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Valeria Manieri. Insomnia café 5. “Non ho l’età?” Lettera a un giovane radicale
14 Settembre 2007
 

Caro XXX,

ti ringrazio davvero per l'attenzione e per offrirmi questa chance di approfondire un tema che mi pareva scontato e che invece non lo è per niente: i giovani e la politica, un giovane e il Partito Radicale. So che in giro per l'Italia ci sono molti ragazzi in gamba, come certamente sarai anche tu, che cercano come possono di dare una mano con idee innovative e uno sprint che va sempre incoraggiato.

Mi esterni una certa insofferenza per la poca attenzione che percepisci non avere presso i tuoi compagni. Mi dici anche che spesso non ti senti considerato perché hai 22 anni. Mi chiedi se ci sia spazio per giovani come te. Mi confessi di essere stupito di vedermi nel comitato nazionale di radicali italiani, io che ho giusto un anno più di te.

Già questo ultimo “fatto” dovrebbe confermarti che sei, siamo, nel posto giusto. Per essere ascoltati, per proporsi, per contribuire alla vita politica del partito e del paese. Altro che V day e Beppe Grillo! Un amico mi chiedeva perché non partecipassi alla manifestazione e nel contempo si lamentava che fossimo in un paese fuorilegge e senza buon senso. Gli ho risposto che invece di andare al V day, per non beccarsi invece un vaffa da me, avrebbe fatto meglio a mugugnare di meno e a iscriversi a Radicali Italiani.

Ma come Valè, non ci vieni?

No.

E perché no? In Italia non cambia mai niente… questa politica è irresponsabile.

Anche tu sei un irresponsabile, perché quella gente ce l’abbiamo mandata noi in parlamento… forse a breve ci troveremo anche Grillo, vedrai… Perché non vengo? Perché io sono già nel posto esatto dove devo essere a fare le cose che devo. C’è chi dice no da 50 anni a questa politica, non da un giorno.

 

Questa sera, caro XXX, come vedi qualcuno ti ha ascoltato e ha approfittato di queste tue righe così trasparenti per andare a dormire più tardi e non mancare alla mia rubrica su Notizie Radicali, dove peraltro anche tu potresti essere letto ed ascoltato. Basta così poco qui in casa radicale per essere ascoltati. Usa i mezzi che tutti abbiamo a disposizione. Vedo di raccontare attraverso questo mezzo quello che ho vissuto in 4 anni di Torre Argentina 76, chissà che non ti torni utile.

Da circa due anni ho iniziato ad approfondire le tematiche del mercato del lavoro e del welfare, anche grazie agli studi universitari, accompagnandole a una certa intraprendenza che ha consistito anche nel metter su insieme ad altri il gruppo welfare to work, un laboratorio che ha elaborato idee, dati e proposte che oggi trovano ampio spazio nel dibattito e nella politica radicale. Prima ho fatto cose bellissime, che mi parevano cruciali e poi non lo erano, ma che sono servite a formarmi, a capire… Generazione L creata con alcuni ragazzi è stata una esperienza magari non fondamentale per il partito ma speciale per me, per gli insegnamenti che ne ho tratto, le persone che ho conosciuto.

Quello è stato un laboratorio per capire anche le trasformazioni delle persone, quasi come in uno studio sociologico. Cosa attrae e cosa allontana i giovani. Il problema è che spesso i giovani arrivano nei partiti pensando che a un certo punto qualcuno si accorga di lui e che, se si fanno un po’ di cose , si entra nelle grazie di qualcuno il quale ti piazza non si sa bene dove.

Quando ciò non avviene, e grazie al cielo nel partito non avviene, iniziano le teorie complottiste e i rigurgiti sul partito settario e il modello “non c’è spazio per nessuno”. Per quanto riguarda la mia esperienza posso dirti che occorrono buone idee e una certa resistenza, ma soprattutto occorre la voglia di saper rischiare, senza riserve. Bisogna rischiare anche i propri pochi anni, rischiare l’entusiasmo, aprire e dare voce alle proprie inquietudini senza pensare di sembrare sciocchi.

