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Marco Schiavetta. Auto-orientamento: una competenza necessaria
27 Maggio 2015
 

 

L’istruzione, la formazione, lo sviluppo di riflessività nelle pratiche professionali e la capacità di apprendere lifelong e lifewide costituiscono condizioni irrinunciabili per l’esercizio effettivo del diritto di cittadinanza attiva. Queste quattro variabili, che sono diversamente presenti come risorse negli individui, ora più che nel passato rappresentano, se “curate” e “sostenute”, le garanzie per tutelarsi dai molteplici rischi di emarginazione o esclusione dal mondo del lavoro. Questioni di grande attualità che si presentano oggi in tutta la loro drammatica evidenza a partire sia dalle generazioni dei più giovani in cerca di prima occupazione sia dai cinquantenni fuoriusciti per la crisi, alle quali si richiede di rispondere in modo “flessibile” alle esigenze di uno sviluppo dominato da quadri sempre più complessi, da trasformazioni continue che impongono di porre costantemente in discussione abitudini consolidate, di riorganizzare la propria esistenza, di ripensare se stessi e la propria identità.1

La capacità di sapersi gestire e monitorare nel processo continuo di evoluzione individuale, costituisce per il soggetto la risorsa principale al fine di riprogettarsi, di auto-formarsi e costruire un progetto personale di crescita a livello esistenziale, di studio e di lavoro. Assumono, quindi, rilievo quei modelli che mirano a sottolineare la relazione che intercorre tra soggetto e contesto socio-professionale in una prospettiva di adattabilità professionale che viene definita come «la propensione ad affrontare in modo adeguato i compiti evolutivi per prepararsi e partecipare al ruolo lavorativo, e ad adattarsi alle richieste impreviste dovute ai cambiamenti del mondo del lavoro e delle condizioni lavorative».2 Ogni individuo, al di là delle caratteristiche personali, è anche l’artefice del proprio percorso esistenziale; mediante i suoi processi interpretativi, costruisce attivamente l’ambiente nel quale vive, lavora, studia (costruttivismo).

La concezione dell’orientamento come processo continuo implica il superamento di azioni occasionali, legate ad urgenze del momento e si lega sempre più ad un percorso personale di formazione permanente che si fonda sull’acquisizione, da parte del soggetto, delle competenze riflessive, decisionali, di autodiagnosi, di autocontrollo (ovvero strategiche in un’ottica auto-regolativa). Maria Luisa Pombeni, su questa linea, ha distinto varie tipologie di competenze orientative, acquisibili durante tutto il corso della vita, definendole un insieme di risorse a disposizione del singolo che lo rendono in grado di affrontare in modo consapevole ed efficace le situazioni di transizione psicosociale. L’autrice distingue: le “competenze orientative di base”, che si fondano su una preparazione generale (in termini di atteggiamenti, metodi, competenze trasversali, informazioni, ecc.) e si acquisiscono prevalentemente nell’età evolutiva mediante esperienze informali o formali di apprendimento; “le competenze orientative specifiche”, «finalizzate, in parte, ad auto-monitorare in itinere le esperienze formative e lavorative in cui si trova coinvolta (la persona) ed, in parte a progettarne l’evoluzione, cioè a costruire lo sviluppo della propria storia».3

Nell’ambito di un percorso di sviluppo di capacità auto-orientative, assumono un valore molto significativo competenze di livello “meta”, che sono alla base del controllo consapevole ed autonomo dell’azione, dei processi cognitivi, metacognitivi, affettivo-motivazionali, volitivi, emotivi e relazionali, attivati nella molteplicità delle situazioni nelle quali si è coinvolti. In primo luogo, perché i processi decisionali sono in parte influenzati dalle esperienze di apprendimento, come sostengono Lent, Brown, Hackett (1996) nell’ambito della Social-Cognitive Career Theory. Le stesse inclinazioni personali di un soggetto possono trasformarsi in interessi che conducono a specifiche scelte, solo se sono presenti adeguati livelli di percezione del proprio senso di autoefficacia ed elevate aspettative di successo personale, frutto anch’esse di esperienze di apprendimento pregresse. In secondo luogo, perché l’obiettivo prioritario degli interventi orientativi dovrebbe essere quello di rendere il soggetto in grado di attuare effettivamente le azioni razionali rispetto al raggiungimento di determinati obiettivi professionali, formativi ed esistenziali.

Come evidente, non è sufficiente manifestare l’intenzione di conseguire un determinato fine, è necessario implementarla, agendo in modo determinato, alla luce di opportune strategie auto-regolative che si esplicano, ad esempio, nell’elaborazione di specifici piani d’azione, nella definizione di una struttura gerarchica di obiettivi e sotto-obiettivi, nel possesso di adeguate competenze volitive che consentano di tutelare il perseguimento dell’obiettivo da ogni fattore disturbante che possa subentrare nel percorso. È importante che il soggetto sviluppi la capacità di progettare autonomamente il proprio percorso di vita e di scegliere strategie d’azione strumentali alla sua realizzazione.

