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Bruna Spagnuolo: Uranio impoverito (I - Mondo ‘civile’/ quale umanità…)
10 Marzo 2009
 

Indice: Introduzione/ DU come Dolore Universale (ovvero come Disumanizzata Umanità)/ L’allarme-vittime tra i militari (e l’assurda malafede delle ‘istituzioni’- con i minuscola)/ La morte esportata sotto ‘spoglie’ (tanto dolosamente mentite quanto inutilmente smentite)/ ‘NOMI e COGNOMI’ dei ‘mandanti’ del crimine chiamato uranio impoverito/ I vaccini trasformati in orrore del secolo e la conclusione della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito/ Conferme al contenuto del presente saggio/ Conclusione (richiesta di aiuto)

 

 

Introduzione

 

Ho coniato il termine ‘genobaca’, parecchi articoli fa. Non è scaduto. È sempre valido e più che mai attribuibile ai legittimi proprietari dal gene bacato, ovvero agli umani che contro l’umanità commettono ogni genere di crimine inimmaginabile e innominabile. Il grande Manzoni, quando ha tracciato, nel suo inimitabile capolavoro, le linee magnifiche de ‘l’innominato’ non avrebbe potuto immaginare che sarebbe giunto un tempo in cui quel personaggio spaventoso sarebbe apparso ingenuo, nel confronto con i criminali contemporanei che, lungi dal processo catartico salvifico foriero di pentimento (e di redenzione) avrebbero raggiunto livelli così abnormi di orrori da oltrepassare il limite oltre il quale l’umanità scompare.

I tempi in cui il mondo ha imparato a fregiarsi di ‘fiori all’occhiello’ come genocidi senza frontiere ‘firmati’ da intere nazioni sono i più bui che il genere umano potesse augurarsi. Direi che tutto il male possibile sia stato commesso, che il fondo sia stato toccato e che sia tempo di smettere di scivolare verso il basso, di uscire dallo slumber allucinato e malefico e di ridisegnare i contorni del mondo (interiore prima che esteriore/ umano prima che geografico). Ritengo, però, che, per uscire dal baratro, sia necessario, prima di tutto, che gli uomini smettano di vederlo come una prateria, si tolgano gli occhiali distorcenti e vedano, finalmente, la voragine immane in cui si sono cacciati. È necessario che i popoli ‘civili’ smettano, per una volta (e per il tempo che occorrerà a vederci chiaro), di lasciarsi dopare dalla finzione di benessere e prendano coscienza delle storture terribili, dei misfatti globalizzati, delle brutture micidiali, dei crimini contro l’umanità di cui si sono macchiati. Potranno, allora e allora soltanto, tentare di risalire la china, vergognandosi e adoperandosi (non per porre rimedio, perché troppe sono le nefandezze irrimediabili) per non macchiarsi di stragi senza perdono nel presente e nel futuro.

 

 

DU come Dolore Universale

(ovvero come Disumanizzata Umanità)

 

Certe realtà sembrano nascere dal nulla, per colpire al cuore l’umanità e trasformarla in un ammasso di cyborg senz’anima. L’avvento dell’era nucleare è una di queste realtà. L’ltalia (come il resto del mondo) ha imparato a temerla, ma non l’ha messa in relazione con i fatti ‘spiccioli’ delle politiche/guerre internazionali fino a quando uno dei metalli pesanti (radioattivi), d’uso nucleare, non è stato associato ai Balcani e alla salute dei militari lì dislocati.

La gente ha ignorato il tradimento contro la vita progettato lucidamente dalle menti criminali degl’individui maledetti cui va il titolo onorifico di ‘inventori’ delle armi più subdole mai concepite: quelle all’uranio impoverito (detto DU, da Depleted Uranium). Lo hanno ignorato i soldati di pace dell’Italia, degli USA e del resto del mondo (convinti del fatto che le istituzioni li avrebbero informati delle ‘insidie’ invisibili, se ce ne fossero state, così come li avevano, generalmente, informati di quelle visibili). Lo hanno ignorato i Kosovari, grati di poter tornare nella loro terra ‘liberata’ (e di poter ricostruire le loro abitazioni, con tanto di uranio incorporato nel pavimento delle stanze e con tanto di opzione-cancro da vivere giorno per giorno con la gioia ignara dell’esule che finalmente è a casa). La parola uranio è venuta fuori, a sorpresa, quando i primi soldati hanno cominciato ad ammalarsi e a morire. Le missioni Un in Kosovo e l’organizzazione mondiale per la Sanità sono sempre state a conoscenza della presenza dell’uranio impoverito in Kosovo (bombardato nel 1999) e hanno sempre detto di ritenere che esso non comportasse ‘alto’ rischio per la popolazione del luogo (degli altri esseri umani lì condotti in missione di pace non si sono presa la briga di preoccuparsi neppure di striscio). Il livello di quel ‘brutto’ attributo (‘alto’) lo hanno minimizzato ritenendo che l’incidenza della leucemia in Kosovo, dopo i bombardamenti della NATO, non avesse subito alcun incremento. L’urlo di ribellione (che sale e cresce e che vorrebbe farsi fulmine dell’onnipotente Giove della mitologia) non riesce a inghiottire quella guerra ‘umanitaria’ della NATO e ancor meno quella menzogna (basata su un tragico abbaglio dovuto a ‘statistiche’ viziate da carenza di registri’ e da valutazioni tragicamente approssimate per difetto). ‘Quella’ guerra non si può più ‘richiamare’ e annullare (come tutte le altre…), ma ‘quella’ menzogna ha mietuto un numero infinito di vite umane e ha continuato a mieterne tante ‘che di più non si può’, perché si è spinta fino a dire che l’incidenza dei tumori non solo non avesse subito incrementi ma fosse addirittura calata rispetto al 1997 e al 1998 (vorrei che l’ira funesta dei mitici numi lasciasse la sua olimpica collocazione tra Tessaglia e Macedonia e andasse a fare giustizia dov’è dovuta!). La paura si allargò, nonostante, i dolosi tentativi di contenerla, all’Europa e non solo, tra il 2000 e il 2001. Il governo italiano chiese (indovinate un po’ a chi?!?) alla NATO informativa precisa circa i siti della Bosnia bersagliati con munizioni all’uranio impoverito. La NATO rispose, affrontando, a Bruxelles, il ‘tema’ dei proiettili al DU. Il portavoce della Nato, Mark Leith, minimizzò e cincischiò, dicendo che occorrevano indagini scientifiche e ‘tempo’ (proprio ciò che stava cercando di guadagnare mentendo diabolicamente) per ‘accertare’ se esistesse un legame tra l’utilizzo dei proiettili prodotti con uranio impoverito e la ‘cosiddetta’ sindrome dei Balcani. Leith rifiutò di commentare la richiesta di moratoria dei proiettili all’uranio impoverito chiesta da più esponenti del summit e dall’allora presidente della Commissione UE Romano Prodi.

