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“Verbale” degli incontri con il Dalai Lama e altri leader tibetani in esilio a Dharamsala
03 Gennaio 2008
 

A seguito di un lungo viaggio da Roma, che ci ha visti sommare alle 8 ore di aereo, 12 ore consecutive di macchina da Nuova Delhi fino a Dharamsala - a causa della cancellazione di un volo... - siamo arrivati nella capitale del governo tibetano in esilio alle 3e30 di notte del 28 invece che nel pomeriggio del 27. Per questo non abbiamo potuto partecipare alla cena di benvenuto che era stata organizzata in onore di Marco dallo Speaker del Parlamento tibetano che, essendo in partenza già il giorno successivo per un viaggio nel sud dell'India, non abbiamo quindi potuto incontrare. Come lui erano fuori Dharamsala anche la vice speaker del Parlamento ed altri esponenti Parlamentari.

L'incontro con il Dalai Lama si è svolto alle 14 del 28 ed è durato oltre un'ora. L'accoglienza del Dalai Lama verso di noi e in particolare verso Marco è stata da subito calorosissima. L'incontro, al quale oltre a me hanno assistito anche il capo segreteria Tenzin Takla del Dalai Lama e un altro esponente dell'amministrazione, è stato caratterizzato da un dialogo molto intenso, appassionato, a tratti anche concitato: un dettaglio che può forse essere utile a descrivere l'atmosfera dell'incontro è che, per quasi tutto il tempo, il Dalai Lama ha tenuto Marco per la mano.

 

Di fatto, il Satyagraha è già cominciato

Preliminarmente Marco ha presentato la decisione presa dal partito di proclamare il 2008 quale anno del “Primo Satyagraha Mondiale per la Pace” per la Democrazia, la Giustizia e la Libertà, anche in coincidenza con le Olimpiadi in Cina, del quale, ha spiegato, il Tibet dovrebbe essere uno dei tre-quattro possibili fronti di iniziativa da individuare. Poi si è richiamato ai loro precedenti incontri, a partire da quelli in cui già vent’anni anni fa aveva “avvertito” il Dalai Lama di come il tempo giocasse a favore dei cinesi per l'eliminazione di ogni possibilità di resistenza tibetana all'occupazione, o a quello di alcuni anni fa a Strasburgo, dove aveva letteralmente urlato al Dalai Lama che occorreva agire subito con una grande mobilitazione nonviolenta: il satyagraha, appunto.

Marco ha poi informato il Dalai Lama, che non ne era ancora a conoscenza, – e che ha espresso sia sorpresa che piena soddisfazione – dell'avvenuta approvazione, il 18 dicembre, della risoluzione sulla moratoria della Pena di morte, sottolineando come un piccolo partito come il nostro sia riuscito, proprio grazie alla nonviolenza e agli scioperi della fame e della sete - dei quali ha ricordato le fondamenta teoriche e gli obiettive nella prassi gandhiana e poi radicale - ad ottenere un risultato che tutti ritenevano irraggiungibile; e per il quale il coinvolgimento dei Premi Nobel è stato essenziale. Ha poi ricordato anche le altre mobilitazioni e campagne dove abbiamo avuto il sostegno dei Premi Nobel e di gruppi di persone in decine e decine di paesi in tutto il mondo.

La prima risposta del Dalai Lama, dopo aver ribadito in modo non scontato – lo ha fatto almeno quattro volte durante tutto l'incontro – il grande apprezzamento per il pieno a duraturo sostegno da parte di Marco e del Partito alla causa tibetana, è stata che per poter affrontare la questione tibetana attraverso una mobilitazione anche nonviolenta, occorre prima dimostrare di essere in grado di mettere in piedi una grande mobilitazione sulla questione della democrazia, dell'ecologia, della libertà nel mondo, a partire dalla Cina. Solo allora infatti, secondo il Dalai Lama, sarebbe possibile fare una pressione sufficiente che possa determinare dei cambiamenti all'interno del sistema politico cinese; condizione questa che ritiene indispensabile affinché si possa poi affrontare e ottenere miglioramenti sulla questione tibetana.

A questo punto Marco ha detto che, dal Dalai Lama, non si aspetta una lezione di realpolitik o degli insegnamenti di Machiavelli, e ha ribadito che per noi la battaglia per la democrazia in Cina coincide e non precede quella tibetana, perché da venti anni ci battiamo non per dare privilegi ai tibetani, ma per i diritti, la libertà e la felicità di tutti coloro che vivono nel territorio cinese, dagli Uiguri, ai falun Gong, ai Taiwanesi ecc. Per questo tra i nostri iscritti e dirigenti ci sono da molti anni Wei Jinsheng e adesso anche Rebya Kadeer.

Marco ha poi ricordato come anche lui apprezzi il realismo politico, ad esempio nel caso della Moratoria della pena di morte, dove si è scelto di non puntare sull'abolizione immediata, ma solo quando questo rappresenti la strada più giusta per raggiungere gli obiettivi che ci si pone.

 

Il Dalai Lama: sono vegetariano, per questo ho buoni denti per mordere...

