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Valter Vecellio. Informazione, la madre di tutti i problemi
21 Novembre 2007
 

Al solito è una questione di informazione, di “sapere” e di conoscenza negati. Che “partita” si gioca all’interno del centro-destra? Perché improvvisamente Silvio Berlusconi si “scopre” peronista? E in cosa consiste esattamente il contemporaneo “tango” che si prepara a danzare con Walter Veltroni? Quali le ragioni di Marco Pannella e dei radicali che denunciano la costituzione – meglio: l’ulteriore consolidarsi – del blocco di potere che si intravede dietro l’un e l’altro dei “ladri di Pisa”, che ormai neppure più di giorno litigano, occupati come sono a dividersi spoglie e bottino? Si può andare avanti a lungo: a proposito di pena di morte, perché “moratoria” e non abolizione? E per quel che riguarda la giustizia, perché era necessario l’indulto, perché è necessaria l’amnistia? E sul Welfare: in cosa consistono le proposte liberali dei radicali? Perché ogni giorno le televisioni e i giornali ci propongono la quotidiana dose, in quantità massicce, di Vaticano e Joseph Ratzinger?

È il problema che siamo chiamati ad affrontare e a cercare di risolvere da sempre, e più mai in queste ore e giorni; e anche a Bruxelles quando ci troveremo dal 6 all’8 dicembre: perché il successo del Satyagraha mondiale per la pace evidentemente è legato alla possibilità di far conoscere e “apprezzare” questo grande momento di lotta e di iniziativa politica. L’informazione, la possibilità di “sapere” e di conoscere, è la madre di tutti i problemi: il muro di gomma e di granito da scalare e abbattere. C’è un’identità quotidianamente sfregiata, negata, annullata, letteralmente rubata; c’è il diritto ad essere informati e di essere messi in condizione di poter comunicare il “fare” politico di ciascuno di noi. È questa la madre di tutti i nostri problemi.

A questo punto, sommessamente, un piccolo elemento problematico, con cui forse dobbiamo fare qualche conto. Per farci comprendere meglio, si farà ricorso a una cruda riflessione che troviamo in Demasiado corazon, un bel romanzo di Pino Cacucci. Parla Bart Croce, un tipo che definire killer significa offendere gli assassini. È strumento di un’operazione “sporca” necessaria per non pregiudicare i corposi interessi di una multinazionale farmaceutica; e si trova a dialogare con un video-giornalista che vive a Città del Messico come un donchisciotte con la telecamera in resta, e che appunto costituisce una intollerabile minaccia per gli interessi della multinazionale. Cerchiamo di seguirlo, Bart, nel suo ragionamento: «…Ma ti sei convinto che la colpa fosse tutta della congiura internazionale, dell’asservimento planetario ai voleri dello Zio Sam? Povero illuso. Stammi bene a sentire, loser: sai perché nessuno ha mandato in onda i tuoi filmati di denuncia? Perché alla gente non gliene frega niente, non vuole sapere, preferisce non sentire. È l’esatto contrario: non sono manipolati dal Grande Fratello, sono sordi e ciechi a qualsiasi cosa minacci di turbare i loro equilibri. Se provi a farlo, cambiano canale. Ecco perché è tutto inutile: puoi fargli vedere qualsiasi cosa, ma se ne sbattono. Al massimo provano un brivido di fastidio e se ne dimenticano l’indomani…».

È una riflessione amara, quella che Cacucci mette in bocca a Bart; e Cacucci per primo, come noi leggendola, la si respinge: mille esempi si possono fare per contestarla, negarla, smentirla. Epperò un “piccolo” dubbio, resta; ed è un bene che resti: che non si voglia sapere, che si preferisca non sentire – non tutti, certo, ma tanti sì – è cosa con cui probabilmente si deve fare i conti. E allora mettiamola così: «La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire», annotava George Orwell. Se è così, in questo paese di libertà di stampa ce n’è davvero pochina: che sempre più accade che le notizie “interessanti” debbano fare spazio a quelle “divertenti”. Una scelta camuffata e giustificata in vario modo, resta il fatto che questo accade: la sistematica spoliazione dell’informazione, tutto diventa e si trasforma in infotainment. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Bisogna insomma conquistarcelo il diritto di essere informati, di essere messi in condizione di sapere e valutare. Non foss’altro per smentire la cinica riflessione di Bart Croce. E già questo sarebbe un bel risultato.

 

Valter Vecellio

(da Notizie radicali, 21 novembre 2007)


 
 
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