La verità venne calpestata, con incredibile faccia tosta, in quel contesto, come in tutti i contesti infiltrati dai tentacoli-interessi overpowering delle onnipotenti mafie-ragion di Stato invincibili e stritolanti; con la verità venne calpestata la vita di tanti innocenti… Il mondo, anziché inorridire davanti all’evidente malafede della Nato, accettò il placebo e trovò comodo farsene coperte in cui mettere a nanna le spine delle pungenti preoccupazioni per i tanti ‘figli di mamma’ (e di papà e di famiglie normali) che avevano lasciato le loro case e, mettendo in valigia le loro divise e i loro ideali, si erano recati nei Balcani in missione di pace (a condividere con la gente locale ben più del rischio delle tensioni etniche…).

È impossibile risalire all’elenco infinito di Kosovari e Bosniaci che sono morti di cancro nei Balcani e ciò è triste oltre ogni limite, ma ancora più triste è rendersi conto di quanto la verità sia sotto gli occhi di tutti e di quanto soltanto in pochi la vedano…

Il network della sicurezza GrNews.it, pubblicò un documento “non classificato” della Nato (2 Agosto 1996). Era una direttiva ACE (Allied Command Europe). Il contenuto riportava quanto segue: «… tra i principali rischi a lungo termine per i soldati esposti alle radiazioni vi è quello di contrarre il cancro» ed enunciava ‘una serie di accorgimenti da adottare’. Classificato o non classificato, quel documento ‘si perse’ non si sa in quali meandri, ma sicuramente non giunse all’opinione pubblica (e a chi rischiava la vita).

La verità sull’uranio impoverito venne ‘custodita’ con le unghie e con i denti dalle istituzioni, tanto che, alcune componenti politiche definirono, nel recente 2007, la questione «un muro di gomma». GrNews, il 04 gennaio 2007 fece sapere che una crocerossina e un ufficiale si erano ammalati in Puglia, per (‘probabile’) contaminazione da uranio impoverito e che andavano ad aggiungersi a un elenco già lungo di altri casi ‘pugliesi’ (Calcagni, Pilloni, Di Giacobbe, Antonaci, Maramarco, D'Alicandro, La Monaca) tutti fatti passare come coincidenze ‘casuali’.

Il 7 gennaio dello stesso anno GrNews rese noto che il 22 novembre del 1999 il colonnello Osvaldo Bizzari dell’Esercito Italiano aveva firmato le norme emanate dalla Forza Multilaterale. Dette norme prevedevano l’uso da parte dei militari di tute, maschere e occhiali contro le polveri sottili da uranio impoverito. Tali accorgimenti non furono mai adottati (e viene voglia di domandarsi: “Perché, in nome di Dio, perché?”). Gli Americani avevano adottato le stesse norme in Somalia, nel 1993, le istituzioni italiane sapevano bene che cosa era in gioco; se avessero avuto delle ‘dimenticanze’ o delle ‘senilità’ precoci o reali, avrebbero potuto ‘rinfrescarsi’ la memoria facilmente, rileggendo le disposizioni in questione, che dicevano chiaramente, senza possibilità di misunderstanding: «inalazioni di polveri insolubili di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati». Tutto ciò sarebbe semplicemente demenziale, se non fosse costato vite umane preziose e ‘non rimpiazzabili’ (come sarebbero state, invece, le tute che sono state ‘risparmiate’). Così poco valutava la vita il governo? Tanto poco contano gli esseri umani (e gli esseri umani su cui le istituzioni investono reclutamento/addestramento/mantenimento)…? In quale ‘nodo’ burocratico sono rimaste inceppate le tute (o non sono rimaste inceppate e sono state semplicemente negate appositamente per giocare alla sisal con le vite dei figli dell’Italia)?!? Si cerchi chi è responsabile di tutto questo e… gli s’infligga la peggiore delle pene (se mi si permette la franchezza, questi sono i casi in cui la mia mitezza scompare…)!

