07 Giugno 2013
I radicali hanno proposto altri quattro referendum e con questi referendum entrano nel cuore della politica. È incredibile la distanza che c’è tra un partito elettoralmente minuscolo, come il partito radicale, e partiti molto più grandi e che però non riescono in nessun modo a fare lotta politica. La forza del partito radicale continua ad essere quella: la capacità di lotta e la capacità di produrre idee e politica. Cioè esattamente quello che manca a tutti gli altri partiti politici. Naturalmente non tutti i referendum sono uguali, e magari non con tutti bisogna necessariamente essere d’accordo. Però non è possibile negare che questo pacchetto di referendum costringe a misurarsi sulla politica. Diceva il Vangelo: dire sì sì, no no.
Vediamoli rapidamente. Due referendum chiedono l’abrogazione delle leggi contro gli immigrati. Sia la Bossi-Fini sia le norme che impongono l’espulsione di chi ha perduto il lavoro. Un terzo referendum propone l’abolizione della carcerazione per reati legati alla droga. Un quarto stabilisce il divorzio breve. Un quinto cancella l’automatismo per il quale l’8 per mille se non è destinato ad altri va comunque alla Chiesa cattolica. Il sesto referendum prevede l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti.
Come vedete in questi referendum c’è un pezzo di programma di governo. E c’è anche un pezzo di identità. I referendum, da soli, disegnano una identità politica libertaria. E propongono una fortissima riforma delle politiche che negli ultimi 20 anni – diciamo durante il berlusconismo – hanno trionfato e unificato centrodestra e centrosinistra. Le politiche proibizioniste, le politiche anti-immigrati, le politiche che hanno colpito i diritti civili e le libertà – solitamente per favorire gli interessi o le tendenze ideologiche del Vaticano – e infine le politiche che hanno arricchito i partiti. Personalmente, se si arriverà alla celebrazione di questi referendum, voterò sì a tutti, tranne a quello sul finanziamento dei partiti, perché io sono per riformare il finanziamento ma assolutamente contrario alla sua cancellazione (per ragioni che spiegherò un’altra volta).
Mi chiedo perché i partiti del centrosinistra non prendano nettamente posizione a favore dei referendum radicali, e non tornino, in questo modo, al centro della battaglia politica. Il vecchio, lento, conservatore e mastodontico Pci, assai meno agile, come è ovvio, dai partiti di oggi, seppe cogliere il valore rivoluzionario del referendum radicale sul divorzio, nel 1974, e seppe gettarsi nella mischia, fare del divorzio una sua battaglia politica, vincerla e, in questo modo, compiere una svolta storica che iniziò persino a modificarne la natura e che certamente modificò la natura dell’Italia.
Oggi l’abolizione delle norme razziste, contro gli immigrati, realizzate prima con la spinta del centrosinistra (la legge Turco-Napolitano) e poi aggravate con il centrodestra pressato dalla xenofobia della Lega di Bossi, è molto di più di una battaglia simbolica. Se sarà vinta sbriciolerà uno dei principi sui quali è stato costruito l’ultimo ventennio politico: il principio che le politiche si disegnano sugli interessi del più forte e anche il principio che le minoranze non contano molto perché sono minoranze. La riforma proposta dal referendum radicale può avere delle conseguenze molto forti sulla politica italiana, e rappresenta una sfida, difficile da ignorare, sia al populismo di destra sia la populismo di sinistra, sia allo stesso populismo grillino. Credo che i due referendum a favore degli immigrati siano i più importanti. Possono avere lo stesso dirompente valore culturale che ebbe nel ‘74 il referendum sul divorzio. Mi auguro che la mancata adesione di Sel, di Rifondazione e almeno di settori del Pd, sia dovuta solo a distrazione e non ad una anacronistica idiosincrasia per Marco Pannella. E tuttavia anche gli altri tre referendum (divorzio, Chiesa e antiproibizionismo) non sono affatto marginali. Tra l’altro il referendum che depenalizza i reati legati alla droga avrebbe come conseguenza una fortissima riduzione del sovraffollamento carcerario (e anche qui, chi ne beneficerebbe di più sarebbero gli immigrati).
Questo pacchetto di sei referendum precede un secondo pacchetto, che sarà presentato tra non molto, con altri cinque referendum che riguardano la giustizia, cioè il tema proibito che ha inchiodato per anni su posizioni insensate e inconcludenti i due schieramenti dei berlusconiani e degli anti-berlusconiani. E molto difficile non pensare che in Italia ci sia un’enorme problema giustizia. Per tre ragioni. La prima è che la giustizia civile non esiste, e questo danneggia moltissimo i diritti dei cittadini. La seconda è che la giustizia penale è viziata da una mancanza di garantismo e da una fortissima politicizzazione. La terza è che il potere dei magistrati è abnorme, è incontrollato ed è assolutamente discrezionale ed autoreferente non esiste in Italia nessun altro potere che sia in questo modo fuori controllo e che sia libero da ogni dipendenza con gli altri poteri – e questo rende “indifeso” ciascun cittadino non solo il politico – di fronte alla sconfinata potenza della magistratura. I referendum sono l’unica maniera per affrontare di petto la questione, restituendo al popolo, direttamente al popolo, l’iniziativa, visto che i partiti sono tutti fuorviati dal prisma di rifrazione costituito dal “pro” e “contro” Berlusconi che sta accecando l’intera politica italiana.
Piero Sansonetti
(da Gli Altri, 7 giugno 2013) |