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ROSA NEL PUGNO. Ancora appunti per un dibattito necessario
30 Maggio 2006
 

I radicali al Governo, in Parlamento, nelle istituzioni locali: riflessioni, valutazioni e prospettive politiche”. È il tema di un incontro organizzato dai compagni di Cremona, a cui hanno preso parte anche militanti e amici di altre realtà, da Piacenza a Lodi, da Brescia a Mantova, e a cui ho preso parte volentieri assieme a Michele De Lucia.

Due o tre cenni sull’universo, si potrebbe dire a proposito del tema scelto, ma evidentemente si tratta di una battuta. Il tema è invece serio, importante, urgente; e sentito. Prova ne sia che abbiamo cominciato intorno alle 16:30 e si è andati avanti fino a sera, un intervento dietro l’alto, e si trattava di interventi pensati, preparati, “costruiti”: con l’intenzione di dire e ascoltare, ragionare insieme su quello che è stato, su quello che sarà. E già solo questo voler cercare insieme delle risposte è cosa non solo utile, ma necessaria.

Per la fine della settimana è convocato il comitato di Radicali Italiani. Ma è evidente che non solo in quell’ambito, ma anche in altre sedi è opportuno discutere, ragionare, confrontarsi.

Ci troviamo nel mezzo di una fase turbolenta e tumultuosa. Le elezioni politiche sono andate come sono andate; ora è la volta delle elezioni amministrative, che come sempre sono anch’esse “politiche”, e poi c’è il referendum costituzionale, di cui poco si parla, meno ancora si sa; e che l’Unione sta affrontando con la stessa leggerezza e irresponsabilità con cui venne affrontato il referendum sulla legge 40; mentre al contrario Berlusconi, con i fatti già dimostra di considerarlo una sua possibile rivincita.

Cosa faccia, cosa sia capace di fare in questi giorni Berlusconi lo abbiamo sotto agli occhi. Il suo dire, il suo fare, il suo agitarsi all’apparenza possono sembrare quello di un esagitato che non sa e non vuole perdere; e probabilmente c’è anche questa componente. Ma c’è soprattutto del metodo, un’intelligenza dietro questa “follia” che sembra averlo afferrato. Se questo metodo, questa “follia” non darà i risultati da lui sperati, più ai meriti dell’Unione, agli errori della CdL. E qui si arriva all’Unione. In questi giorni ce ne hanno fatte sentire di tutti i colori. Un ministro diventato tale per grazia ricevuta esterna, e provoca il crollo in borsa di Alitalia, già in coma di suo. Un altro se ne esce con la confessione che Fidel Castro lo fa palpitare. Hanno appena finito di dare lo spettacolo che hanno dato nella spartizione predatoria di poltrone, seggiole e sgabelli; e ora è gara a chi dice la bestialità più grossa: si tratti di Grandi Opere, di legge Biagi, di politica estera o tasse. La sagra del dilettante, è un po’ come nella vecchia Corrida di Corrado.

Tra l’incudine della “follia” berlusconiana e il martello dell’insipienza unionista, il “fare” laico, paziente, mite, rigoroso, dei radicali, della Rosa nel Pugno. A suo tempo ce ne vennero rovesciate di ogni tipo, di ingiurie, accuse, recriminazioni: si era disgreganti, respingenti, inaffidabili, irresponsabili. Quel fine umanista che è Oliviero Diliberto una volta è giunto a parlare di noi come di “rogna”; ed è, evidentemente, titolo di cui farsene merito e vanto, una stella gialla da esibire con orgoglio.

Il nostro esser “rogna” consiste nel sostenere che l’Italia sta scontando un ritardo nella media europea, e che paesi che per un po’ sono apparsi nella nostra situazione come Francia e Germania oggi sono in ripresa, grazie a una solidità strutturale che noi ci sogniamo. I nostri problemi non erano solo congiunturali, ma strutturali, e adesso che in tutto il mondo va prefigurandosi una ripresa noi rischiamo di restare fermi.

Il nostro esser “rogna” consiste nel sostenere che il sindacato sbaglia, nella difesa corporativa e miope dei lavoratori regolari dalla concorrenza di quelli che carcerano di entrare nel mondo del lavoro. Qualche segno confortante si coglie: il responsabile lavoro dei DS Cesare Damiano dice che non è necessario e non serve riscrivere la legge Biagi, basta precisarne meglio norme che contiene. Walter Veltroni, dopo aver meritoriamente dedicato a Biagi una strada della capitale, ha scritto su La Stampa che la legge Biagi è la via giusta per favorire la crescita e l’occupazione, e magari anche per risalire da quell’avvilente 22esimo posto nella classifica europea in cui ci ha relegato l’ultimo rapporto della Banca Mondiale.

Il nostro esser “rogna” (ce lo dice bonariamente anche qualche compagno dello SDI), consiste nel non “occuparci di temi sociali, ma solo di diritti civili”.

