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Pierfrancesco Majorino. Milano. Sul Piano di Governo del Territorio: “Non sprechiamo un’occasione”
18 Dicembre 2009
 

Propongo qui di seguito l'intervento svolto ieri in consiglio comunale, in occasione del dibattito sul PGT (Piano di Governo del Territorio).

Le mie considerazioni (frutto del confronto nel Gruppo consiliare, dell'operato del Gruppo di lavoro del PD sul Territorio e della lettura di alcune delle osservazioni dei consiglieri di zona), si rifletteranno nella produzione di numerosi emendamenti “propositivi” nelle prossime settimane.

Nella seduta di lunedì interverranno diversi altri colleghi sottolineando molteplici aspetti riguardanti un provvedimento tanto importante.

Siamo a disposizione per confrontarci con consigli, proposte, critiche, suggerimenti, poiché, al contrario di quanto pensa il Sindaco Moratti (evidentemente poco informato su come si articolerà il lavoro in Consiglio comunale) ci aspettano mesi intensi...

 

Pierfrancesco Majorino

Capogruppo PD Comune di Milano

 

 

 

INTERVENTO IN AULA DI PIERFRANCESCO MAJORINO

CAPOGRUPPO PD COMUNE DI MILANO


La scelta di porre mano alla scrittura e alla definizione del Piano di Governo del Territorio, superando il Piano Regolatore del 1980, in forza della Legge Regionale 12, è estremamente rilevante.

Credo anche io, come il Sindaco, che ricorderemo questa discussione come la più significativa che avremo affrontato al termine del nostro mandato.

Con questo atteggiamento e con sincero rispetto verso il lavoro imponente sviluppato dall’assessore Masseroli e dagli uffici, affrontiamo il dibattito in aula, dopo il lavoro delle commissioni che secondo noi non deve considerarsi esaurito e con questo approccio porteremo il nostro contributo propositivo in consiglio e nella città di Milano dove daremo vita nei prossimi mesi a occasioni di dibattito pubblico secondo noi sin qui carenti. Oppure svoltesi malamente e in modo frettoloso, come nei consigli di zona, per colpa delle scelte della Giunta, e nonostante le belle parole spese dal medesimo Sindaco (che forse non è ben informata) pochi minuti fa.

Ciò che non è mancata in questi mesi, piuttosto, è la trattativa privata, quella condotta all’interno del centrodestra, perfino a casa del Sindaco.

Un Sindaco che, come ho già ricordato, dovrebbe maneggiare la materia con maggiore cautela facendo parte di una famiglia che ha spesso avuto interessi in comune con soggetti privati coinvolti nel mondo immobiliare ambrosiano.

Come non è mancata la trattativa con l’ingegner Ligresti, trattativa che riteniamo possa tutelare i suoi legittimi interessi e in modo molto meno efficace quelli della collettività.

Parto da qui perché vorrei che queste pratiche ce le lasciassimo alle spalle affrontando seriamente e dignitosamente con la dovuta ambizione un provvedimento di simile portata.

Con questo atteggiamento noi siamo oggi in aula devo dire colpiti delle numerose assenze tra i consiglieri di centrodestra nella seduta inevitabilmente mancata di martedì e nei dodici banchi vuoti su trentasei di oggi, proprio mentre parlava il Primo Cittadino.

Pretendiamo di sapere cosa c’è e c’era in quelle assenze. E per questo crediamo che sia utile che il dibattito si possa svolgere, in qualche modo ci interessa garantire che esso si tenga. Perché, in altre parole ai colleghi della maggioranza critici, diciamo, semplicemente una cosa: intervenite e argomentate le vostre perplessità. Non fatevi incantare dalla retorica del Sindaco della coalizione unita. Sappiamo tutti che la cosa, su questa materia, non corrisponde minimamente al vero.


Un provvedimento, il Piano, dicevo, che contiene alcuni principi affascinanti e condivisibili secondo noi malamente declinati, alcune carenze, alcune idee profondamente sbagliate ed altre da chiarire nell’intento che deve accompagnare tutti di definire uno strumento utile ad uno sviluppo sostenibile di una città che ha conosciuto in tutti questi anni una fuga, non “recuperata”, della sua popolazione originaria e una serie di scelte di carattere urbanistico-edificatorio non sempre orientate alla tutela del bene pubblico e dell’interesse comunitario.

