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Piermario Puliti. Vengo dopo il TG 
L'informazione in Italia
10 Gennaio 2009
 

La strada che da Winnipeg, nella regione canadese del Manitoba, porta verso Nord alla città di Churchill, attraversa laghi sovrastati da foreste di conifere.

L’ho percorsa, nel 2002, in compagnia di tre dei miei quattro figli, Carlo di 13 anni, Lorenzo di 10 e Michele di 4; Ignazio, il più piccolo è nato l'anno successivo.

Presa in affitto una Toyota nuova di fabbrica e riempito il bagagliaio dell’occorrente per il campeggio, siamo partiti con tre obiettivi: - entrare nella foresta boreale studiata sui libri; - incontrare un maestoso alce, visto nelle foto delle enciclopedie degli animali; - trovarsi con il sole a mezzanotte.

Abbiamo incontrato la foresta boreale al terzo giorno di viaggio e non ci hanno sorpreso gli acquitrini provocati dallo scioglimento dei ghiacci e il brulicare d’insetti.

Ci ha invece sorpreso un inatteso incontro con un alce femmina, un incontro pericoloso lungo un sentiero, mentre eravamo impegnati a rimpinzarci di lamponi.

Per il sole a mezzanotte abbiamo dovuto attendere alcuni giorni di viaggio. Lo abbiamo ammirato in un villaggio di poche anime, gente che mi ricordava personaggi, caricature di tanti film americani: la donna grassa e brontolona, l’uomo con la camicia a scacchi ed il cappello da cowboy ed il barista calvo, dallo sguardo annoiato.

Non mi sono sottratto alla telefonata di rito:

– Pronto!

– Ciao, dove sei?

– Lo sai, sono in Canada. Che ore sono in Italia?

– Le quattro e dieci del pomeriggio e fa caldo!

– Qui è mezzanotte e dieci ed è ancora giorno.

– Non ci credo!

– Ti dico che il sole non è ancora del tutto tramontato.

– Vorrei essere lì.

– Lo vorrei anch’io.

Per me che in quegli anni vivevo e lavoravo in Africa, nei pressi dell’equatore, un sole a mezzanotte sembrava ancora più strano. Provenivo, infatti, da aree geografiche in cui il sole sorgeva e tramontava sempre intorno alle 6 di mattina e di sera, tanto che la gente di quelle parti del mondo aveva imparato ad indicare le ore del giorno e della notte in modo diverso dal resto del mondo.

Così le 7 del mattino e della sera divenivano l’una e le 8 le due. Lo avevo imparato, a mie spese, mancando clamorosamente i primi appuntamenti di lavoro.

Il puntuale sorgere del sole africano, del resto, mi andava a pennello. Abituato ad andare a letto presto evitavo la sveglia del mattino. Ci pensava il sole che, entrando dalla finestra della camera da letto, mi dava il buongiorno.

La sera mi sedevo davanti alla televisione e guardavo le notizie sulla BBC e la CNN, giusto per mantenere un contatto con il mondo: la guerra del Golfo, gli scontri in Palestina e nel Libano meridionale, le alluvioni in Cina, i terremoti in Giappone o l’ennesima crisi di Governo in Italia. Ecco, ogni tanto avevo nostalgia dell’Italia, avrei avuto voglia di poter ascoltare le notizie nella mia lingua madre.

Una volta tornato in Italia, ho mantenuto l’abitudine di accendere la televisione, la sera all’ora del telegiornale, il TG2 delle otto e trenta. Non mi ci è voluto, però, molto a capire come le notizie proposte fossero diverse da quelle a cui ero abituato in Africa. Non mi ci è voluto molto a capire che si trattava, in gran parte, di “non notizie”.

“Non notizie” del tipo: «anziano uccide la moglie e poi si toglie la vita», «donna stuprata e picchiata», «bambino ucciso da pallottola vagante» o «cane bionico mangia prima la nonna, poi la nipotina». Immagini di motorini sul selciato e macchie di sangue fresco. Violenze, tragedie personali spacciate per notizie e date in pasto a milioni di telespettatori.

I primi tempi sono corso, spesso, a spegnere la televisione per evitare che mio figlio piccolo, potesse ascoltare e vedere gli orrori in televisione. Ho pensato di protestare chiedendo di concentrare le “non notizie”, per il pubblico amante del genere horror, in ore che non fossero alla portata dei più piccoli, ma poi mi sono arreso ed ho sintonizzato la televisione sulla frequenze della BBC e della CNN. Sono, così, tornato ad ascoltare le notizie in inglese.

Mi vengono, intanto, in mente le parole di mio padre quando mi diceva che la televisione del dopoguerra aveva unito l'Italia.

Nel ventunesimo secolo, consiglio vivamente a tutti, di tenerla spenta, almeno fino a quando i modelli proposti saranno ancora travestiti da veline, da reporter galeotti o da pseudofamosi abitanti di improbabili isole tropicali ed i potenti di turno non si saranno stancati di usarla come arma di rincoglionimento di massa.

E così, con nostalgia, mi ritornano alla mente la foresta boreale, la temibile alce ed il sole a mezzanotte, ma soprattutto il sole d'Africa che entrava, per tutto l'anno, nella mia camera da letto intorno alla sei del mattino e che la sera, al tramonto, sempre intorno alle sei, lasciava il posto ad un notiziario che sebbene in lingua inglese rappresentava la mia unica, piccola finestra sul mondo.

 

Piermario Puliti

(da 'l Gazetin, dicembre 2008)


 
 
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