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Solo me ne vo per la città… Un trekking milanista da Kilpin a Shevchenko 
di Mauro Raimondi
L’Omm de preja, la statua romana incastonata tra le scintillanti vetrine delle boutique meneghine
L’Omm de preja, la statua romana incastonata tra le scintillanti vetrine delle boutique meneghine 
26 Luglio 2014
 

Dopo due trekking letterari, ho pensato che sarebbe stato divertente proporne uno completamente diverso. Perciò la terza passeggiata estiva lungo le strade di Milano sarà tinta di rossonero, e noi andremo alla ricerca di alcuni dei luoghi che hanno fatto la storia della squadra (forse) più titolata al mondo.

L’inizio è in piazza della Repubblica (MM3), di fronte all’Hotel Principe di Savoia (così denominato dopo i lavori del 1927). Dove, quando ancora si chiamava Hotel du Nord e des Anglais, forse il 16 dicembre 1899, l’inglese Herbert Kilpin fondò il Milan Cricket and Football Club insieme ad altri dieci soci, cinque inglesi e cinque italiani (tra cui Piero Pirelli, figlio di Giovanni Battista, deus ex machina della grande industria ambrosiana).

Purtroppo, le successive ristrutturazioni apportate all’albergo rendono impossibile localizzare la sala in cui si celebrò il battesimo, comunque sia quel giorno venne steso lo Statuto e furono decisi nome e colori della nuova squadra meneghina: per questi ultimi, si optò per il rosso e il nero, secondo alcuni storici in onore di quelli del Nottingham Forest, la città dove Kilpin era nato. Mentre il simbolo del “diavolo” arrivò qualche tempo dopo, forse per ricordare l’anima protestante e perciò quasi “diabolica” dei fondatori anglosassoni.

Quando il Milan venne creato, l’attuale piazza della Repubblica era dominata dalla principale stazione ferroviaria della città, situata appena fuori la cinta muraria spagnola. Conclusa nel 1864, era famosa per la sua tettoia d’acciaio e vetro, oltre che per la qualità del suo ristorante. Il boom economico che cambiò il volto a Milano già alla fine dell’800 la rese obsoleta, ma restò in attività fino agli inizi degli anni ’30, quando venne inaugurata la nuova Stazione Centrale.

La zona, quindi, era completamente diversa, e noi chiudendo gli occhi possiamo immaginare Kilpin e gli altri, quel giorno di quasi inverno del 1899, proseguire per l’odierna via Turati dove, al n. 3, fino a qualche mese fa si trovava la (più longeva) sede rossonera, insediatasi qui nella seconda metà degli anni ’60 dopo il trasferimento da via Serbelloni. Gli uffici erano a sinistra dell’ingresso, e dal balcone si sono spesso affacciati dei giocatori per salutare i tifosi: tra gli ultimi, Ibrahimovic nel 2010 e Kakà nell’estate 2013.

Prima di arrivarci, lungo la via si possono osservare dei palazzi che sono considerati dei classici dell’architettura, come quelli della ex Montecatini, della Permanente e la Ca’ Brutta, il cui soprannome deriva dal poco lusinghiero giudizio estetico espresso dai milanesi degli anni ‘20. La strada è stata a lungo intitolata al Principe Umberto di Savoia e fu qui che il 29 marzo 1896, presso il Circolo Fotografico, per la prima volta a Milano vennero proiettate delle pellicole dei Fratelli Lumière.

Alla fine di via Turati i nostri “eroi”, diretti verso il centro, varcarono il Naviglio forse all’altezza di piazza Cavour e attraversarono l’unico ingresso rimasto delle mura medievali: Porta Nuova. Ma mentre loro proseguirono per via Manzoni, noi giriamo nella prima traversa a sinistra, in via della Spiga, dove hanno abitato due campioni del Milan. Il primo, Franco Baresi, detiene il record di anni come capitano rossonero: ben 15, contro i 12 di Paolo Maldini e Rivera. Nella sua carriera ha indossato solo la maglia del Milan, restandole fedele anche durante le retrocessioni in serie B e venendo poi ripagato da molte vittorie e dall’imperituro affetto dei tifosi.

Il secondo, invece, è Andriy Shevchenko, che quando scoppiò la centrale atomica di Chernobyl viveva nelle vicinanze. Autore di 175 reti, è il secondo cannoniere nella storia del Milan dopo Nordahl: mitico, il rigore che realizzò alla Juventus nella finale di Manchester, decisivo per la vittoria nella Champions del 2003.

Via della Spiga, come si è già detto nel secondo itinerario manzoniano, deve forse il suo nome a una famiglia che vi risiedeva o a una lapide latina. In passato questa era una zona di artigiani che servivano le famiglie benestanti dei palazzi adiacenti, e solo dagli anni ’60 si è trasformata in uno dei santuari della moda.

La seconda traversa a destra di via della Spiga è via Santo Spirito. Dopo averla percorsa, voltiamo a sinistra in via Montenapoleone, dove vissero molti milanesi illustri come Carlo Porta (n. 2), Grossi (n. 1), Cattaneo (n. 23), Pietro Verri (n. 25), o d’adozione come Giuseppe Verdi.

Alla fine, superato corso Matteotti, imbocchiamo la Galleria Toro, l’ex Galleria De Cristoforis, soprannominata la Contrada de veder per i suoi specchi, uno dei luoghi più chic della Milano dell’800. Attraversatala, si sbuca in corso Vittorio Emanuele (vedere il primo itinerario su I promessi Sposi), e proprio di fronte a noi si apre la Galleria San Carlo, dove possiamo riposarci visitando un Milan Megastore ricco di maglie, foto, gagliardetti e gadget vari.

