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Maria G. Di Rienzo. Lettera ai padri
04 Ottobre 2007
 

La violenza di genere uccide e ferisce donne e ragazze e bambine che sono le vostre figlie, le vostre sorelle, le vostre madri. Ferisce anche voi: che ne siate consci o meno. Molti di voi sono cresciuti con l'idea che essere aggressivi, insensibili, “duri”, sia essere “veri uomini”, e solo questo vi sta derubando di molte delle capacità che conducono ad essere uomini “interi”, completamente umani.

Non avete bisogno di qualcuno che vi dica cos'è un “vero uomo”: non ne esistono di falsi nella specie umana. Avete bisogno di relazioni vere, e di pace vera nelle vostre famiglie e nei vostri gruppi, quali essi siano. Se non sceglierete di essere parte della soluzione alla violenza, continuerete ad essere parte del problema: il vostro silenzio vi renderà complici. La violenza ha strette connessioni con il potere e con l'oppressione. La violenza di genere concerne il mantenere il dominio degli uomini sulle donne, ma molte altre forme di oppressione sono modellate su questa: eterosessuali/omosessuali, adulti/giovani, nativi/migranti. Sfidare e contrastare la violenza di genere è uno dei modi più importanti, per uomini e donne, di cominciare a smantellare l'oppressione nel suo complesso, inclusa quella specifica che essi/esse possono soffrire.

Parlate ai vostri figli, ai vostri nipoti, ai vostri fratelli minori. Hanno bisogno di voi per crescere. I ragazzi ricevono naturalmente influenze anche dall'esterno della propria casa: dagli amici, dai vicini, dalla televisione, da internet, dalla musica, dai film. Tutti questi attori, ed altri, mandano loro messaggi su cosa significhi “essere un uomo” o “diventare un uomo”, e troppo di frequente il messaggio consiste nell'essere spietati, nell'avere il controllo sulle altre persone, nell'essere i più “tosti” e così via. Ma i ragazzi guardano soprattutto voi, i loro padri e zii e fratelli maggiori, e vedono che tipo di relazioni avete con le donne nella vostra vita, e tendono a trarre suggerimenti da esse. Perciò dovete insegnare loro, e dovete farlo spesso, che non c'è posto per la violenza in una relazione.

Non è mai troppo presto per parlare ad un bambino di come si può esprimere in modo nonviolento rabbia o frustrazione, di insegnargli che il corpo altrui è un limite, che merita rispetto e attenzione quanto il suo. Potete mostrargli come: quando è furioso può farsi una corsa in giardino, uscire dalla stanza e prendersi il tempo per riflettere, fare a pezzetti un foglio di carta straccia, parlarne con voi, mettere su il suo cd preferito e scatenarsi in una danza... E fategli sapere che può sempre contare su di voi, quando gli sembra che le cose siano difficili, brutte, incontrollabili.

Tentate di dargli degli esempi su come agire quando percepisce che una situazione potrebbe diventare violenta.

Non è mai troppo presto per ascoltarlo. Fate attenzione a come vostro figlio, o vostro nipote, e i suoi amici, parlano di bambine o ragazze. Chiedetegli se ha notato comportamenti di violenza e abuso, se è preoccupato che qualcuno venga ferito o maltrattato fra i suoi amici ed amiche. Un ragazzino non verrà mai da voi a chiedervi consiglio su come trattare le donne, ma questo non significa che non ne abbia bisogno. Perciò quando guardate la tv assieme a lui, o ascoltate musica insieme, o leggete insieme, e vedete o sentite qualcosa che incita e approva la violenza contro le donne, che le insulta e le disprezza, esprimete il vostro dissenso.

I ragazzi possono apprendere il rispetto per gli altri semplicemente osservando come voi trattate le altre persone: mentre state guidando l'auto, o quando parlate alla commessa del negozio o al cameriere al bar, e come vi rivolgete ai membri della vostra famiglia quando siete tutti seduti insieme a tavola. I bambini osservano, e tendono ad imitarvi nel bene e nel male, perciò riflettete voi stessi su come gestite emozioni quali la rabbia e l'angoscia, su cosa mostrate ai vostri figli e nipoti e fratelli. Fate in modo che possano ammirarvi perché siete uomini interi: onesti, rispettosi, leali, capaci di ascolto, sensibili, forti delle relazioni d'amore e amicizia con le donne della vostra vita, coraggiosi al punto di decidere che essere un uomo, o diventare uomo, non ha nulla a che fare con la violenza.

 

Maria G. Di Rienzo

(da Nonviolenza. Femminile plurale, n. 129 del 4 ottobre 2007)


 
 
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