GrNews (e Falco Accame), con la sua inchiesta sui casi in questione, ha reso un servigio alla società, con una diffusione senza precedenti sulle agenzie di stampa, sui quotidiani (L’Avvenire/ Il Manifesto/ Liberazione/ La Padania/ Il Giorno/ Il Resto del Carlino/ La Nazione/ Corriere.it/ Repubblica.it) e sui canali Tv regionali, ecc. Colei che sarebbe stata Presidente della Commissione di inchiesta (Deliberazione 11 ottobre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2006) sull'uranio impoverito, Lidia Menapace, in una lettera a GrNews, lamentava nel 2007, gl’insopportabili ritardi negli inizi dei lavori (che più di ‘qualcuno’ ostacolava con forza).

Il 18 dicembre del 2007, GrNews riportò la testimonianza di un militare dell’Unità italiana che guidava la missione in Libano: «Nessun equipaggiamento particolare da utilizzare in eventuali contatti con zone o veicoli contaminati dall'uranio impoverito». Le agenzie di stampa ripresero le parole del militare, ma le istituzioni ancora una volta si trincerarono dietro il loro doloso muro di gomma. Tutto ciò è semplicemente inaccettabile.

 

 

L’allarme-vittime tra i militari

(e l’assurda malafede delle ‘istituzioni’- con i minuscola)

 

La gente non avrebbe mai scoperto fino a quale punto il potere e l’interesse materiale possa corrompere i governi (e gli esseri umani che ne fanno parte), se l’allarme non avesse toccato le nazioni sotto forma di ferite inflitte alle famiglie, con mali terribili, morte di figli amati (e malformazioni di bambini). Colpendo al cuore la società mondiale, con la scomparsa di volti umani che avevano indossato una divisa e avevano servito ‘la patria’, l’uranio impoverito assurse agli onori della cronaca (e tolse la maschera a coloro che ne erano responsabili). Il mondo sbalordì e cominciò a piangere i suoi morti.

Il soldato spagnolo José Luis Martos, che aveva prestato servizio in Bosnia, morì a circa tre mesi dalla farsa inflitta da Leith al mondo (che gliela permise). Era partito sano e forte. Tornò ai suoi affetti e alla sua patria con un cancro allo stomaco e con metastasi alla colonna vertebrale. Ne diede l’annuncio la stampa nelle Asturie e in tutta la Spagna. El Mundo scrisse che erano ben 8 i soldati e i volontari spagnoli ammalatisi di cancro per aver passato pochi mesi in Kosovo e in Bosnia.

 

Morì, nello stesso periodo, in Portogallo, un parà dell’esercito portoghese che era stato nei Balcani; altri due militari portoghesi furono vittime di leucemia, al ritorno da quella stessa missione. Il premier portoghese, Antonio Guterres, di fronte alla quarta vittima della sindrome dei Balcani ritenne giunto “il momento di smetterla di fidarsi”.

 

Il primo soldato che fu vittima della sindrome dei Balcani in Germania (al ritorno dalla Bosnia) fu ignorato dalle istituzioni (che misero il suo caso a tacere perentoriamente). La vita stroncata (di un singolo o di molti) è un universo spezzato che duole nelle viscere dell’umanità ‘normale’, ma che non ha alfabeti per i vertici del ‘comando’ (delle nazioni): come potrebbe? Essi già sanno in quale ‘teatro’ mandano i loro uomini (perché sanno di aver contribuito a creare tale ‘teatro’) e nulla dicono al popolo che li ha eletti (e…, purtroppo, non cadono fulminati da nessun infarto punitivo, neanche quando mentono spudoratamente e fingono ‘vicinanza’ alle famiglie, ben sapendo di averne mandato a morire i figli).

 

Coloro che hanno le mani tutt’altro che pulite, per aver ‘mangiato’ alla mensa imbandita da chi aveva trasformato la morte camuffata da guerra umanitaria in uno smaltimento-affare d’oro delle scorie letali si sono vestiti e si vestono di espressioni dignitose e compunte e recitano che è “molto improbabile un collegamento tra la leucemia e le altre forme tumorali e l’uranio impoverito usato ‘dagli Americani’ nei Balcani”. Coloro che si uniformano a tale ‘linea’ o sono conniventi per le misteriose vie del dio denaro o lo sono per dabbenaggine e ottusità.

6 furono i militari morti per la sindrome dei Balcani in Italia, entro il 2001. Tutti furono ‘archiviati’ con la inaccettabile ‘motivazione’-placebo delle fasi “di accertamenti, per stabilire una precisa relazione” tra loro e i Balcani, id est l’uranio impoverito, le nanopolveri, la radioattività inalati/mangiati/assorbiti in un luogo trasformato dai bombardamenti in “una piccola Chernobyl”. 14 erano, entro il 2001, i militari malati che avevano reso pubblica la loro malattia e molti quelli affidatisi alle autorità militari che ne avevano caldeggiato il silenzio e non avevano fornito alla stampa i ‘numeri’ delle ‘epopee’ (non riconosciute dallo Stato). È difficile accettare l’idea che lo Stato, del quale quegli uomini avevano indossato la divisa e del quale avevano eseguito gli ordini quando si erano recati, come vittime ignare, in un luogo contaminato, abbia avuto il coraggio di rinnegarli (ma si capisce bene in nome di quale ‘lealtà’).

I numeri, da allora, purtroppo, sono di gran lunga aumentati.

