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Paolo Diodati. Dei ns. Presidenti “migliori” 
Una non breve risposta al quesito su Napolitano
04 Ottobre 2018
 

Caro “Scaccia”,

con la tenuissima speranza che questa mia, dopo tanto tempo (il commento di Vittorio Scaccia è stato inserito il 06/01/2015, ndr), possa raggiungerla, ecco le mie considerazioni sulla sua domanda.

Era prevedibile che chi non aveva mai apprezzato il Napolitano onorevole, Vittorio Feltri e Marco Travaglio, tanto per citare due noti giornalisti e opinionisti molto gettonati, avrebbe continuato a criticarlo, anche da Presidente.

Non era, forse, prevedibile il feroce livello di odio, esploso in modo violento e primitivo, in occasione del suo malore e dell’intervento al cuore. Blog e giornali hanno ricevuto impubblicabili volgarità con auguri di morte. Mi sembra ovvio che, per questi, Napolitano sia stato il peggiore. Altrettanto ovvio, però, che la loro opinione non possa far testo.

I punti di vista di Vittorio Feltri e Marco Travaglio, sono molto diffusi. Riassumono gli argomenti che possiamo sentire tra i nostri amici colti, incolti o coltissimi e ritrovare con diverse sfumature e vari livelli di acredine, in tutti gli altri commentatori critici con Napolitano.

Alle incrollabili e indiscutibili certezze del “tutto nero” di Feltri e Travaglio, preferisco la pacata analisi di opinionisti come Antonio Polito, Pierluigi Battista, Ernesto Galli della Loggia, per i quali tra il bianco e il nero esistono diversi colori intermedi. Il vedere un colore intermedio non è apprezzato dai sostenitori del “tutto nero”. Non a caso abbiamo assistito al brutale attacco sferrato da Travaglio contro il pacifico Battista, costretto a constatare che il freddo ma infiammabile collega “non argomenta, ma mena”. Affermazione che dimostra quanto l’aggressività di Travaglio faccia perdere le staffe anche a giornalisti abituati a polemiche e duri scontri. Infatti Battista avrebbe dovuto constatare che Travaglio “argomenta menando”.

Vittorio Feltri ha scritto, come esempio emblematico di stroncatura totale, l’articolo “Napolitano, il bacio della morte: non ne ha azzeccata una”.

Anche Marco Travaglio lo critica a tutto campo: ha difeso i poteri finanziari, unico dirigente di un partito comunista ad essere invitato negli USA, tanto da finire etichettato come l’uomo degli americani, ecc. Chi fosse interessato ad approfondire le sue critiche argomentate menando, non ha che da documentarsi sulle continue bocciature e nel non voler vedere “la stella Polare” del politico Napolitano: l’unione della sinistra e la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa. Travaglio pretenderebbe che Napolitano avesse avuto questi obiettivi chiari, già a 17 anni!

A sinistra c’è ancora chi continua a dire “Ha da veni’ Baffone!” Per questi, e tanti altri, Napolitano è stato una specie di Renzi: un corpo estraneo al PCI. Perché per il comunista doc, chi era un po’ più liberale, cioè meno statalista o stalinista e più tollerante con le idee altrui, era considerato un intruso da tenere a distanza. La sua fissazione per i miglioristi e l’unione della sinistra, l’hanno vista come la tomba del comunismo, la rovina del PD. Ricordo le continue liti tra due amici pesaresi. Uno, Giorgio Tornati, del PCI, poi eletto sindaco di Pesaro e Franco Brancorsini, socialista nenniano. Dopo estenuanti e ripetitive discussioni “dotte”, passavano a toni da bar… che degeneravano in liti furibonde. La conclusione era sempre la stessa. Il futuro sindaco troncava la rissa urlando “Ma va a fdenti ‘n tel… tu e quel fasista de Nenni!” Io, più piccolo e meno politicizzato di loro, mi azzardai una sola volta a difendere sia Saragat che Napolitano, attirandomi gli improperi più cocenti da tutti e due… Questo ricordo fotografa il disprezzo, tipico dei compagni, per il compagno che si ritiene più moderato e quindi più a destra… Perché ci vuole un bel coraggio a dare del fascista a uno come Nenni! Figuratevi un po’ cosa arrivavano a dire “i compagni più compagni”, della linea politica dei comunisti miglioristi

