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Class action. Confindustria allo sbaraglio 
Non importa se dice il contrario del giorno prima e crede di avere a che fare con sudditi
05 Dicembre 2007
 

La principale associazione degli industriali italiani ci sembra allo sbaraglio in materia di Class Action. L'azione che sta svolgendo per cercare di scongiurarla e morfinizzarla il più possibile, è anche contraddittoria: sembra che ciò che conti sia fare confusione in modo che il risultato legislativo sia più orripilante di quanto già non sia il testo licenziato al Senato.

Oggi è la volta di Sergio Dompè (foto), presidente di Farmindustria, associazione delle imprese del farmaco aderente a Confindustria che dice la sua sul quotidiano IlSole24Ore. Il cataclisma che viene paventato, dopo gli elogi di rito (non sia mai detto...) a questo sistema di rivalsa giudiziaria, è che se in Italia ci sarà una class action così come vuole il Governo, ci sarà il blocco nella sperimentazione clinica nella ricerca farmaceutica. Dompè letteralmente dice: «...potrebbe danneggiare enormemente l'industria. Chi non sceglierà la strada dell'espatrio? Io con la mia impresa faccio ricerca farmaceutica negli Usa e lì non temo la class action, in Italia vorrei avere almeno le stesse garanzie». Per far questo. Dompè chiede: tempi certi per le cause, specializzazione del giudice che decide l'ammissibilità delle domande e la valutazione di chi sarà legittimato ad agire.

A parte il ricatto sulla ricerca farmaceutica, informiamo il presidente di Farmindustria che la fuga di cervelli verso l'estero è in atto da diverso tempo, anche senza class action, e probabilmente è dovuta in minima parte al fatto che le industrie italiane non investono e che con la class action del Governo investiranno meno, ma perché ci sono leggi ideologiche che impediscono le ricerche più all'avanguardia nel mondo (quella sulle staminali embrionali è l'esempio più recente) e perché è l'università che non è tarata (come per esempio negli Usa)(1) per questo tipo di scelte.

L'elogio che Dompè fa della class action Usa, invece, è fumo negli occhi. La nostra proposta di legge(2) è la più filo-americana di tutte quelle presentate e non ci siamo mai accorti che gli industriali del farmaco l'abbiano sostenuta e portata come alternativa al pateracchio votato al Senato e all'altrettanto pateracchio previsto dall'emendamento del Governo. Per cui siamo portati a credere che si stia solo facendo confusione, soprattutto per evitare che venga modificato uno dei maggiori ostacoli alla praticabilità della class action che il Senato e il Governo accolgono come ora colato: la necessità di ulteriori due gradi di giudizio per avere i rimborsi dopo che la causa sia stata vinta dai proponenti (dieci anni come minimo per avere giustizia...). Dompè non mette questo tra i punti importanti delle sue richieste, eppure dice di essere filo-americano e negli Usa, come nella nostra proposta di legge, e' il giudice che emette la sentenza a decidere immediatamente la restituzione del maltolto.

Crediamo che il presidente di Farmindustria sia consapevole di ciò che dice e perché lo dice... e non ci sembra lo faccia per approvare una class action dalla parte dei cittadini danneggiati.

 

Vincenzo Donvito, presidente Aduc

 

 

(1) Si veda questa nostra ricerca.

(2) Presentata dall'on. Donatella Poretti (RnP).

 

Qui le nostre informazioni e posizioni in materia.


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