Angelo Mastrandrea, in un articolo intitolato “Vittime delle armi all’uranio” scrisse che si erano ammalati almeno 263 militari e che 23 erano morti; tra essi Luca Sepe (tornato dal Kosovo con un linfoma) la cui fidanzata aveva subito un aborto, e Antonacci, il cui padre, come molti altri familiari delle vittime, aveva lamentato l’assenza dello Stato e il mancato dovuto riconoscimento a quei ragazzi tanto eroi quanto i caduti di Nassiriya.

Walter Falgio, il 3 luglio 2004, citando come fonte Liberazione (30 giugno 2004), pubblicò un articolo dal titolo: “Dall’Iraq al Celio malati di uranio/ Diciannove ricoveri sospetti all'ospedale militare di Roma. Nessuna smentita”.

 

La senatrice Franca Rame, nel 2007, scrisse a tutti i giornali, per informarli che un altro militare italiano, Giorgio Parlangeli, di 28 anni, leccese, caporal maggiore scelto del 4° Genova cavalleria di Udine, sposato da 3 anni era morto dopo due missioni in Kosovo (con lui saliva a 46 il numero dei soldati italiani morti di cancro dopo le missioni in quelle zone; mentre gli ammalati erano, a quell’epoca, 516). Soltanto Comincialitalia.net raccolse il suo appello a divulgare la notizia, perché, forse, ormai una vita in più o in meno che si spegneva non faceva notizia: la gente si assuefa alle informazioni ‘sgradite’ e, dopo un po’, se ne disinteressa (rifugiandosi in una sorta di autodifesa inconscia). Le brutte cose continuano ad accadere sotto il cielo, forse anche per questo (anzi, senza forse). Che Parlangeli, come altri giovani di belle speranze, abbia perduto la vita (con tutte le porte ancora spalancate su un futuro promettente) non ha cambiato nulla, non ha smosso nulla e… nessuno (perché il pericolo immediato trova sempre un uditorio attento, ma quello che si prolunga nel tempo perde per strada le folle e si ritrova con pochi occhi-orecchie al seguito o completamente nel vuoto). La gente che avesse un po’ di sensibilità fu sconcertata, come Franca Rame, nel rendersi conto di quanto assurdo fosse che il presidente della Repubblica riconoscesse i diritti ai ‘caduti’ sul lavoro, nelle fabbriche e nei cantieri vari, e li negasse ai servitori dello Stato (che perdevano la vita in una missione di pace). Tutto ciò era assurdo, infatti, e contrastava con precise ‘direttive di tutela’ dei militari, ma non è la sola nota stridente nel rapporto tra istituzioni e soldati di pace: è accaduto anche che, nel tentativo di immunizzare i militari contro malattie secondarie/ superabili, s’inoculassero vaccini capaci di innescare processi tumorali. È il colmo dei colmi… (ed è davvero troppo). Si è tergiversato, anche in quel caso, per non ammettere le responsabilità e tutto è stato accantonato senza vere certezze, ma nei vaccini sono presenti (seppure in quantità piccole), insieme ad antibiotici, formaldeide, monossido di glutammato, sodio metabisolfito, dei metalli pesanti. Il molto discusso Thimerosal, che è un composto di mercurio, non viene più usato (così si dice, ma non ne sarei così sicura, perché le case farmaceutiche hanno dimostrato una spaventosa tendenza a dichiarazioni tutt’altro che vere e un ‘pelo sullo stomaco’ che può spingersi fino a sperimentare medicinali pericolosi sull’infanzia dei paesi poveri). L’alluminio, però, viene dichiaratamente utilizzato (sotto forma di Sali), come ‘adiuvante’, per ‘potenziare la risposta immunitaria’. Gli adiuvanti possono ‘essere chiamati in causa’ nell’insorgenza dei tumori (lo dice il Dr Antonietta M. Gatti). Tutto ciò è assurdo quanto la contaminazione volontaria dell’habitat umano…

Il pericolo era, è, resterà alto per vari decenni nelle terre (come il Kosovo) bombardate con uranio impoverito. L’associazione Peacelink, che è a conoscenza delle mappe Nato dei siti bombardati con proiettili all’uranio impoverito, in Kosovo, dice che i caccia anticarro americani A10 hanno sparato 30.523 proiettili radioattivi, in quelli che che vengono quantificati come 89 bombardamenti, ma che, dagli effetti, risulterebbero essere, invece, 112 (con un’emissione di almeno 38.000 proiettili). Il numero dei missili Tomahawk con uranio impoverito lanciati in Kosovo è sconosciuto, ma ciò che si sa è abbastanza da far rabbrividire: le pallottole a uranio impoverito colpiscono il bersaglio viaggiando a una velocità tre volte superiore a quella del suono, non esplodono e rilasciano un penetratore di calibro 15 mm, estremamente denso e così forte da oltrepassare corazze metalliche con un’energia di 30 tonnellate. Detto penetratore raggiunge un bersaglio situato a 1.220 metri in 1,2 secondi/ il suo impatto sprigiona all’interno dei carri armati colpiti un getto di fiamma violenta. Ciò che si lascia dietro è un potenziale distruttivo che non finisce con quella performance impressionante, ma si protrae nel tempo, poiché il residuo ferroso del mezzo distrutto resta nell’ambiente come fonte di radioattività e le polveri di metalli pesanti che il calore ha liberato nell’aria sono fonte duratura di contaminazione (per tutte le forme di vita, inclusa quella umana).