Per il comunista, ma anche per tantissimi a destra, Napolitano è stato sempre e solo una pedina dei poteri forti. E, messi alle strette su quali sarebbero i poteri forti, finiscono inevitabilmente col parlare di banche e massoneria, tornando alla storia del comunista dirigente del più grande partito comunista occidentale, invitato ripetutamente negli USA. Monti sarebbe stato suggerito a Napolitano dai padroni delle banche, gli americani lo avrebbero spinto alla guerra, ecc.

Per chi lo vede da destra, alla fine di continui distinguo, Napolitano, oltre a essere manovrato dai poteri forti, è rimasto sempre il comunista che ha ingoiato anche i peggiori rospi, prima per obbedienza a Mosca e, dopo, per essere stato sempre in sintonia con i compagni, facendo l’unica cosa che sapesse fare: combattere i nemici politici. Quindi, guerra a Berlusconi, al berlusconismo, colpi di stato chiamando alla Presidenza del Consiglio gente non votata, come Monti, nominato di corsa anche senatore a vita, accordi con Fini contro Berlusconi (Fini finì per fini non fini)… fino ad arrivare a spingere un Berlusconi in crisi e sul punto di lasciare la patata bollente dimettendosi, a entrare in guerra contro il suo amico Gheddafi! Da destra si è arrivati a sostenere, come Salvini, che Napolitano andrebbe processato! Con Berlusconi contrario alla guerra, siamo finiti nel grottesco: la destra, considerata nazionalista e guerrafondaia, che viene derisa dai giornali di sinistra, vista la riluttanza di Berlusconi a entrare in guerra e lui, Napolitano, il comunista, che spinge a bombardare la Libia, dopo che l’altro comunista (D’Alema) aveva addirittura fatto bombardare il Kosovo! L’avesse fatte Berlusconi queste guerre, si incalza da destra, apriti cielo! La solita conclusione: solo la sinistra può permettersi di fare una politica di destra.

Quindi, da posizioni estreme e, sembrerebbe, preconcette, come quelle ricordate di Feltri e Travaglio, (che probabilità ha un politico di sbagliare proprio tutto?) tipiche e diffuse a destra e a sinistra, concordi nel presentare il curriculum di Napolitano sempre sotto una luce negativa, era prevedibile un giudizio negativo, fino a definirlo, dopo i 9 anni, come il peggior Presidente della storia repubblicana! Penso che, magari tra diverse decine di anni, la Storia considerando le difficilissime condizioni politiche nazionali e internazionali della sua presidenza, la considererà innovativa, lungimirante e… quasi perfetta.

Venendo al dunque, riassumendo, le colpe più grandi che gli si addebitano, sono:

1) Il comportamento avuto in occasione del processo Stato-mafia, prima di accettare di rispondere a tutte le domande, senza limiti di riservatezza.

2) Di fronte alle dimissioni dell’azzoppato e rassegnato Berlusconi, non aver sciolto le camere per ricorrere alle elezioni anticipate e di essersi intestardito con i governi Monti, Letta, Renzi.

3) Aver “trafficato” per far scendere l’Italia in guerra contro la Libia.

