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Leonardo Mesa. Georgia: un contributo per una lettura disincantata 
La complessa questione va affrontata nella sua complessità (e senza fare eccezioni)
20 Agosto 2008
 

Nel passato le grandi potenze nella conquista accorparono senza “raffinatezza” i più dissimili territori. Oggi con molta “raffinatezza” conquistano dividendo. Una conquista alla rovescia.

Ho sempre ritenuto che la guerra fredda non fosse finita: solo surgelata; per un po’...

Oggi, seguiamo il conflitto in Georgia tramite i racconti della stampa, però la situazione è ben complessa e anche diversa. Un po' di storia. Ossezia è stata integrata nell’URSS come regione autonoma nel 1922. Si proclamò repubblica autonoma (non riconosciuta) nel lontano novembre di 1989 e, ne settembre 1990, proclama l’indipendenza. Ancora esisteva l’URSS ed erano i tempi che ogni divisone era stimolata e appoggiata con il chiaro obbiettivo di smembrarla. Nel gennaio 1991 truppe georgiane si addentrano in Ossezia; il conflitto si protrae per due anni. Nel gennaio 1992 viene adotta l’indipendenza mediante referendum, confermato da un'altra consultazione nel novembre del 2006, questa volta con il 99%.

Attualmente vi risiedono 58 mila osseti e 22 mila georgiani. Con la disintegrazione rimasero, di comune accordo, due base militari russe: Ajalkalaki e Batumi; la prima riconsegnata nel 2007 e la seconda lo sarà entro quest'anno. Dopo il trattato di pace di Dagomis, nel luglio 1992, la Georgia e la Russia si accordarono, con il beneplacito ONU, per la permanenza di truppe russe per garantire la pace. Sono estate proprio queste a fare fronte per prime al recente attacco georgiano contro l'Ossezia. In tanti abbiamo capito che la Russia ha invaso la Giorgia; in pochi che per primo è stato il governo georgiano a lanciarsi sull'Ossezia. Il conflitto odierno è stato preceduto di un “lasciapassare” di Washington (simile a quel concesso ad Iraq rispetto a Kuwait, anche se per motivi diversi) e dall’esercizio militare congiunto «Risposta immediata», con la partecipazione di 800 soldati georgiani e 1.200 statunitensi.

Al sodo: alla Cecenia è stata negata l’indipendenza; perché la Russia appoggia la secessione in Ossezia? La Iugoslavia è stata divisa e ridivisa; perché la Giorgia non può esserlo? In tanti appoggiamo l’indipendenza del Tibet; perché non quella dell’Ossezia? I portoricani sono uno stato libero, associato agli USA mediante referendum; perché non rispettare i referendum osseti? La Georgia si è separata dal capoluogo sovietico e Taiwan della Cina, perché l'Ossezia non si può separare della Georgia? Le isole Malvine stanno a 12 mila km del Regno Unito; perché l'Ossezia, che è accanto alla Russia, non può esserne parte? Gli USA hanno basi e contingenti militari dappertutto e ha voluto costituire la SATO; perché si vede pericolosa la presenza Russa “alle porte” europee (alla quale appartiene) e non quella statunitense “all’interno”? La NATO si rinforza e si estende; perché si considera pericolosa la Russia e non l’imponente potenziale militare che l’accerchia?

Il separatismo si accresce, il militarismo si moltiplica. Si rischia di atomizzare e di incendiare il mondo proprio nei tempi in cui -dicono- si globalizza e s'appacifica. Non è possibile trattare il problema facendo distinzioni: non esiste separatismo o militarismo buono o cattivo. Qualunque soluzione, su queste basi, porta invariabilmente all’incivile regola del più forte, e al pestaggio dei deboli. Nessuna soluzione arriverà con guerre né distinzioni: il problema deve essere affrontato nella sua intera complessità e, soprattutto, senza eccezioni.

 

Leonardo Antonio Mesa Suero

(adattamento del testo in italiano a cura della Redazione)


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