Si sa, che, nel `95 sono stati sparati 10.800 proiettili anticarro, in Bosnia (e che ogni proiettile aveva un rivestimento di 300 grammi di uranio impoverito), e 13 missili Tomahawk (ognuno dei quali conteneva diversi chili di uranio, come dimostra la radioattività riscontrata attorno al cratere delle varie ‘cadute’). Sono stati sparati, alla periferia di Sarajevo, nella sola Hadzici 3.400 terrificanti proiettili ‘individualmente’ portatori di 300 grammi di morte. Tutto questo ha causato, in cinque anni, un aumento dei tumori del 70 per cento (e ciò è stato calcolato con basi statistiche affidabili, poiché in Bosnia esistono i registri di comparazione).

Parlando di Kosovo le valutazioni statistiche filo-istituzioni sostengono che l’incidenza dei linfomi e dei tumori vari non sia aumentata affatto e che, anzi, sia diminuita (portando acqua al mulino delle varie potenze che, pur di non riconoscere di essersi macchiate di crimini contro l’umanità, con l’uso delle armi DU, sostengono che nulla hanno i tumori della gente a che vedere con tale barbarie). Ciò è falso: se, in Kosovo, ci fossero stati i registri di comparazione, si sarebbero ottenuti risultati che avrebbero mostrato un aumento dei tumori del 70 per cento, come in Bosnia. Coloro che sostengono la baggianata della diminuzione dei tumori in Kosovo hanno bisogno di una rinfrescata di idee, per rendersi conto che il marasma generato dallo sfascio della ex Jugoslavia si ripercuote ancora sullo stato delle cose/ rende impossibile ottenere delle statistiche sanitarie ‘affidabili’-credibili e misurare l’enorme portata dell’incidenza di vari fattori:

1) l’esistenza di registri medici aggiornati è un’utopia (perché quelli vecchi sono stati distrutti o sono spariti e quelli nuovi sono falsati dalla massiccia emigrazione all’estero della popolazione);

2) le strutture sanitarie locali sono in condizioni così disastrose che creano un flusso continuo di pazienti verso la Serbia (che accoglie i Kosovari bisognosi soltanto di cure mediche specifiche e… quelli che, forse, neanche sanno di recarvisi in viaggi della speranza): tali pazienti non sono ‘censibili’ in Kosovo;

3) il sistema sanitario parallelo (e clandestino) tirato su dalla ‘resistenza pacifica’ kosovara, negli anni Novanta, ha annullato qualsiasi possibilità di verifica (e fornisce dati ‘parziali’ e inattendibili);

4) non esiste ricerca ufficiale di sorta sui soldati serbi che erano accanto ai mezzi bombardati, nel ’99 (e l’assenza del loro ‘numero’ rilevante è un fattore falsante non secondario nelle ‘statistiche’ che tanto piacciono ai ‘minimizzatori’ del genocidio causato);

5) esistono denunce (tanto lonesome quanto attendibili del medico serbo Z. Stankovic -che conosce le ‘transumanze’ dolorose degli agnelli sacrificali kosovari dell’uranio impoverito) di numeri spaventosi di casi tumorali (che andrebbero aggiunti alle ‘statistiche’-placebo false e fuorvianti).

 

Non esiste, oggi, studio attendibile (e completo) sulle reali proporzioni del fenomeno ‘tumori in Kosovo’, delle sue specifiche tipologie e degli effetti DU in generale sulla popolazione e sulla riproduzione della stessa, ma esistono condizioni oggettive di pericolo permanente:

A) la ‘pulizia’ (tramite speciali unità NATO) tesa a bonificare le aree colpite dai bombardamenti con uranio impoverito è avvenuta tardi (fino a 10 anni dopo i bombardamenti); ciò vuol dire che i residui -meglio ‘resti’- ferrosi, come le carcasse dei carri armati, radioattivi (e non tanto per scherzare), hanno continuato a ‘fare bene il loro lavoro’ tra la gente;

B) i Rom hanno avuto tutto il tempo di ‘ingegnarsi’ con il ferro abbandonato e di trasformarlo in perenne fonte di tumori Dio solo sa dove;

C) nessuno (le ‘autorità’ locali men che meno) si è preoccupato di far giungere alla gente il benché minimo vento di informazione su cosa fare e cosa non fare nel loro ambiente contaminato;

D) tornando nella ‘terra liberata dalla Nato’ i Kosovari hanno ricostruito le loro case proprio dove erano cadute le bombe, esattamente sopra i materiali radioattivi (che continueranno a mietere vittime in modo indisturbato, dalle fondamenta dove nessuno le potrà rimuovere).

Non aver messo al corrente la popolazione e non averle fornito le mappe dei siti contaminati (e non bonificati!) è stato un ulteriore atto criminale che grida e griderà nei secoli la bruttura di cui è capace l’animo di alcuni degli esseri che si fregiano del nome uomini per scippo.