Sempre in corso Vittorio Emanuele, ai primi del ‘900 vi era il famoso American Bar, dove si incontravano i pionieri inglesi del Milan come Kilpin ed Edwards (primo presidente rossonero), e Carlo Bertolazzi ambientò “Gli sciori”, seconda parte del suo capolavoro, El nost Milan. L’attuale isola pedonale fu voluta dal sindaco Tognoli nel 1985 e presenta edifici costruiti dopo le distruzioni della seconda Guerra Mondiale. Da vedere assolutamente, la chiesa di S. Carlo al Corso (eretta a imitazione del Pantheon di Roma e terminata nel 1847) e la statua romana dell’Omm de preja al n. 13.

Al termine del corso, all’angolo con via S. Radegonda, una targa rammenta l’esistenza in questo luogo della prima centrale termoelettrica d’Europa costruita dalla Edison nel 1883. Proseguendo diritto, costeggiamo la Rinascente: il magazzino, famoso per i suoi interni liberty, bruciò il 25 dicembre 1918. Battezzato con l’attuale nome da D’Annunzio, fu di nuovo distrutto dalle bombe nel 1943: quando venne rifatto, fu oggetto di severe critiche da parte dei milanesi perché considerato esteticamente molto inferiore alle precedenti versioni.

Alla fine della strada si apre piazza Duomo, dove negli anni ’50 e ’60 passavano gli ironici “funerali” dell’Inter organizzati dai tifosi del Milan (con tanto di bare) a seguito di una vittoria nel derby. Adesso, dal punto di vista sportivo, la piazza è il luogo dei maxischermi o dove transita il pullman della squadra per festeggiare una vittoria (per la prima volta, in occasione della Champions 2007).

Per continuare il nostro tour, infiliamoci sotto i Portici Settentrionali (dove visse l’indimenticabile Anna Kuliscioff) e prendiamo via Ugo Foscolo, in cui si trovava la Birreria Spaten Brau, uno dei “covi” dei primi milanisti. Ora, ovviamente, non esiste più, mentre invece è rimasto intatto, in via Berchet 1, il palazzo che ha ospitato la prima sede della società, la celebre Fiaschetteria Toscana. Sbirciando nell’attuale negozio di abbigliamento, con un po’ di fantasia potremmo vedere Kilpin e gli altri soci intenti a brindare, perché presumibilmente vi si recarono per festeggiare la nascita del Milan una volta conclusa la riunione di piazza della Repubblica. Ogni 16 dicembre, di fronte al negozio, si incontrano alcuni fedelissimi rossoneri per ricordare quella memorabile sera. E in queste stanze, nel 1903, si infilarono alcuni ladri che rubarono il primo prestigioso trofeo vinto dal Milan: la “Medaglia del Re”.

Peccato che proprio a fianco si stagli un punto vendita dell’Inter… Noi, senza guardarlo, ritorniamo in piazza Duomo ricordando che nella sua storia il Milan ha avuto sedi in tutto il centro: da Piazza dei Mercanti a via del Lauro (dagli anni ’40 fino alla metà dei ’50), da via Meravigli (1926) a via Gaetano Negri (negli anni ’30) e via Orefici (al Bar Vittorio Emanuele, nei primi anni ’20).

Detto ciò, prendiamo via Torino alla ricerca di due altri siti rossoneri, e nell’attesa, subito a sinistra, visitiamo l’antica chiesa di S. Maria presso S. Satiro, con il suo splendido finto presbiterio bramantesco. Quindi, un centinaio di metri più in là, sulla destra soffermiamoci sul Tempio Civico di S. Sebastiano, disegnato da Pellegrini Tibaldi e voluto da Carlo Borromeo per celebrare la fine della peste del 1576.

Poco oltre, prima della FNAC svoltiamo a sinistra in via della Palla e giungiamo nella tranquilla piazza S. Alessandro: la facciata della chiesa risale a metà del ‘700, mentre l’interno ospita affreschi e dipinti di fine ‘600. A fianco si trovavano le Scuole Arcimbolde dove studiò Parini, e proprio di fronte vi era il Circolo Milanista, in cui negli anni ’60 Nereo Rocco convocava i giocatori per parlare, bere qualcosa e poi passeggiare per la città: Nordahl, Schiaffino, Altafini, Rivera e tanti altri passarono di qui, finché negli anni ’70 il Circolo non chiuse.

Ormai è giunto il momento di concludere il nostro itinerario. E quale luogo migliore di quello dove il mitico Paròn aveva il suo “ufficio”? Per raggiungerlo, a sinistra del Circolo Milanista prendiamo via Amedei (nella prima traversa a destra, in via Olmetto 1, visse il grande poeta Delio Tessa), percorriamola tutta e poi giriamo a destra in via Cornaggia, dove si trova l’ingresso del ristorante l’Assassino. All’interno, le fotografie testimoniano l’anima rossonera di questo locale aperto negli anni ’50 da Ottavio Gori, in cui Rocco riuniva la squadra prima delle partite (ordinando per tutti un piatto di riso in bianco, del filetto con patate e una crostata) e tornava dopo il novantesimo per incontrare il suo gruppo di amici fidati.

Il ristorante, elegante e con un bel giardino, è situato nello storico Palazzo Recalcati risalente al XVI secolo, e proprio qui, dopo un paio d’ore di camminata, ci congediamo. Auguri di buone vacanze a tutti, milanisti e non. Saludi


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