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Da Tiziano a Van Dyck. Il Volto del’500
26 Settembre 2018
 

L’evoluzione del gusto e le scelte dei collezionisti che hanno portato alla formazione di importanti raccolte sono tra i temi più intriganti della storia dell’arte. In numerose occasioni sono state analizzate le figure dei grandi collezionisti, spesso in rapporto con le coordinate culturali ed economiche del periodo in cui si trovarono ad operare. Nello sfogliare i cataloghi delle grandi collezioni si ritrova così un’immagine efficace del gusto di un determinato momento storico.

Nel secolo scorso, accanto al collezionista tradizionale, che mantiene o accresce il patrimonio ereditato, si accosta una nuova figura caratterizzata da una grande sensibilità acquisita tramite lo studio e la possibilità di interfacciarsi con le più importanti collezioni museali e con le grandi mostre che consentono una divulgazione capillare del patrimonio artistico. Così, anche grazie al boom economico, nascono, a partire dal secondo Novecento, svariate collezioni svincolate da tradizioni nobiliari e da posizioni sociali storicizzate, costruite meticolosamente da individui in grado di viaggiare, acquistare, scambiare e riscoprire capolavori sommersi o distanti dall’immobilizzazione museale.

A questa tipologia di collezionista si può ricondurre Giuseppe Alessandra, nato nel 1936 a Mogliano Veneto (Treviso), che a partire dal 1956, inizia a creare il suo personalissimo “fondo” di tesori in cui trovano spazio armoniosamente oggetti ed opere d’arte che dall’Arte Medievale arrivano fino alla produzione di giovani artisti emergenti.

La mostra “Da Tiziano a Van Dyck. Il volto del '500” aperta a Treviso a Casa dei Carraresi fino il 3 febbraio 2019, organizzata da ARTIKA e curata da Ettore Merkel (catalogo Biblos), attinge integralmente alla collezione di Giuseppe Alessandra.

I dipinti selezionati per la mostra a Casa dei Carraresi propongono un affascinante percorso che dal Rinascimento giunge al Manierismo fino a lambire i confini del Barocco.

La suddivisione delle opere mira a mettere in risalto l’evoluzione della pittura veneta a partire dalla tradizione belliniana e dalla rivoluzione giorgionesca, per illustrare la maniera delle grandi botteghe rinascimentali e manieriste, come quella di Tiziano e del Bassano, fino ad arrivare alle nuove espressioni seicentesche.

Per scelta i curatori, accanto alle opere dei grandi maestri hanno proposto opere della loro cerchia e bottega, con l’obiettivo di focalizzare il modello creativo dell’epoca e ripercorrere le complesse tangenze che hanno fatto del ’500 il secolo della grande arte in terra veneta ma non solo.

La mostra è suddivisa in sei sezioni. La prima e la seconda, comprendono un nutrito corpus di opere finalizzato all’analisi della pittura veneta dalla fine del’400 alla fine del secolo successivo. Dalla bottega dei Bellini all’ultimo Tiziano, questa parte della mostra analizza alcune fra le maggiori personalità del Rinascimento veneto come Giorgione, Tiziano e Tintoretto, le cui opere sono presentate accanto ai dipinti realizzati da artisti usciti dalle loro botteghe (come Sebastiano del Piombo, Palma il Giovane e Lodovico Pozzoserrato). Nella terza e quarta sezione si affrontano le vicende artistiche contemporanee in aerea lombarda e in Centro Italia. La quinta sezione guarda agli artisti d’Oltralpe le cui vicende hanno influenzato le arti figurative nel Nord Italia. In questa sezione trovano spazio il Ritratto di Gentiluomo di Hans von Aachen e lo Studio di testa di Van Dyck.

L’ultima parte della mostra conduce lo spettatore dentro le vicende del Barocco.

La mostra comprende molti ritratti di grande interesse e pregio. Oltre a ritratti individuali con cui si soleva rendere omaggio a personaggi socialmente affermati – che, apparentemente indipendenti dal sostegno della collettività, dimostrano una completa autonomia d’azione (come il Ritratto di Ottavio Farnese di Tiziano Vecellio) – che appare nella posa tre quarti, dal profilo classicheggiante ed evocante una dignità ieratica. Altri ritratti sono rappresentati frontalmente (come il Ritratto di Sebastiano Venier, capitano generale da Mar 1576-77), in questo caso il personaggio appare molto suggestivo, per il suo approccio con lo spettatore. La ritrattistica dei membri della famiglia Farnese è rappresentata nella collezione Alessandra, oltre che dal già citato Ottavio da quello di Sebastiano del Piombo Ritratto di Pier Luigi, figlio prediletto di papa Paolo III.

La sprezzante espressione del volto, incorniciato da una fitta barba e baffi scuri, posa di tre-quarti distogliendo lo sguardo dall’osservatore per puntarlo lontano. Il cappello piumato e la giubba nera sopra la veste argentata sono simili agli abiti indossati dai cavalieri di parte guelfa fiorentini. Lo sfondo, uniforme, sottolinea la concentrazione pittorica di Sebastiano del Piombo nella resa espressiva dello sguardo, tagliente come la spada che il personaggio dovrebbe impugnare nella sinistra.

Le raffigurazioni con ritratti di copie con famigliari rendono maggiormente la concezione di sociali privilegi e autentica solidarietà alla casata.

In questo caso il Ritratto di Giorgio Piloni con figlio di Cesare Vecelio ne è un esempio di grande poesia.

Il grande ritratto raffigura un personaggio di anni 60 circa, seduto su una seggiola in legno intarsiato con la seduta e lo schienale rivestiti in velluto. Porta un lucco in panno bruno con un piccolo collo di pelliccia dal quale fuoriesce un colletto di lino bianco. Seduto accanto alle sue ginocchia è un fanciullo di sette-dieci anni, vestito con il solo farsetto in pelle grigia con le maniche di velluto chiaro, ampia gorgiera e polsini. Alle loro spalle si apre un’ampia finestra, oltre la quale appaiono cespugli, un fiume ed una veduta di città delineata a tratti veloci e sommari, tanto da rendere difficile la sua identificazione. Al centro una chiesa romanica con campanile ed un’esedra circolare sono accostati ad un altro campanile con uno sfondo di montagne. La veduta oltre il fiume ricalca, per la presenza del fiume, l’iconografia della città di Belluno vista dalla destra Piave.

 

Maria Paola Forlani


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