Il PGT ha innanzitutto un limite: non pensa a Milano come una città cuore di un’area metropolitana molto più ampia. Scommette, giustamente, sul policentrismo, sul multicentrismo, ma in termini un po’ paradossali lo fa senza guardare alla connessione con i Comuni e quindi con i bisogni delle loro popolazioni presenti in un’area urbana molto più ampia che sfugge ai confini burocratici.

In altre parole la dimensione metropolitana viene evocata nelle immagini e nella retorica del PGT ma di fatto è negata da un impianto complessivo del piano che sembra intenzionato a “ricentralizzare” tutto all’interno della città centrale.

Dalla residenza per nuove popolazioni alle funzioni trainanti, dagli spazi fruibili per il tempo libero e la cultura alle aree a parco. Ci sarebbe invece bisogno di una rinnovata stagione di cooperazione territoriale.

Non bisogna infatti aspettare o evocare il “mantra” dell’istituzione della città-metropolitana per avviare forme cooperative e progettuali tra i diversi attori territoriali.

Inoltre questo avviene senza che sia chiaro il modello di sviluppo che si ha in testa per la città. Ossia quale debba essere la città che perseguiamo al di là del mero confronto sui volumi e sul “cemento”.

Dalla lettura del PGT sembra infatti del tutto trascurata la dimensione propria di una metropoli a lungo riconosciuta come capitale economica del Paese: quale politiche spaziali per il “capitale” e il “lavoro” o, meglio, per “i capitali” e “i lavori” che oggi caratterizzano la Milano postfordista?.

Su questo aspetto non secondario per la città e il suo governo, il PGT non dice nulla, facendo riferimento a non meglio specificate vocazioni per le diverse aree e dando la sensazione di prefigurare un futuro per Milano come sola città dei consumi. Sarebbe un modello economico, sociale e territoriale riduttivo.

Si può inoltre sottolineare che se molte delle prospettive e delle opzioni evidenziate dal PGT appaiono positivamente ambiziose, esse vengono formulate nel nome di interessi opachi.

Questi dubbi si rafforzano in particolare se osserviamo i conflitti di potere interni alla maggioranza di centro destra che hanno contraddistinto gli ultimi mesi.

In altre parole non è chiaro se il PGT, questo PGT, così com’è oggi, nasca per tutelare l’interesse generale o assecondare una serie di interessi privati. Legittimi ma che si difendono abbondantemente da soli.


Per quello che riguarda poi i principi guida che caratterizzano il Piano non possiamo che registrare un preoccupante divario tra le teorizzazioni astratte e le loro concretizzazioni.

In particolare l’assunzione della densificazione come principio giustamente adottato per la limitazione del consumo di suolo rischia di produrre, se non se ne precisa il carattere, risultati non immaginabili.

Perché cosi com’è oggi esistono alcune pericolose ambiguità. Infatti l’inversione di tendenza nel consumo di suolo, come si enuncia, si attua se alla densificazione qualificata di alcuni ambiti si accompagna contestualmente la liberazione di aree attualmente compromesse, la “rarefazione”.

Al proposito è però fuorviante la rappresentazione che fa il Comune nel Documento di Piano quando stima di ridurre nel lungo termine dal 73% al 65% il consumo di suolo: il dato di partenza è infatti falsato dal considerare tutti gli ambiti di trasformazione come aree occupate, anche ambiti come “Ronchetto sul Naviglio”, “Porto di Mare” e “Piazza d’Armi” che sono già ora in gran parte aree libere.

Dunque si predica bene ma su basi improprie.

La densificazione è condivisibile se selettiva, limitata a certi ambiti fortemente accessibili, con l’intensificazione del trasporto pubblico, e ben attrezzati di servizi, e se è accompagnata dalla garanzia che nessun metro quadrato di suolo libero e permeabile in più verrà occupato.