Entrare nel merito della prima accusa (tentativo di sottrarsi alla deposizione, con richiesta di distruggere le registrazioni di telefonate) richiederebbe un lungo approfondimento di episodi, posizioni, ipotesi, retroscene, puntualizzazioni che renderebbero questa risposta eccessivamente lunga restando, comunque, non sufficientemente approfondita e quindi, insoddisfacente. Mi limiterò allora a dare un giudizio sintetico. Il presunto tentativo di “insabbiamento” di presunte prove che potessero coinvolgerlo nella “trattativa Stato-mafia”, era un tentativo di non far aumentare l’inutile polverone già esistente, dando in pasto alla stampa conversazioni private di nessun rilievo sostanziale. E certa stampa, tendeva a presentare Napolitano non come testimone di possibili fatti rilevanti, ma come imputato. Sul porre un freno alla divulgazione di fiumi di inutili chiacchiere, esclusi parecchi giornalisti che si nutrono di pettegolezzi e dietrologie, c’è sempre maggiore accordo. Nonostante queste motivazioni comprensibili, la sua richiesta di distruzione delle registrazioni, se davvero ci fu e fu ufficiale, fu un errore. So per certo che pur stimando Prodi, anche perché del gruppo di Andreatta (democristiani di sinistra) riconosceva i suoi limiti di comunicatore e non ritenesse che fosse la scelta migliore candidarlo contro Berlusconi. Giudizio sicuramente espresso in alcune conversazioni amichevoli che, divulgate, avrebbero sicuramente e inutilmente sollevato sterili reazioni polemiche. Ma molto meglio affrontare tali reazioni, che giustificare illazioni e sospetti sul perché della richiesta di distruggere il chiacchiericcio delle telefonate. Nelle sue deposizioni, accettò infine di rispondere a tutte le domande, senza limite di riservatezza. Non usò mai la parola “trattativa”, ma ammise che lo Stato era a conoscenza di contatti con l’ala mafiosa più moderata. Secondo certa stampa, dette al processo un contributo determinante dicendo, secondo chi non voleva assolutamente vederlo colpevole di chissà quali misfatti, quello che tutti in Italia, sapevamo. Le sue parole poi, riferite alle minacce di morte, ricevute da Presidente della Camera, assieme al presidente del Senato Spadolini (“non mi hanno mai impressionato, perché chi svolge quei ruoli non deve aver paura di minacce simili”) non erano frutto di retorica.

Passando alla seconda colpa, fece bene a non sciogliere le camere e a non indire nuove elezioni, per due motivi.

Tra gli argomenti forti che Berlusconi aveva sostenuto dalla discesa in campo e in ogni campagna elettorale, c’era la critica, condivisibile, all’eccessiva breve durata dei governi e quindi delle legislature. La proposta di non considerare come normalità indire elezioni anticipate quasi a ogni crisi di governo, vedeva d’accordo la destra e gran parte della sinistra. Perché era ed è ovvio che in meno di un anno di durata media dei governi pre-Berlusconi, un nuovo governo non aveva nemmeno il tempo di “conoscere la macchina dei tecnocrati”, di importanza vitale per il funzionamento del governo.

Ma, ragione ancora più forte, c’era la quasi certezza che, indicendo nuove elezioni, si sarebbe verificato un nuovo cambio di maggioranza, come stava avvenendo dalla nascita di Forza Italia. Chi aveva governato, perdeva le elezioni. Avrebbe quindi vinto di nuovo il centro sinistra, ricompattato magari ancora da Prodi… e di nuovo con una maggioranza risicata, come la volta precedente: maggioranza al senato, per appena due voti. E Prodi avrebbe ricommesso il grossolano errore storico, già commesso quando aveva vinto per una manciata di voti: rifiutare l’unica soluzione ragionevole in caso di stallo duraturo, tra due gruppi politici contrapposti e numericamente dello stesso peso, il famoso “tavolo dei volonterosi”. Non avesse sdegnosamente impedito l’attività di quel tavolo, ora non saremmo nella condizione paralizzante di oggi. L’idea di allora era così semplice, buona e obbligata, che Il tavolo dei volonterosi è stato messo su quest’anno da due forze, M5S e Lega, che s’erano combattute e insultate a sangue, prima delle elezioni. Hanno trovato un accordo sul massimo (quasi coincidente col minimo) che avrebbero potuto fare insieme. Per non impegnarsi troppo e non perdere elettori, hanno tirato in ballo una formula nuova: la firma di un contratto. Cioè, realizzati i punti, fine del contratto. Ma l’effetto Salvini e La corazzata Potëmkin (solo così si spiega il raddoppio delle intenzioni di voto della Lega, vedi Affaritaliani), ha fatto prendere una piega molto particolare al quadro politico. PD e FI non ancora si accorgono che M5S e Lega hanno fatto proprie idee e tecniche che erano di sinistra o di destra, lasciando l’opposizione nel vuoto ideologico. Risultato: continuano a perdere consensi e rischiano di scomparire. Infatti Zingaretti propone un ennesimo cambio di nome e a destra si vocifera di un accordo Salvini-Meloni per far fuori l’evidente velleitaria megalomania senile di Berlusconi che assomiglia sempre più a un cinese rinseccolito e rallentato.

