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Roberto Bertoni: "Fili". Recensione di Rosa Pierno
Piero Manni Editore, Lecce 2008
Piero Manni Editore, Lecce 2008 
15 Settembre 2008
 

Altamente evocativa la scrittura di Roberto Bretoni: non solo per i personaggi che convoca e per le storie che con meticolosa cura costruisce, ma soprattutto per gli scenari, i fondali, i disegni coloratissimi che continuamente sfilano dinanzi agli occhi del lettore come se la storia non dovesse darsi che nel loro veloce susseguirsi. È in questo teatrino, simile a quello che utilizzava il Poussin per costruire i propri quadri, che l’esistenza viene rappresentata con tutti i mezzi dell’artificio, affinché sia possibile produrre in vitro l’effetto generale, il modello di riferimento e dove i manichini di gesso, prelevati di peso da altri libri, siano utilizzabili per una nuova rappresentazione che preveda inneschi e intersezioni di più libri. Accade per questo che la sola parola “pianura” evochi altri libri, che l’aggettivo indolore che segue dappresso il sostantivo pulviscolo dia conto dell’esistenza dello scarto incolmabile tra immaginazione e realtà, tra finzione letteraria e esperienza quotidiana. Così ora sappiamo dove ci troviamo: in un paesaggio in cui le ombre sono da esperire nella loro consistenza materiale, ma anche da interrogare poiché raccontano miti e ne fanno parte.

I libri altrui sono pezzi di macchine facenti parte di un abaco con cui costruire il proprio testo. Sono sipari, cortine, meccanismi da riassemblare, accessi e cunicoli per sbucare in altre dimensioni geografiche e temporali, perché naturalmente la letteratura consente questo viaggio, consente la costruzione del luogo con brani di città e di miti, di storia e di favole, di brani filosofici e di indagini matematiche. E quanto, inevitabilmente, questa ricostruzione sia simile al paesaggio della realtà mentale, quasi potendo essere considerata uno studio scientifico sul funzionamento della mente (comprese le componenti emotive, sentimentali, percettive) è una prospettiva che apre a una non convenzionale ipotesi sulla non separazione tra arte e scienza.

Bertoni è mago/scienziato e opera attraverso l’esperimento autobiografico una ricerca molto simile a quella scientifica, considerando anche. l’ordine alfabetico con cui ha sistemato i suoi materiali, analogico a quello classificatorio necessario nell’inventariazione scientifica. Il tentativo, di costruire il libro con tutti i materiali culturali a disposizione senza avere nessuna preclusione e soprattutto senza escludere le materie scientifiche, equivale dunque di fatto a un recupero della totalità, a una riattualizzazione di ciò che sembrava obsoleto solo perché appartenente ad altre epoche o incongruente solo perché non facente parte del dominio umanistico. Solo con una totalità, vale a dire con tutti i mezzi possibili, si può tentare un’impresa eroica, qual è quella di raccontarsi. Rubricare casi esistenziali ben sapendo che esprimono ben poco della complessità e dell’interezza di un’esistenza, eppure produrli a dispetto di tutto perché quello che è detto è detto, quello che è detto è estirpato al caos, da quello che è stato detto si può evadere solo dicendo ancora dell’altro. E d’altronde il libro parla chiaro: l’autore con il libro si consegna al lettore. Che il libro contenga doppi fondi, specchi in cui si può entrare, storie al quadrato, doppie e triple identità e tutto l’armamentario con cui in genere in letteratura un personaggio si presenta, compresi gli strumenti da prestigiatore con cui cambia le carte in tavola, fa appunto parte del personaggio Bertoni.

Si può separare la propria esistenza dai libri letti? Crediamo proprio di no! E la sua vita è una vita in cui, diversamente da altri casi, l’autore, esattamente come Mister Hyde, fa esperimenti su se stesso, entra nel libro, non è il deus ex-machina che gioca non sporcandosi le mani. Quello che ci consegna è un esempio di quanto la vita possa essere vissuta centinaia di volte, con mille pelli diverse. In barba a chi fa dell’autobiografia un ritratto statico, imbrigliato, ingessato. Crediamo che sia questo il modo di andare oltre il genere (d’altronde ogni vero artista crea il suo genere) per rifondarne la categoria, ampliarla, scombussolarla. Così, questo libro è quello proprio quello del genere che più ci piace.

 

Rosa Pierno



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