Analizzando i meccanismi attuativi del Piano delle Regole e gli indici applicati, si evince, invece e purtroppo, che la densificazione è generalizzata in tutto il tessuto urbano consolidato della città.


Non vi è quindi alcuna selettività.

Si densifica un po’ ovunque, non si garantisce in alcun modo la tutela del territorio e dello spazio urbano. Il principio, condivisibile, enunciato come obiettivo nel Doc di Piano, della “densificazione selettiva”, non trova, infatti, nessuna fattiva attuazione nel Piano delle Regole.

L’esito ipotizzabile dell’attuazione del piano consiste perciò nella saturazione generalizzata ed eccessiva di tessuti urbani già densi, riempiendo i vuoti di cortina e gli spazi dei cortili, tramite l’acquisto di diritti edificabili generati dalla perequazione. Il tutto avverrebbe poi in gran parte in modalità diretta (DIA e permessi di costruire convenzionati), con scarsa capacità di controllo e “governo” da parte della pubblica amministrazione e con un sostanziale ed ulteriore indebolimento del consiglio comunale.

Un altro dei principi cardine su cui si fonda il PGT è quello della perequazione. In relazione al quale una discussione ideologica, ha ragione Masseroli, non serve a niente. Bisogna semmai verificare se la perequazione diffusa sul territorio comunale, la strada ipotizzata dal PGT, non essendo minimamente noti i meccanismi di regolazione del processo, non porti con sé alcuni rischi rilevantissimi rispetto alla trasparenza del mercato, alla modalità di determinazione dei prezzi, alla possibilità – un vero rischio da scongiurare – di concentrare nelle mani di pochi soggetti i diritti “perequati”.

In altre parole la perequazione deve necessariamente potersi compiere attraverso forme di indirizzo e governo pubblico. Ciò anche al fine di evitare che il Comune venga in possesso di “francobolli” di aree, tra loro non contigui, tali da non costituire un unico compendio rilevante ai fini dell’interesse collettivo; aree simili, una volta acquisite, rappresenterebbero un costo per l’amministrazione non essendo in grado per un tempo indeterminato (finché non lo decide il mercato) di essere fruibili.

Altro punto: l’incremento della popolazione. Il Documento di Piano prevede nel lungo termine un aumento di 287.000 abitanti mentre il Piano dei Servizi prevede un aumento di 338.000 abitanti. A ciò si accompagnano i settecentomila evocati dall’assessore lo scorso anno. Vi è un evidente pasticcio sui numeri (che pure, come diceva giustamente l’assessore non sono facili da intuire), tuttavia il problema principale è un altro: tali stime non si ritengono plausibili, poiché l’Ufficio Statistica del Comune non prevede infatti una crescita della popolazione nei prossimi anni. (A meno che, ma allora bisognerebbe avere il coraggio di dirlo, non si sta pensando all’aumento, anche recentemente ipotizzato da Blangiardo dell’ISMU, della popolazione degli immigrati extracomunitari. Il che però ci imporrebbe un radicale cambio di politiche dell’integrazione e della legalità).

La popolazione a Milano nell’ultimo ventennio è infatti stata stabile (dopo essere calata negli anni 80). Questo fenomeno difficilmente può essere invertito con l’immissione di nuova residenza nel mercato urbano, in una situazione di concorrenza dei Comuni dell’hinterland che cercano a loro volta di attirare nuova popolazione. È evidente che una realtà come l’area metropolitana di Milano necessità di una pianificazione urbanistica di area vasta, tramite cui trasferire quote di edificabilità non solo all’interno del confine comunale di Milano, ma anche a scala sovra-comunale, attorno a qualificati centri urbani dell’area metropolitana, caratterizzati da un’elevata dotazione di servizi ed ancorati al sistema di forza del trasporto pubblico. E, soprattutto, una nuova politica della casa a cui nella documentazione si fa cenno in modo ambiguo. Quella, invece, di cui ci sarebbe bisogno e da cui dovremmo partire come cuore pulsante di una nuova politica urbanistica.