Chi è tentato di lasciarsi abbindolare dalle affermazioni minimizzanti circa la vera situazione, a livello di pericolo per la salute, in Kosovo, deve tener conto del fatto che qualcuno dovrebbe piangere per le vite che mette a repentaglio e che non difende e quel qualcuno sono le istituzioni, tanto per cambiare (che molto potrebbero fare, se volessero). La popolazione residente corre dei rischi enormi: a) tutti mangiano, bevono, respirano (da un anno all’altro, ogni giorno) i residui delle polveri di uranio; b) il DU scatena nelle falde freatiche delle reazioni chimiche dannosissime per la vita umana; c) i bambini hanno giocato/giocano tra i rottami della guerra; d) i poveri riciclano i rottami radioattivi; e) la popolazione non può difendersi, perché non ha neppure sentito parlare di uranio. Tutto questo ha dato/dà i suoi frutti malefici: i Kosovari (oltre ad essere affetti dai tumori) soffrono di gravi problemi renali e di stomaco (che gli esperti mondiali hanno affermato essere direttamente collegabili all’uranio). L’agenzia Onu per l'ambiente UNEP (13 marzo 2001) stilò un rapporto finale che non esito a definire falsato da importanti omissioni. Era stata incaricata di accertare gli effetti dell'uranio impoverito in Kosovo; concluse (come più tardi altrove, sempre nei Balcani) che i livelli di contaminazione radioattiva ‘esterna’ da uranio fossero ‘generalmente’ al di sotto dei limiti di rischio. L’UNEP trasse delle conclusioni false. È possibile che ciò non sia accaduto intenzionalmente, ma sta di fatto che l’Unep fece anche delle omissioni: trascurò la contaminazione chimica e trascurò anche quella interna (di lunga durata), come hanno rilevato gli esperti mondiali. Mi torna, comunque, difficile propendere per la buona fede, perché la stessa agenzia diede ‘conclusioni’ dello stesso tipo in Bosnia, dove venne smentita senza ombra di dubbio da analisi non viziate da interessi di parte (vedi denuncia del dottor Bogdan Jamedzija, presidente dell'Associazione dei Serbi di Bosnia-Erzegovina).

La suddetta agenzia Onu disse di aver tratto le sue conclusioni sulla base delle informazioni ‘disponibili’ (che più tardi furono definite terribilmente insufficienti da tutti gli esperti mondiali) e stabilì che “non” fosse “possibile mettere in relazione uranio e livello di incidenza di certe malattie”. Tutto ciò è falso (con il senno di poi, il mondo lo sa).

Il mancato invito alla popolazione di sottoporsi a controlli sanitari (nelle carenti strutture ospedaliere della regione) è una responsabilità che ricade sulle autorità locali (ed è anche abbastanza comprensibile), ma la totale assenza di una vitale/vasta campagna informativa riguardante i rischi da esposizione e le precauzioni da adottare ricade (non come un macigno ma come intere catene montuose) sulle autorità ‘straniere’ presenti in loco. Sarà vero che non si volesse innescare una psicosi di massa (e un ri-esodo di massa), ma è anche vero che la vita umana ha un valore che travalica le speculazioni-convenienze (siano pure nazionali e/o internazionali). Qualcuno avrebbe dovuto preoccuparsi della salute della gente lasciata/portata nelle aree contaminate (e avrebbe dovuto suggerire anche gli ‘espedienti’ spiccioli ‘salvavita’). Ho scoperto che esistono nazioni ‘solventi’ (in tal senso, nei confronti del loro popolo) all’epoca in cui il ‘fenomeno’ Chernobyl fece scoprire al mondo che l’era dei ‘confini’ nazionali da proteggere era finita. Nessuno disse a noi Italiani e ad altri popoli europei come far fronte alla situazione, ma la Polonia disse al suo popolo che una dieta assidua di latte in polvere avrebbe scaricato la radioattività e non si limitò a ciò: fece incetta delle provviste di latte in polvere per la prima infanzia, nei vari Stati, e rese possibile la dieta ‘prescritta’ a tutti i suoi cittadini. Erano tempi in cui dalla Polonia non si poteva emigrare in nessuna direzione (si poteva uscire dai confini soltanto se qualche cittadino di altro Stato produceva dichiarazioni adeguate di ospitalità/ planimetrie dell’abitazione/ pagamento di un certo importo/ impegno sottoscritto di rimandare in patria l’ospite polacco, ecc.). ‘Ospitai’ un medico polacco e sua moglie, per un certo periodo. La prima cosa che mi chiesero fu il latte in polvere italiano che erano abituati ad assumere in patria loro. Si saranno pure sentiti prigionieri, entro i loro confini nazionali, all’epoca di riferimento, ma avevano avuto dal loro Stato più riguardo di quanto nessuno di noi ne avesse avuto dal suo… Mi resi conto di ciò, quando scoprii che c’era una gran saggezza in quella ‘semplice’ dieta di latte (e non di un latte qualsiasi: di latte in polvere). Il latte in polvere contiene gli alginati ed essi, come il selenio (e la pectina contenuta nelle mele), sono sostanze che hanno la capacità di combinarsi con la radioattività e di scaricarla (radioattività che, altrimenti, resta nel corpo umano per sempre).

Nulla di tutto ciò fu fatto nei Balcani e, nello specifico, in Kosovo: Kosovari e soldati di pace sono stati trattati con un riguardo inferiore a quello che i governi hanno (già erroneamente) per delle formiche. Qualcuno riuscì, nel 2007, a far ammettere ai vertici ministeriali italiani che, in 12 anni, 312 militari provenienti dal Kosovo si erano ammalati di tumore e che 77 erano morti, ma l’ammissione fu ‘incartata’ nel seguente placebo (inaccettabile): il numero non era elevato, considerando che, in quei 12 anni, erano andate in Kosovo 56.600 persone… Questo è un paradosso enorme come tutto l’universo al completo, perché di quelle 56.600 persone nessuno poteva/può garantire la buona salute negli anni futuri… Mi viene in mente che, a giustificazione di un’affermazione così dolosa, si potrebbe addurre soltanto un infantilismo senza rimedio (secondo il quale l’insidia dell’uranio potrebbe essere equiparata a quella delle malattie esantematiche e delle loro incubazioni celeri e ben ‘quantificabili’).

