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Valter Vecellio. Caso Cancellieri, vengono al pettine i nodi del Pd
06 Novembre 2013
   

Stefano Menichini nel suo editoriale «I democratici, il ministro e le carceri» (Europa, 5 novembre) centra perfettamente il problema, questione su cui converrebbe riflettere e cercare di ragionare. Ma prima, e preliminarmente: ancora sfugge di cosa sia esattamente colpevole il ministro Annamaria Cancellieri. Si comprende la “crociata” di Repubblica: vuole la fine del governo Letta, e per questo obiettivo tutto va bene. Ma chi al partito di Repubblica non è iscritto o militante?

Teniamoci ai fatti. Ci sono state delle intercettazioni telefoniche. C’è stato un interessamento da parte del ministro sullo stato di salute di una persona detenuta, attraverso il Dap. Il magistrato ha ascoltato il ministro. Se nelle parole e nel comportamento del ministro avesse ravvisato qualcosa di penalmente rilevante, si sarebbe attivato. Non lo ha fatto. Il procuratore di Torino Giancarlo Caselli, sul cui conto tutto si può dire, ma non che sia persona che si genuflette dinanzi a ministri e “potenti”, assicura di non aver avuto alcun tipo di pressione o interferenza. La stessa cosa dicono al Dap. Dunque?

Si obietta che la cosa è “politica”, di “costume”: perché la detenuta in questione si chiama Giulia Ligresti, un nome “eccellente”, e “amica”. E c’è chi rimprovera che non analoga attenzione e sensibilità viene mostrata nei confronti dei “poveri cristi”. Non sembra vero, e lo stesso ministro Cancellieri ha già fatto presente di essersi attivata per moltissimi altri casi, di signor Mario Rossi o Giuseppe Bianchi. Il fatto è che della salute in carcere di Mario Rossi o di Giuseppe Bianchi si occupano in pochi, e ai giornali non interessa minimamente di Mario Rossi o di Giuseppe Bianchi; i nostri giornali invece sono sempre molto interessati quando si tratta di un personaggio “eccellente”.

Nel caso specifico: eccellente o meno, venuta a conoscenza delle precarie condizioni di salute di Giulia Ligresti cosa avrebbe dovuto fare il ministro? Voltare la testa? Restare indifferente? Attendere che accadesse l’irreparabile? Cos’è insomma scandaloso, che il ministro della giustizia si sia adoperata per la tutela della salute di una persona detenuta – eccellente o no che sia poco interessa – oppure scandaloso è non occuparsene? Personalmente mi conforta che ci sia un ministro della giustizia che cerca, prova e a volte riesce a coniugare le ragioni della legge con quelle dell’umanità.

Ma del ragionamento di Menichini quello che più interessa e credo dovrebbe interessare è laddove pone la domanda: «Con quale Pd avrò a che fare fra un mese». A leggere le cronache di questi giorni non si può che rimanere esterrefatti. Uno dei candidati alle primarie, Pippo Civati, riferendosi alla situazione di Napoli dice: «Vedo che qui il Pd fa tessere al ritmo di mille al giorno, ma questo non ha senso e falsa il risultato». In provincia di Catania sospesi i congressi in tre paesi, Ognina Picanello, Santa Maria di Locodia e Camporotondo etneo, dopo aver constatato che molti si erano presentati nei circoli con persone che pagavano le tessere al posto loro. A Palermo nel giro di un paio di giorni gli iscritti sono aumentati di quattro o cinque volte rispetto al 2012. A Caserta rinviato il congresso e si ipotizza il commissariamento. Roberto Morassut spedito a “controllare” la regolarità dei congressi nel Salento, dichiara: «Nel partito sono rimasti solo gli apparati, che si combattono tramite il tesseramento». A Teramo si registra un impressionante balzo: gli iscritti nel 2012 erano poco meno di 3.200. Oggi sono quasi 9 mila. Ad Avellino arrivano i “rinforzi”: una cinquantina di nuovi iscritti risultano residenti a Casalnuovo, provincia di Napoli. E uno potrà pensare: cose che capitano nel Sud d’Italia.

A Torino gli iscritti nel 2012 erano 12mila. Oggi risultano distribuite 25mila tessere. Come si spiega? Giovanni Lunardon, spedito a indagare, la mette così: «Le 26mila tessere sono date dalla somma delle 12.347 degli iscritti del 2012, a cui si aggiungono le 4.337 bianche dei circoli, cioè il 30 per cento, la quota fisiologica date per i nuovi iscritti, poi ci sono le mille richieste del coordinamento provinciale per sopperire eventuali mancanze». Chiaro. A Torino tutti i vecchi iscritti si ri-iscrivono in automatico, nessuno che dissenta, che cambi idea, che muoia. Poi c’è un 30 per cento in bianco lasciato ai Circoli, e vai a capire perché; e poi altre mille, nel caso non sia sufficiente il 30 per cento in bianco. Solo che sommando tutto si arriva 17.684. Per arrivare a 26mila, all’appello ne mancano ancora 8mila e rotti. «Sono dei doppioni inviati per sbaglio a 29 circoli su tutta la provincia».

Fermiamoci qui, ma per ogni esempio fatto se ne potrebbero citare altri dieci. E si arriva alla domanda posta da Menichini: con quale Pd avremo a che fare fra un mese? Il “caso” Cancellieri, con tutta la coda di titubanze, tentennamenti, strumentalizzazioni, calcoli e retro-pensieri, questo stato di confusione (chiamiamola confusione) mostra e rivela.

Se per esempio Walter Veltroni, per esprimere solidarietà a Ottaviano Del Turco gli manda un biglietto con scritto: «Ti auguro di poter provare la tua innocenza», e sono certo che lo ha fatto non in buona, ma in ottima fede, io prendo atto di un virus che ci ha contagiato e di un’epidemia che si è estesa assai più di quanto si creda e appaia. Io imputato devo provare la mia innocenza? Non è l’accusa che deve provare la mia colpevolezza? È giunto il momento per il Pd di raccogliere quello che sciaguratamente e sgangheratamente è stato seminato. I nodi insomma, vengono al pettine; il problema, per dirla con Leonardo Sciascia, è: il pettine c’è?

 

Valter Vecellio

(da Notizie Radicali, 6 novembre 2013)


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