A chi lo accusa di aver allora violato e stravolto la nostra Costituzione, chiamando Monti, Letta e permettendo o favorendo l’ascesa di Renzi, trasformando una repubblica in una monarchia, rispondo con le parole di Ernesto Galli della Loggia, che certamente non è stato mai tenero con lui (basta leggere il famoso articolo di fondo del Corriere in cui lo accusa, ingiustamente, di aver fatto cadere nel vuoto la disperata lettera di commiato scritta da Moroni prima di suicidarsi): “Ha portato all’estremo i poteri che la Costituzione attribuisce al Capo dello Stato”.

A chi gli addebita la responsabilità di aver spinto l’Italia a partecipare alla guerra in Libia, ricordo che, anche se fosse vera la sua posizione interventista, per non danneggiare gli interessi italiani in Libia, e per non favorire di fatto la concorrenza francese, la decisione di partecipare alla guerra fu votata, a stragrande maggioranza, dal Parlamento. Fu voluta dal centrosinistra e dal centrodestra. In pratica, da tutti. Gli italiani, di destra e di sinistra, si assumano in toto la responsabilità dei loro discorsi, degli articoli, delle votazioni.

Certo, a Napolitano si può rimproverare di aver ufficialmente taciuto, in occasione dell’intervento in Libia. Puntualizzò, rispondendo a chi lo accusava d’aver spinto per la guerra, “ubbidendo agli americani”, che… alla fine era d’accordo, obtorto collo, anche Berlusconi.

Ricordo che aspettai invano una sua definizione di quell’intervento così come doveva essere giudicato da tutte le persone sagge: una pazzia dalle conseguenze imprevedibili. Non credo che un suo dissenso reiterato e pubblico avrebbe avuto grandi conseguenze ma, ripeto, il suo appoggio o il suo silenzio, giustificano un’inevitabile critica che credo gli si debba muovere.

Avendo io firmato, dai tempi liceali, tutti gli appelli e le iniziative a favore della costruzione dell'Unione Europea, la posizione migliorista e infine europeista di Napolitano mi ha fatto apprezzare sia il suo essere “il socialdemocratico del PCI”, sia la sua evoluzione politica. Ho apprezzato, addirittura, il suo inutile e “scandaloso” tentativo di far confluire in un unico partito, finalmente, PCI, partitini satelliti e PSI di Craxi. Aveva visto giusto, con decenni di anticipo, quello che gente come Grasso, Bersani, Boldrini, Speranza e compagnia bella, non riescono a capire, neanche come dolorosa lezione storica ricavata dalle continue scissioni. E cioè che la rovina della sinistra, da sempre, è sempre la stessa: la litigiosità interna che parte da distinguo politici che a distanza di tempo nessuno ricorda (perché fu fondato il PSIUP? Chi ricorda perché nacquero partiti come il PSIUP, PDUP, la Quercia, l'Ulivo, il PSU, il PDS, il PD? Chi ricorda le ragioni della scissione tra PSI e PSDI? Che fine fece il PSU?) e diventa poi incompatibilità personale. Incompatibilità che con la nascita di LeU, forse ha battuto il record di pochezza nella motivazione: un nuovo partito nato contro una persona.

Per quanto riguarda il tipo d’Europa attualmente realizzato, il realismo deve portare a pazientare per la messa a punto migliore della costruzione degli Stati Uniti d’Europa.

In conclusione, anche per il periodo di particolare turbolenza politica, la sua è stata, senza dubbio, la Presidenza… più presidenziale. È questo il motivo per cui è stato definito Re Giorgio, e non in senso ironico o dispregiativo. Appellativo che sta a dimostrare quanto si sia distinto dai precedenti.

L’unico a essere pregato, alla soglia dei 90 anni, per un terzo mandato. A dimostrazione dell’eccezionalità del momento storico, ma anche della persona.

 

Paolo Diodati


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