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Separazione Stato-Chiesa. La scuola pubblica è ancora territorio italiano? 
Impossibile discutere ordine del giorno Perduca-Poretti
18 Novembre 2009
 

Dopo la sentenza della Corte europea sul crocifisso nelle scuole e l’immediata levata di scudi a difesa del simbolo religioso, oggi un nuovo episodio in cui le istituzioni italiane si sono distinte per la mancata separazione tra Stato e Chiesa, tanto che viene da chiedersi se la scuola pubblica sia ancora territorio italiano!

Tecnicamente si chiama improponibilità perchè materia concordataria, politicamente si spiega come impossibilità di ridiscutere i privilegi della Chiesa.

È quello che è avvenuto oggi in Senato con il nostro ordine del giorno che chiedeva di parificare i diritti degli insegnanti della scuola pubblica a prescindere dalla materia insegnata, a prescindere dalla fede professata e dal gradimento del vescovo.

Se prima del 2004 la nomina dell’insegnante di religione era su segnalazione della curia e prevedeva un contratto annuale, dopo la legge 186 del 2003 è stata prevista la loro messa in ruolo. Oggi i circa 25 mila insegnanti sono formati e indicati dall’autorità religiosa ma retribuiti da quella statale. Discriminati anche in contrasto a direttive europee sulla parità dell’accesso al lavoro sono coloro che non professano la religione cattolica o che non sono graditi alla curia. Privilegiati anche per retribuzione economica gli insegnanti di religione, cosi’ come riconosciuto da tribunali del lavoro.

Il nostro ordine del giorno chiedeva al Governo di parificare i diritti e di porre fine ai privilegi.

Impossibile anche solo discutere tale ragionevole proposta. Non possumus!

 

Donatella Poretti e Marco Perduca, senatori Radicali-Pd

 

 

 

Insegnati di Religione. Parificarli agli altri.

Ordine del giorno Perduca-Poretti


Premesso che:

- l’insegnamento della religione cattolica (IRC), comunemente chiamato ora di religione, è un’istituzione del Concordato tra Stato Italiano e Chiesa cattolica. Prevede che in tutte le scuole pubbliche italiane siano riservate lezioni settimanali (un’ora e mezza per materna, due ore per primaria, un’ora per secondaria di primo grado e secondo grado) all’insegnamento della religione cattolica. Ogni anno, all’atto dell’iscrizione alla classe successiva, lo studente decide se avvalersi o meno di tale possibilità;

- prima del concorso per l’immissione in ruolo del 2004, la totalità dei docenti veniva nominata su segnalazione della curia diocesana al dirigente scolastico che normalmente confermava la nomina. Il contratto era annuale e non esisteva, come per i docenti delle altre materie, uno statuto giuridico di ruolo;

- la legge 186 del 18 luglio 2003 ha previsto l’entrata in ruolo, previo concorso abilitativo, di circa quindicimila insegnanti (su circa venticinquemila complessivi), rendendo il docente «organicamente inserito nei ruoli della scuola e non più soggetto ai caroselli degli incarichi annuali» (ministro Giuseppe Fioroni, 6 marzo 2007);

- dall’entrata in vigore della legge la nomina dei docenti di IRC compete, come avviene per la totalità degli altri insegnanti, per il 70% delle cattedre complessive al U.S.R. (Ufficio Scolastico Regionale), e riguarda i soli docenti che hanno superato il concorso, per esami e titoli, tra i quali titoli occorre il “riconoscimento di idoneità” rilasciato dall’ordinario diocesano. La nomina del restante 30% è lasciato alla discrezione della curia diocesana e alla conferma del dirigente scolastico;

- l’autorità diocesana si riserva, comunque, di revocare l’idoneità dell’insegnante per alcuni gravi motivi, come incapacità didattica o pedagogica e/o condotta morale non coerente con l’insegnamento;

- i circa venticinquemila insegnanti di religione, al pari degli altri insegnanti, sono retribuiti dallo Stato Italiano. Il fatto che gli insegnanti siano formati e indicati dall’autorità religiosa ma retribuiti da quella statale è oggetto di molte critiche da parte di chi lo ritiene incompatibile con il principio della separazione tra Chiesa e Stato. Inoltre la nomina da parte dell’autorità religiosa favorisce gli insegnanti di fede cattolica violando i principi di uguaglianza e antidiscriminazione sul lavoro in funzione della fede dell’individuo;

- in Italia attualmente non è possibile applicare una soluzione completamente statalista, come per esempio accade in Germania e nel Regno Unito, che preveda l’inserimento di normali insegnanti ’statali’ laureati in teologia: le facoltà teologiche statali italiane furono soppresse nel 1873 e da allora mai più ripristinate;

- nel 2008 è stato accolto dalla Commissione Europea un ricorso presentato da Maurizio Turco (deputato radicale nel Pd) e Alessandro Nucara (avvocato esperto in diritto comunitario), sul meccanismo di assunzione e di entrata in ruolo per gli insegnanti di religione cattolica, che metteva in luce come la nomina da parte della curia diocesana, e la discrezione di quest’ultima sul riconoscimento dell’idoneità a svolgere l’insegnamento della materia, è in conflitto con la direttiva europea contro le discriminazioni sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro (2000/78/CE del 27 novembre 2000), perché sostanzialmente l’insegnamento della religione cattolica, in base al gradimento della Chiesa, comporta di fatto l’esclusione -e quindi la discriminazione- di tutti coloro che non sono cattolici e di conseguenza non rispondono ai requisiti religiosi della Curia;

- a questa discriminazione si aggiunge anche quella di ordine economico. Gli insegnanti di religione scelti dalla Curia ma pagati dallo Stato, infatti, godono di un trattamento retributivo di maggior favore rispetto a tutti gli altri colleghi (uno scatto del 2,5% ogni due anni di anzianità lavorativa, sia tra i precari che tra chi è passato in ruolo);

- nel luglio del 2008, a riguardo, una sentenza del giudice del lavoro di Roma, ha condannato il ministero dell’Istruzione a parificare il trattamento economico di un professore che aveva avanzato ricorso, a quello di un insegnante di religione cattolica della stessa anzianità. Una sentenza che apre la strada a nuove singole denunce che potranno essere avanzate da tutti gli insegnanti che si trovano nella stessa condizione del ricorrente;

- la Commissione europea, ha stabilito la fondatezza del ricorso tanto da chiedere informazioni in materia al governo italiano: non è ancora una procedura di infrazione nei confronti del nostro Paese, ma è comunque il segnale che Bruxelles sta vigilando su qualcosa che appare non in regola con le leggi comunitarie;

 

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a parificare l’assunzione, l’immissione in ruolo e le competenze salariali degli insegnanti di religione cattolica alle condizioni previste per gli insegnanti delle altre materie, nonché a svincolarne l’assunzione dal pronunciamento di idoneità da parte delle curie diocesane.


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