Mi domando: cosa può accadere nella mente di coloro che vanno al governo, per snaturare così tanto l’umanità che c’è in loro? Che cosa può entrare nei loro cervelli, per degradare la vita a livello di ‘unità’ senza valore aggiunto? Quale maleficio può alterare il loro senso di valutazione al punto di far pesare l’immenso valore di una vita umana su una bilancia ammorbata da un nichilismo inconcepibile? Di quale aritmetica si fregiano (e di calcoli in quale base) per sostituire il sistema di misurazione in base dieci (secondo il quale un centinaio di vite è un numero insopportabile e parecchie centinaia sono impossibili da metabolizzare…)? Esiste, ahimè, una ‘fratellanza’ a delinquere che travalica tranquillamente le sovranità nazionali e che può farsi omertà (internazionale) sorda e senza vergogna, purtroppo, e che dalle singole vite sacrificate assurdamente può passare alle centinaia e alle migliaia con indifferenza serena.

Il dottor Bogdan Jamedzija (presidente dell'Associazione dei Serbi di Bosnia-Erzegovina) riferì, a suo tempo, che gli specialisti avevano osservato e registrato una casistica altissima di aborti spontanei, nascite premature, nascite di bambini morti nelle zone bombardate dalla NATO, che, nelle stesse zone, gli esperti testimoniavano una mortalità inspiegabile nel bestiame e che l’erba del monte Romanija (analizzata) conteneva una radioattività che era due volte superiore allo standard ‘accettato’ (cioè spacciato per accettabile) dagli organismi internazionali. Fu una voce nel deserto: nessuno diede seguito alle sue parole/ nessuno fece nulla/ tutto rimase assolutamente invariato (e come se nessuno avesse parlato)/ nessuno capì che si trattava di un grido di allarme e di un’invocazione di aiuto (o lo capirono tutti e lasciarono che la morte facesse il suo corso, mietendo tutte le vittime possibili e immaginabili tra gli animali e le persone…?). Molti sono gl’interrogativi inquietanti che si sono aggirati, si aggirano, si aggireranno tra i meandri paurosi delle vicende legate all’uranio trasformato in pioggia letale da sparare sulle popolazioni ignare (in nome della perfidia/potere senz’anima che si trincera dietro le ragion di Stato più incomprensibili e illogiche mai esistite). Tali interrogativi resteranno senza risposta e così pure questo: che faranno le ‘potenze’ mondiali del prestigio e del potere, se semineranno morte al punto da sterminare i popoli altrui e anche i propri? Non giochino essi al ribasso con la vita, perché non sempre l’universo lascia inascoltata la voce delle vittime cui i potenti non attribuiscono ‘valore’… (e un giorno potrebbero riceverne un conto più ‘salato’ di quanto sarebbero capaci di ‘saldare’).

Gli stolti, sulla navis stultorum che si chiama mondo, sono molti e non tutti lo sono per interesse o per guadagno; spesso, alcuni causano il male senza neppure saperlo (o per ignoranza colpevole e ingiustificabile).

Lo stesso villaggio Italia, in Kosovo, è stato costruito senza alcuna bonifica propedeutica (e senza alcuna preoccupazione per la vita di coloro che lo hanno occupato/ lo occupano/ lo occuperanno) sopra le opzioni di morte del materiale bellico radioattivo comodamente lasciato a dimora nel terreno (il fatto che i soldati italiani, che vi hanno dimorato/ vi dimorano/vi dimoreranno, ignorano tutto questo non protegge la loro salute…). Ci volle una delle trasmissioni di “Report”, nel 2004, per risvegliare l’opinione pubblica dal letargo, mostrando il “Villaggio Italia”, in Kosovo, e circostanziando la sua costruzione su una delle zone più colpite dai bombardamenti del ’99 (e viene voglia di sollevare di peso i ‘geni’ che hanno deciso tale dislocazione ‘illuminata’ per quel sito che avrebbe dovuto contenere, negli anni, migliaia dei giovani più baldi della penisola italiana e del resto del mondo). Mi domando, a volte, se sia il caso ad affidare la vita di molti alla dabbenaggine di pochi o se sia, invece, l’ottusità calcificata di qualche altra mente dal quoziente intellettivo irrimediabilmente piatto (perché ci vuole proprio tutta la ‘buona volontà’ per prendere una decisione che metta a repentaglio un numero improponibile di vite senza affidarsi a pareri competenti). Report ebbe la forza di scuotere le acque ferme e di disturbare la palude dormiente, facendo intuire alla gente la portata (tutt’altro che limitata al Kosovo) delle polveri assassine del DU. I siti collegati da Amnesty International agli ‘effetti collaterali’ (tanto terribili sulla salute umana) confermarono la preoccupazione per i soldati di pace di stanza in Kosovo, elencando Pristina per prima (insieme a Korisa, Djakovica ecc.).

Tutto ciò rende il quadro della situazione alquanto ‘ombroso’. La verità è che la salute è terribilmente a rischio, in quei luoghi, e lo è al punto che neppure chi avrebbe avuto tutto l’interesse di non dire le cose veramente come stavano, non ha potuto fare a meno di fare delle ammissioni: lo stesso Capo missione Unep, Pekka Haavisto, ammise che rimanevano ancora «considerevoli incertezze scientifiche (specialmente per quanto concerne le falde freatiche)».