Politica che non va lasciata alla volontarietà e ad equilibrio tra le scelte degli operatori ma va indirizzata, in particolare per aggredire con forza il settore degli affitti e dei tanti bisogni emergenti, a cui non si riesce più a rispondere, prevedendo oltre ad un ulteriormente rafforzato sistema dei premi per gli operatori anche forme di defiscalizzazione, tema che dovrebbe comunque accompagnarci nella discussione del PGT, affinché si mettesse in moto un mercato degli affitti più efficace verso chi oggi – e credibilmente domani – non ce la fa.

In altre parole: la popolazione della città di Milano può crescere, positivamente e non portando con sé disagi e difficoltà, puntando su fattori di attrattività quali la qualità urbana, la dotazione di verde e di servizi, il prezzo delle abitazioni.

In assenza di queste condizioni, a cui come dicevo all’inizio non si pensa minimamente, l’incremento della popolazione previsto dal P.G.T. sembra aleatorio, irrealizzabile o finalizzato esclusivamente a prevedere una stagione di speculazioni immobiliari fini a se stesse.

Oggi, inoltre, nel PGT, manca completamente la logica della programmazione dei servizi.

Su questo terreno vi è proprio tra noi una differenza culturale. Nel senso che voi ipotizzate, perché segnati da una precisa impostazione ideologica, quella che distorce il principio della sussidiarietà, il mercato come generatore delle risposte ai bisogni. Noi invece ci ostiniamo a credere che il pubblico debba svolgere la sua funzione di regia, in un sistema giustamente misto, che si ponga la finalità di non lasciare sul campo solo l’interesse del più forte.


Le ambiguità sono poi evidentissime in relazione ai temi del verde e del Parco Sud. Cioè delle nuove strade di una sostenibilità ambientale di una città che deve ripartire anche dal valore della terra per ricostruire vivibilità e attrattività. L’obiettivo di affermare la natura agricola e produttiva del Parco Sud si attua tramite la perequazione urbanistica, acquisendo al Comune la proprietà delle aree, al fine di realizzare il parco agricolo pubblico più grande d’Europa, e sostenere l’attività agricola mediante l’attivazione di contratti agrari di lunga durata.

Da una analisi delle quantità insediabili si evince però che il principio della limitazione del consumo di suolo, dichiarato dal Documento di Piano, è palesemente contraddetto dall’atterraggio di almeno quattro milioni di metri cubi di nuove edificazioni all’interno del Parco Sud, su aree attualmente libere ed in gran parte ad uso agricolo.

In pratica si prevede, anche a seguito di scelte compiute in passato dai diversi attori interessati, nuovo cemento sul Parco. Invece che una sua radicale riqualificazione. E questo è per noi inaccettabile.

Inoltre non è chiara la strategia di potenziamento del verde pubblico in città. L’impressione è che tutto si restringa alle interessanti ma assolutamente parziali e limitanti operazioni di arredo urbano, peraltro gestite in modo incomprensibile dal Comune di Milano, viste le dichiarazioni contraddittorie fornite dai diversi assessori in questi mesi, anche semplicemente sul numero di alberi da portare in città.

Dobbiamo invece ricavare più spazi verdi, in particolare per il tempo libero, le famiglie, i bambini costringendo maggiormente la collettività a farsene carico.

Sul versante delle infrastrutture e della mobilità ci troviamo di fronte ad una carenza dichiarata di nove miliardi di Euro necessari alla realizzazione di infrastrutture e a scelte come il “Tunnel” (che per noi va cancellato) pericolose sul terreno dell’incentivazione ossessiva, alla faccia della cittadinanza onoraria ad Al Gore!, dell’auto privata.


In altre parole siamo di fronte ad una scommessa in buona parte da riscrivere: noi lo faremo innanzitutto proponendo numerosi emendamenti di merito – non i migliaia osrtruzionistici della destra contro il PTCP in Provincia ma alcune centinaia, di merito, che ci auguriamo vengano accolti – per tutelare il diritto alla casa per tutti, la qualità dei servizi, il verde, uno sviluppo ambientalmente sostenibile giocato sull’area vasta e non sugli interessi di qualche privato interessato.


Ci auguriamo che la Giunta assuma un atteggiamento aperto e trasparente, altrimenti ci costringerebbe ad una iniziativa di intensa contrapposizione.


 
 
 
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