È sempre la Banca Mondiale a dire che siamo agli ultimi posti per quel che riguarda banche, servizi finanziari, ricerca e… giustizia. Marco Pannella ormai non sa più in che lingua dire e spiegare che quella della giustizia è la prima grande, urgente emergenza del paese. Ora ce lo dice anche la Banca Mondiale. Sensibili anche loro ai diritti civili (e non sarebbe un male), o piuttosto quantificano con preoccupazione i “costi” sociali oltre che umani di questa denegata giustizia?

Droga: non è solo questione di libertà di spinello e di “canna” senza rischiare di finire in carcere. C’è anche questo, certo. Ma gli ultimi rapporti disponibili di carabinieri, polizia e guardia di finanza documentano che le mafie italiane si sono intascate qualcosa come 59 miliardi euro: 22 e passa la ‘ndrangheta; 18 e passa, Cosa Nostra; 16 e passa la camorra. Questo solo nel 2004. Per il 2005 si calcola che la “torta” arrivi ad assicurare “dividendi” per oltre 70 miliardi di euro. Chi è proibizionista e anti-legalizzazione sa chi alimenta, nutre, arricchisce.

C’è poi la madre di tutte le accuse e recriminazioni: si sarebbe troppo laici, troppo anticlericali. Ora non c’è chi non veda come, dinanzi al quotidiano susseguirsi di “moniti” e pressioni curial-vaticanesche, la questione sia diventata tremendamente ingombrante. Le questioni sul tappeto riguardano la regolamentazione della convivenza per centinaia di migliaia di persone: dalle unioni omosessuali alla ricerca scientifica per garantire la nascita di figli sani, la salute riproduttiva delle donne, il diritto a concludere con dignità la propria esistenza. Questi li chiamano diritti civili. Ma non anche diritti sociali?

Caratteristica della “rogna” radicale è quella di cercare di governare i fenomeni, e regolamentarli. Lo si è fatto con la legge sull’aborto, grazie alla quale si sono ridotte sensibilmente le interruzioni di gravidanza. E in quei paesi dove i PACS esistono, la famiglia basata sull’istituto del matrimonio non è minacciata da nulla, gode anzi di ottima salute. E ancora una volta ha ragione Pannella quando dedica tanta della sua attenzione a quell’universo cattolico che va molto oltre la curia di papa Ratzinger e del cardinal Ruini. E ce lo ha ricordato anche di recente uno dei vaticanisti più attenti, Marco Politi: «Appena si esce dai palazzi ecclesiastici e politici si avverte un’Italia ricca di religiosità, di iniziative ispirate alla fede e al contempo serenamente laica, rispettosa delle differenze, del pluralismo religioso, delle ragioni di chi non crede». È quel mondo “credente” in altro che negli ori e nel potere incensato di cui Pannella spesso parla.

C’è il tentativo insistente della gerarchia vaticana di imporre con tutti i mezzi del lobbismo e del ricatto politico, una sorta di religione di Stato; e si tratta di “roba”, di cose concrete, denaro sonante: esenzione ICI, leggi di finanziamento delle scuole private e altre istituzioni, leggi nazionali e locali. Una cosa che sarebbe utile e interessante fare è una mappatura dei finanziamenti regionali di cui il Vaticano e le strutture collegate beneficiano. Sicuramente si tratta di parecchi milioni di euro. Altro che anticlericalismo ottocentesco, qui si tratta di euro coniati nel 2000.

C’è dunque necessità di dotarsi di strumenti nuovi per le ambiziose sfide che abbiamo lanciato e lanceremo. Dobbiamo comprendere cosa fare degli “utensili” di cui già siamo dotati, come convertirli e trasformarli, quali regole e statuti darci. Le forme organizzative di cui ci dobbiamo e vogliamo dotare, i rapporti politici, gli impegni, le scadenze e le urgenze. È davvero una fitta agenda, quella che ci attende.

Da ultimo, ma non ultima, la questione “solita” dell’informazione, del diritto a conoscere per deliberare di einaudiana memoria. Un solo esempio, tra i tanti che si potrebbero fare. Per la prima volta nella storia del Partito un radicale ha assunto una responsabilità di governo, se non si considera l’eccezione di Ernesto Rossi, sottosegretario nel dopo-guerra, chiamato da Ferruccio Parri. Per la prima volta, a cinquant’anni dalla sua nascita, i radicali fanno parte organicamente di una maggioranza di governo. Che nessuno, tra le televisioni e i giornali, si sia accorto dell’evento, e mosso da curiosità, si preoccupi di chiedere e far sapere che intenzioni ha Emma Bonino, cosa si propone e cosa intende fare, è anche questo un segno significativo, “spia” e sintomo di una situazione con cui dobbiamo fare i conti, oggi e domani come ieri.


Gualtiero Vecellio

(da Notizie radicali, 29/05/2006)


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