Ovviamente un bagno di umiltà non fa mai male, specie perché in genere chi ti dà consigli minimo è lì da trent’anni e quindi di acqua sotto i ponti ne ha vista passare parecchia.:-)

Credo che di difficoltà ne abbiamo affrontate tutti, chi più chi meno: scoramenti per i momenti poco rosei e per i risultati elettorali radicali e rosapugnanti, amicizie e inimicizie, incomprensioni e senso di impotenza e di non poter fare abbastanza. Il Partito è ricco di umanità e molto insegna: a volte ho avuto la percezione fosse un amplificatore di emozioni e turbamenti, non sempre facili da gestire. Quando si è giovani, tutto ci appare bianco o nero. Non è solo una banalità, è realmente così. È difficile scindere il “sé” dal resto del mondo… siamo inondati dall’ “io”, per giunta un io inquieto e poco incline a confrontarsi con l’altro, con l’altro da sé.

Sai, in soli quattro anni, quanti ne ho visti alzare muri, sputare nel piatto in cui “letteralmente” mangiavano, andare allo scontro, parlare di partito setta, di “tutti stronzi”, sbattere porte, e come ultima “buona pratica”, “decidere” di andare con Capezzone? Sai quante nottate insonni, più o meno come questa, ho passato a interrogarmi sul perché amici non si riconoscessero più col Partito e non mi riconoscessero? All’inizio, caro compagno, hai tante persone accanto con cui pensi di crescere e invece a un certo punto ti giri e ognuno ha preso un’altra strada.

E ci sei tu, tu e basta. Poi, per fortuna ne conosci altri e altri ti riconoscono. Ti resta molta amarezza, questo sì. A volte ci pensi ancora.

A un certo punto però, alzi la testa e quando altri sbatton la porta e tirano dritto, ti accorgi che esistono le sfumature e che la politica è fatta di pancia, certo, di cose che ti si aggrovigliano nello stomaco e nella testa, ma questa necessita tempo, forme da modellare. Di pazienza, di idee e di “fare”, non di “decidere”. La vita, come il fare politica, non può essere, parafrasando Emma Bonino “il partito del mugugno”. All'inizio si procede a fare cose in modo un poco disordinato e quando arrivi al partito o hai la sensazione di voler spaccare il mondo e fare la rivoluzione, oppure hai un certo senso di imbarazzo nel proporti e partecipare. Personalmente ho provato entrambe le sensazioni, ma si sa che sono una mattacchiona.

 

Dopo un po’ ripensi e ti guardi con un po’ di tenerezza. Ti fai molti rimproveri: per la troppa ingenuità e per la troppa presunzione. Non rimpiangi nulla perché tutto serve e tutto contribuisce a costruire quello che siamo oggi. A un certo punto inizi a individuare quegli aspetti in cui ci si può davvero dare da fare: ognuno sceglie delle mission e punta a essere quanto più preparato possibile su alcune cose. A 23 anni approfondire serve per la vita e per quella formazione continua che oggi occorre soprattutto in politica, regno dell'approssimazione, ahimè. L'insoddisfazione e la curiosità è propria di chi è giovane e ha fame di sapere e di comunicare: sarebbe un errore imperdonabile se il partito si privasse di risorse tanto importanti e se tu rinunciassi alla tua impresa.

Lo spazio c’è, lo spazio lo si crea.

È circa l’una e sono tornata da poco da una breve passeggiata al circo massimo, inondato da una esposizione di centinaia di sfere colorate e luminose. Sembrava di contemplare qualcosa di tremendamente complicato, che pure dava un senso di serenità… In fondo erano solo sfere illuminate distese a centinaia lungo l’enorme prato. Tante persone a un certo punto hanno scavalcato la timida transenna e si sono perse e ritrovate in mezzo a quell’universo di colori. Sembrava uno spazio pieno, e invece doveva essere ancora popolato. E c’era posto per tutti, tanto che domani sera ci tornerò con una amica e mi sederò proprio in mezzo. Perché non vieni anche tu?

Un forte abbraccio,

 

Valeria Manieri

(da Notizie radicali, 11 settembre 2007)


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