Questa è stata la fase più concitata e appassionata dell'incontro, caratterizzata da numerose interruzioni reciproche, battute e “provocazioni” su chi tra i due fosse più “realista”: a un certo punto Marco ha risposto mimando un morso alla mano del Dalai Lama, dicendo che non è ancora vegetariano: il Dalai Lama è scoppiato a ridere e ha risposto che, poiché lui è vegetariano ha i denti per mordere migliori di quelli di Marco.

Marco si è poi offerto di poter fare lui il militante del realismo politico del Dalai Lama e di poter così dare il suo contributo a metterlo in pratica; e ha annunciato l'invio a breve di un documento/manifesto aggiornato per il lancio del Satyagraha; prima di renderlo pubblico, tuttavia, vuole però l'opinione del Dalai Lama.

Pannella ha poi detto, in modo molto diretto, che occorre che le proposte sull'autonomia tibetana che sono oggetto dei negoziati segreti andati avanti in questi anni con Pechino – finora senza ottenere niente – divengano pubbliche e conosciute in tutto il mondo nel momento in cui vengono proposte, affinché siano i cinesi a dover giustificare, anche di fronte ai propri cittadini e alla comunità internazionale, perché le continuano a rifiutare. Per far questo Marco ha proposto di organizzare insieme un seminario internazionale di alto livello per poter discutere, affinare e poi presentare e queste proposte, e il Dalai Lama si è detto d'accordo.

L'incontro si è concluso con una battuta del Dalai Lama: sapendo infatti che avremmo incontrato il Primo Ministro, Sandong Rinphoche, ha sussurrato: «Spero che darai un morso anche a lui...».

Il Dalai Lama ci ha poi donato le sciarpe bianche, e a Marco in particolare una bellissima tela tibetana con un Buddha, con dedica personale, a testimonianza del suo sostegno all'opera di Marco a favore dei diritti umani, della giustizia e della pace. Purtroppo siamo riusciti nel capolavoro di dimenticarla sull'ultimo taxi che ci ha portato all'aeroporto di Delhi per il ritorno e nonostante vari tentativi, per ora non siamo riusciti a recuperarla.

 

Il presidente del governo tibetano in esilio: i radicali sono l’unico partito al mondo che ha scelto la nonviolenza

Alle 4 del pomeriggio abbiamo incontrato il Presidente del governo Tibetano in esilio Sandong Rinpoche. Rinpoche conosce bene il partito, che ha definito l'unico al mondo che ha scelto la nonviolenza come suo connotato fondante. Ha detto che il Dalai Lama gli aveva parlato dell'incontro di Roma con Pannella e che era ben lieto quindi di incontrarlo a Dharamsala.

 

La perniciosa inadeguatezza degli “stati nazionali”

Marco ha di nuovo presentato l'idea del Satyagraha, citando in particolare come possibile teatro, quello mediorientale a partire da Israele e la Turchia; e ha sottolineato come la questione della perniciosa inadeguatezza degli “Stati nazionali” renda quindi come opportuno, e forse urgente e necessario, il coinvolgimento della questione tibetana a partire da questa analisi. Rinpoche ha risposto che il Dalai Lama sosterrà sicuramente spiritualmente questa lotta nonviolenta e ha auspicato che il Dalai Lama possa partecipare anche fisicamente a iniziative che verranno proposte. Ha poi citato alcuni degli insegnamenti gandhiani in base ai quali per fare un Satyagraha occorre non solo praticare la nonviolenza come mezzo e strumento politico, ma anche a livello interiore, e ha sostenuto che oggi il popolo tibetano ha sì scelto la nonviolenza come mezzo, ma non l’ha raggiunta a livello interiore; e ha ricordato quando Gandhi scrisse che, se avesse trovato 100 Satyagrahii convinti, avrebbe potuto porre fine all'occupazione inglese in 24 ore, ma di come poi non sia mai riuscito a identificarne più di uno.

Rinpoche ha poi chiesto di avere maggiori dettagli sul Satyagraha; proprio in Gandhi, ha risposto Marco il Satyagraha è qualcosa che si forma del vivo dell'azione e del suo divenire; anche a lui comunque faremo avere proposte sia per il seminario da cercare di organizzare, sia per nuovi documenti di lancio del Satyagraha.

 

Un bilancio positivo, ottime basi di partenza. L’anno prossimo a…

A cena abbiamo invece incontrato il segretario generale del Parlamento tibetano Nawang Tsulrum e dal colloquio con lui si conferma che il congresso dei giovani continua ad avere a posizione indipendentista, e che anche in Parlamento questa posizione continua ad essere rappresentata, seppur in minoranza. L'attuale speaker del Parlamento Karma Chopel, era a capo dei congresso dei giovani, ma oggi non prende posizioni chiare su questo tema. La mia impressione è che se a livello politico di governo la scelta dell'autonomia è condivisa a livello popolare, ci sia ancora un grosso lavoro da fare che sicuramente la segretezza dei negoziato con i cinesi non ha facilitato.

 

Come considerazione generale mi pare che gli incontri, preparati in pochissimi giorni dopo l'incontro a Roma e il voto a New York, siano andati davvero bene: essendo però chiaro che resta un grande lavoro da fare perché da queste ottime basi di sostanziale fiducia si possa costruire il Prima Satyagraha Mondiale per la pace.

 

Matteo Mecacci

(da Notizie radicali, 2 gennaio 2008)


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