shakespeare cerca la via per uscire dall’incubo del desiderio mimetico in alcuni personaggi drammatici, così Spinoza individua una soluzione per uscire da questa situazione infernale nell’Amore intellettuale di Dio: l’amore per Dio non può venire contaminato da nessun sentimento di invidia e gelosia, anzi, sostiene Spinoza, più sono gli uomini che ci si immagina uniti nel vincolo d’amore verso Dio più questo amore si alimenta.

Quindi Salari vuole dimostrare quanto sia complesso il concetto d’amore e desiderio presente nell’Etica, ma soprattutto illustra anche qui una risposta, una soluzione fornita dalla filosofia, ovvero in questo caso lo spinoziano Amore intellettuale di Dio, per poterci salvare da passioni e follie che possono portare all’annientamento e dall’autodistruzione.

 

 

(1 - segue)


1 vedi Stefano Lanuzza “Guida ai poeti italiani degli anni Ottanta”.

2 vd. Pg. 9 Grosseteste e altro, T. Salari, Forum Quinta generazione, Forlì, frammento citato nell’articolo di Sandro Montalto per Il segnale.

3 vd. Pg. 52 Grosseteste...

4 vd. Pg. 24 Alle sorgenti della Manque, T. Salari, L’Angolo Manzoni Editrice, Torino 1995.

5 vd. Pg. 38 Alle sorgenti…

6 vd. Pg. 76 Alle sorgenti…

7 vd. Pg. 57 Alle sorgenti…

8 vd. Pg. 108 Strategie mobili, Anterem Edizioni, Verona, 2000.

9 vd. Pg. 117 Strategie mobili frammento citato nell’articolo di Sandra Bortolazzo su Movimento bibliografico della giunta regionale del Veneto.

10 vd. Pg. 110

11 vd. Pg. 125 Postfazione dell’autore.

12 vd. Pp. 7, 8, 9 Quotidianità della fine, T. Salari, Edizioni Orizzonti Meridionali, Cosenza 2004.

13 vd. Pg. 49 Quotidianità…

14 vd. Pg. 23

15 vd. Recensione di Mario Fresa.

16 vd. Pg. 48 Quotidianità…

17 vd. Pg. 48 Quotidianità…

18 vd. Pg. 43 Il Pellegrino Babelico, T. Salari, Anterem Edizioni, 2001.

19 vd. Pg. 3 par. 6 art. Di Tiziano Salari “Attualità e inattualità di Spinoza”.

20 vd. Pg. 7 par. 15.

21 vd. J. W. Goethe, Della mia poesia e Verità citato a pg. 4 art. di T. Salari “Verità e Poesia nell'Etica di Spinoza”.

22 vd. Schlegel, Discorso sulla mitologia citato a pg. 5 di “Verità e Poesia…”

23 vd. Gilles Deleuze, Spinoza Filosofia Pratica citato a pg. 7 di “Verità e Poesia…”


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