 

Le autorità varie sono state complici dei crimini infiniti che ho descritto e continuano ad esserlo, perché minimizzano i rischi che ancora sussistono e che non sono una minaccia ‘minima’, ma una minaccia per la vita, una spada di Damocle paurosa (che resterà sul capo di chi è stato/ sta/ starà in quei luoghi abbastanza a lungo…).

 

Le forze americane, in Kosovo, hanno usato 40 aerei A10 armati singolarmente di gatling da 30 millimetri (capace di sparare 2900 proiettili al minuto, con sistema di roulette russa ad emissione di un proiettile su cinque contenente 300 grammi di uranio impoverito- della serie: avveleniamo, ma senza ‘strafare’). Ognuno dei 40 A10 ha sparato, sul Kosovo, 234 chili di uranio impoverito al minuto (alla faccia del non voler ‘strafare’)! Queste cose le ha dette il New Scientist, un’autorevole rivista di scienza, che ha lanciato l’allarme anche all’epoca della guerra del Golfo (nella quale sono stati usati 860 mila proiettili all’uranio impoverito, per un totale di 200 tonnellate –come si evince dai dati del dipartimento americano della difesa). I proiettili di uranio sparsi sul terreno, in Iraq, sono diventati giocattoli della morte nelle mani dei bambini, che ne hanno fatto incetta, per veri e propri scambi-giochi simili a quelli delle biglie, con la conseguenza che hanno sviluppato tumori terrificanti (alcuni bambini sono morti con la pancia gonfia e piena di ascessi orrendi, che, operati, ricrescevano come dei mostri replicanti).

Il tumore, in Iraq, ha fatto più vittime della stessa guerra: quasi il 30% dei neonati, nel 1995, secondo i dati del Dipartimento di Patologia del College of Medicine University di Baghdad, erano malformati; la leucemia dei bambini, nella regione di Basra, nel 1997, era aumentata dell'80 per cento; tutti i tumori nei bimbi avevano raggiunto livelli paurosi.

 

Quegli orrori peseranno sulla coscienza degli Americani per sempre, ma... chi è senza colpa scagli la prima pietra… (neppure il regale UK è senza macchia). Un documento (Fonte: Susanna Jacona Salafia, in Avvenimenti n. 163 del 06/07/1999) “UK-restricted” (carpito dalla stampa) dice che anche le forze britanniche, a quell’epoca, hanno usato uranio impoverito in Iraq. Un business manager dell’Atomic authority britannica, in tale documento, metteva in guardia contro l’uso dell’uranio impoverito. Le sue parole sono un capolavoro di macabro humour inglese: «… mentre i rischi della contaminazione dovuta all'uranio impoverito sono sempre minori di quelli di una guerra, ciò nonostante possono diventare un problema a lungo termine se non viene affrontata la questione in tempo di pace e sono un rischio sia per i militari che per le popolazioni civili/ «i carri armati Usa hanno sparato in Iraq cinquemila proiettili all'uranio; gli aerei molte decine di migliaia e i carri armati britannici un piccolo numero. Le munizioni soltanto ammontano dunque a più di cinquantamila libbre di uranio impoverito... se l'inventario di uranio impoverito venisse inalato... il recente comitato di ‘protezione radiologica’ calcola circa cinquecentomila potenziali morti». Queste parole sono agghiaccianti…

Il materiale killer rimane nelle terre bombardate (ahimè, e nessuno può cambiare questa cosa tremenda), i suoi effetti, però, viaggiano… fino alle case lontane di coloro che si sentono al sicuro… Il Corriere pubblicò, nel 2002, un articolo dal seguente titolo: «Colpiti da leucemie e malformazioni neurologiche. Chiesto l' intervento del ministro Martino/ Uranio, sono malati sette figli di soldati». Questi titoli fecero accapponare la pelle di molta gente legata alle aree contaminate, anche perché, dopo qualche tempo, dall’America giunsero notizie che parlavano di ‘contagi’ da sindrome del Golfo tra i familiari delle vittime e i bambini italiani colpiti diventarono dieci .

Delitti di questo tipo non possono lasciare indifferenti gl’individui dotati di cervice pensante e non possono non portarli a condannare i mandanti delle stragi gratuite perpetrate contro innocenti (adulti/ bambini nati/ bambini non ancora nati/ intere generazioni e vari avvicendamenti di esse). Coloro che hanno dato il via alla mostruosità della armi all’uranio impoverito sono, indubbiamente, i pitecantropi guida dei Genobaca più pericolosi del creato; se fossero dotati di substrato encefalico imparentato anche solo lontanamente con un talamo non piatto, passerebbero notti insonni tormentate dal rimorso da qui ai prossimi cinquecento anni. Coloro che hanno avallato la follia genocidal dei Genobaca, però, sono responsabili della parte più cocente del dolore umano e meritano, pertanto, la parte più ‘onorifica’ del disprezzo possibile… Le vittime (di ieri/ di oggi/ di domani) meritano tutta la comprensione, l’aiuto, la vicinanza, la solidarietà, l’amicizia (siano esse racchiuse tra i nostri confini/ tra quelli europei/ tra quelli americani/ tra quelli delle terre lontane che sono state dissacrate senza pietà).

 

Bruna Spagnuolo

 

I – continua...


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