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Moonisa. ‘Legge’ contaminata da tirannia e violenza, in Nigeria
31 Luglio 2009
 

Abuja, 31 luglio 2009 – Malam Mohammed Yusuf è morto. I militari lo hanno intercettato, durante la sua fuga, e catturato. Lo hanno esibito vivo, come un gorilla in gabbia, mettendolo ‘in passerella’ davanti ai giornalisti, e se lo sono portato in caserma, al sicuro da occhi indiscreti (dove hanno potuto fare di lui ciò che hanno voluto e dare sfogo a tutta la collera repressa che avevano accumulato).

Hanno poi dimenticato (?) di non aver resistito alla tentazione di esporlo al ludibrio e hanno pensato bene di comunicare al mondo che Yusuf è morto nello scontro a fuoco (che lui stesso avrebbe causato attaccando i militari).

Tutto ciò, se non fosse tragico, sarebbe patetico. L’integralismo è certamente un male, come lo è ogni estremismo e ogni violenza contro l’umanità. Catturare un istigatore alla violenza e un perpetratore di massacri è un dovere, per i governi, questo è fuori di dubbio. Ciò che è in dubbio è pretendere di sanare la piaga della violenza con l’uso di una violenza peggiore, nel 'disrispetto' di qualsiasi legge nazionale e/o internazionale.

I governi locali e il governo federale nigeriano avevano certamente il diritto di intervenire e di difendersi dalla violenza, ma non avevano il diritto di scatenare una caccia alle streghe tesa al massacro totale e senza via di scampo. Avevano il dovere di mostrare la differenza tra l’estremismo irriguardoso della vita pronto a massacrare gente innocente e ‘la legge’ pronta a riportare l’ordine servendosi dei principi civili (così intesi anche nel resto del mondo).

Malam Mohammed Yusuf era responsabile di aver reclutato gli straccioni derelitti della nazione e di averli condizionati, asservendoli alla sua causa (quella dell’integralismo intransigente e violento). Andava fermato e bene ha fatto ‘lo Stato’ a fermarlo, ma non era così che doveva farlo: così facendo ha mostrato di essere il colosso dai piedi di creta che è.

Non poteva arrestarlo e processarlo, come si fa nel resto del mondo? Non poteva portarlo davanti alla nazione, illeso, nel perfetto rispetto della legge (quella sovrana e giusta), e sottoporlo a un regolare processo pubblico e utile (ai fini educativi) a questa nazione che parla sempre di democrazia e che, con ogni passo o respiro, se ne allontana anni luce?

La giustizia sommaria così applicata è legge della giungla e non legge vera (non fa fare un solo passo avanti e, anzi, ne fa migliaia e migliaia indietro ogni volta…).

L’immagine del Mohammed Yusuf vivo suscita contegno e disapprovazione, ancora e sempre, ma quella di lui morto (chiaramente tumefatto, da torture e violenze di ogni tipo) suscita pietà e dispiacere. Non è giusto il modo in cui hanno trucidato Yusuf e non lo è quello con cui stanano e trucidano i miserabili suoi seguaci.

La storia ha condannato e sempre condannerà la mancanza di linea di demarcazione tra ciò che è legale e civile e ciò che è rivalsa becera e senza legge (nonché violenza gratuita e oscena). Lo ha fatto nei confronti di chi ha esposto la salma di Mussolini (e persino della sua amante) in modo selvaggio e incivile e nei confronti di chi ha esibito Saddam Hussein come un fenomeno da baraccone. Un conto è la condanna della tirannia, delle violenza e del male, un conto è la legge e un altro ancora sono la giustizia e la rettitudine (non discoste dall’umana pietà).

La legge e la giustizia che non si distinguano dalla tirannia e dalla violenza legge e giustizia non saranno mai.


Moonisa


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