L’orientamento viene ad assumere, in questo senso, un’accezione educativa che si integra sin dai primi anni di scolarità nella didattica curricolare4 e che mira a promuovere nel soggetto lo sviluppo di un set di atteggiamenti e risorse afferenti a varie dimensioni del sé, tali da sostenere l’acquisizione di competenze che lo rendano in grado di affrontare le situazioni di cambiamento in modo attivo. La scuola italiana è stata chiamata ad impegnarsi per applicare quanto appena descritto, nello specifico la circolare del Miur numero 4232 del 19 febbraio 2014 sull’Orientamento permanente, contiemne le “Linee guida nazionali per l’orientamento permanente” dirette alle scuole di ogni ordine e grado.5

In tale accezione l’orientamento si configura come dimensione nell’ambito della quale promuovere il self-empowerment6 del soggetto il quale acquisisce progressivamente la capacità di interagire in modo strategico con la realtà sociale, culturale, economica, lavorativa di riferimento, rafforzato dalla consapevolezza di sé, dei suoi progetti, del proprio livello di padronanza delle competenze e dalla capacità di esercitare un controllo consapevole sui processi di sviluppo delle stesse. In una prospettiva auto-orientativa, nello specifico, assume un ruolo centrale la promozione di competenze afferenti alle dimensioni dell’autode­ter­mi­na­zio­ne e dell’autorego­la­zione.

Un soggetto autodeterminato è assertivo, è consapevole di sé, dei propri valori, dei propri fini e sa esprimere i propri desideri, interessi e bisogni; si percepisce autonomo e libero da vincoli o costrizioni esterne nell’assumere decisioni; vede nella propria volontà la fonte interiore delle proprie scelte.7 L’autodeterminazione, pertanto, chiama in causa la riflessività, l’attribuzione di senso ai propri comportamenti, la capacità di progettarsi, di collocarsi nei contesti, l’elaborazione responsabile e consapevole di un progetto di vita.8 L’individuo che si autoregola è in grado di gestire strategie che attengono a dimensioni diverse del suo essere (cognitiva, metacognitiva, emotiva, relazionale, affettiva e volitiva) e che gli consentono di attivare comportamenti strumentali al raggiungimento degli obiettivi formativi e professionali da lui stesso individuati. Questo gli permette di dare un significato agli sforzi ed ai sacrifici necessari per raggiungere la meta desiderata.

 

Marco Schiavetta

 

 

 

1 Cfr. Alberici A., Imparare sempre nella società della conoscenza. Bruno Mondadori, Milano 2002.

2 Savickas M.L., Carter adaptability: An integrative construct for life-span, Life-space Theory. The career Development Quarterly, 1997, 45, 247-259.

3 Cfr. Pombeni M.L., Metodologie per lo sviluppo delle competenze orientative. Il contributo della scuola nel processo di orientamento, Intervento al Convegno Tavolo per l’orientamento, Tione, Ottobre 2007.

4 Cfr. Domenici G., Margottini M., L’orientamento diacronico-formativo tra scuola e università in Grange Sergi T., L’orientamento nella progettualità educative, Pensa Multimedia, Lecce 2007.

5 Nelle politiche europee e nazionali per la realizzazione degli obiettivi e delle strategie di “Lisbona 2010” e di “Europa 2020”, l’orientamento lungo tutto il corso della vita è riconosciuto come diritto permanente di ogni persona, che si esercita in forme e modalità diverse e specifiche a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni.

6 Cfr. Bruscaglioni M., Persona empowerment, Franco Angeli, Milano 2007.

7 Cfr. Nota L., Soresi S., Sfide e nuovi orizzonti per l'orientamento. Metodologie e buone pratiche, Giunti, Firenze 2010.

8 Nel corso del tempo il costrutto in questione è stato oggetto di approfondimenti da parte di vari autori. Pellerey (2006), sottolinea con Carrè (2002) il rimando ad un’accezione “strategica” del controllo dell’azione evidenziando nel costrutto dell’autoregolazione la dimensione “tattica”. Decy e Ryan (1985) lo legano alla possibilità per il soggetto di soddisfare le motivazioni intrinseche fondamentali: il bisogno di competenza (percepirsi efficaci nelle interazioni con l’ambiente e nell’espressione delle proprie capacità); il bisogno di autonomia (sentirsi in grado di compiere scelte, di impegnarsi in attività frutto della propria volontà e non imposte dall'esterno); il bisogno di relazionarsi agli altri (sentirsi integrati in un gruppo o in una comunità, costruire relazioni positive con gli altri). È necessario tenere presente che l’autoregolazione non si limita alle dimensioni di natura meramente metacognitiva, ma chiama in causa anche quelle afferenti all’ambito emozionale, sociale, motivazionale, volitivo.


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