Venerdì , 29 Marzo 2024
VIGNETTA della SETTIMANA
Esercente l'attività editoriale
Realizzazione ed housing
BLOG
MACROLIBRARSI.IT
RICERCA
SU TUTTO IL SITO
TellusFolio > Nave Terra > Oblò africano
 
Share on Facebook Share on Twitter Share on Linkedin Delicious
Bruna Spagnuolo: I ‘Festival’ nigeriani: specchi di africanità dalle molte identità - 3
21 Maggio 2009
 

Other festivals

Infinite sono le etnie nigeriane(7) e, perciò, infinite sono anche le celebrazioni rituali legate a tradizioni scomparse o a tradizioni ancora vigenti. Cambiano tra Stato e Stato e, ancor di più cambiano tra Nord E Sud; neppure quelle legate alla terra e alla stagione del raccolto coincidono né si assomigliano, poiché le tradizioni alimentari delle popolazioni del Sud differiscono completamente da quelle delle popolazioni del Nord. Il Sud ha per il grande tubero chiamato igname la riverenza senza limiti che i popoli occidentali del passato hanno sempre avuto per il pane e il Nord ce l’ha per il mais e per la sua farina. Il Nord ha un retaggio di ‘riverenza’ per il raccolto del cotone e delle arachidi e il Sud pensa allo gnam come a qualcosa di sacro e vorrebbe poter compiere magie per per produrre noci di cocco grandi come angurie (e, spesso, qualcuno, nei villaggi più arretrati, si macchia di crimini orrendi, sacrificando esseri umani a tale scopo). Le comunità del Nord e quelle del Sud, perciò, celebrano festival totalmente diversi tra loro: alcuni villaggi del Nord celebrano festival simili alle feste della mietitura e del raccolto in senso lato; quelli del Sud celebrano il festival del nuovo gnam (quando i primi tuberi sono grossi abbastanza da poter essere consumati).

Le tribù del delta del Niger celebrano tre festival importanti (Ikwerre/ Kalabari/ Okrika) per festeggiare-evocare-placare gli spiriti dell’acqua della regione. Coloro che si mettono in maschera per l’occasione indossano copricapo incisi e decorati a forma di pesci o di uccelli acquatici. Ogni festival ha inizio con le attese ‘rivelazioni’ dell’arte divinatoria praticata dal sacerdote della divinità in questione; prosegue con i sacrifici rituali e con i canti e i balli che descrivono gli aspetti della divinità. Il centro del festival è un uomo mascherato da divinità.

 

 

Conclusione

Ho descritto soltanto alcuni dei ‘festival’ nigeriani più noti, ma ne esistono molti altri che meriterebbero attenzione (e, ne sono sicura, moltissimi di cui si ignora l’esistenza)

La Nigeria, nell’inconscio collettivo mondiale, non è altro che una nazione africana come tante. Chiunque la conosca per sentito dire o per poche nozioni geografiche, non la distingue dal resto dell’Africa più di tanto e ne confonde i ‘profili’. Non c’è da meravigliarsene, poiché persino chi vi passa buona parte della sua vita fatica a orientarsi nel macroscopico mondo culturale sfaccettato e stratificato che la compone. Gli stessi Nigeriani conoscono a malapena le ricorrenze-festività delle innumerevoli località (e delle infinite etnie, sparse nella vastità del territorio federale come stelle sconosciute di una galassia immisurabile), poiché la Nigeria, per la sua ‘sistemazione’ territoriale, per così dire, è un caleidoscopio immenso di realtà culturali (dovute alle identità etnico-tribali senza fine e all’universo, praticamente inesplorabile, delle credenze-pratiche-rituali-filosofie di vita) numerose come gli antenati delle popolazioni attuali. Credo che nessuna nazione al mondo possa vantare un numero di tradizioni-rituali-celebrazioni-manifestazioni (‘festival’) grande come quello della Nigeria (e, se mi è permesso osare, credo che ogni popolazione dei vari Stati federali e persino dei vari grandi villaggi conservi per sé tradizioni segrete che, per nulla al mondo, mostrerebbe ‘oltreconfine’). Il numero delle ‘celebrazioni’-tradizioni molto famose (ed estremamente popolari all’interno degli Stati di riferimento/ dello Stato federale e persino a livello mondiale) è, comunque, oggettivamente notevole.

La complessità colorata/ grandiosa/ affascinante/ intrigante/ seducente/ misteriosa di tutta l’Africa (con le implicazioni-cultura tribali di legami mistici e preistorici e con il senso del divino e il timore di manifestazioni-fenomeni-elementi della natura/della vita e della morte) entra nei ‘festival’ nigeriani (e disegna gli affreschi strabilianti unici al mondo di ognuna delle loro inquadrature mozzafiato e degl’innumerevoli rituali legati alla variegata ricchezza di retaggi-passaggi-sovrapposizioni-fusioni-culture). L’occhio ‘turistico’ non è destinato a cogliere la valenza poliedrica della manifestazione visiva-visibile di quelle che appaiono come tradizioni ‘riesumate’ dalla massificazione del bisogno di appartenenza e che sono, in realtà, espressione-calendario di un mondo socio-culturale-ideologico ancora perfettamente coincidente con la cadenza-respiro del polso etnico localmente e federalmente collettivo (a dispetto di tutte le interferenze-invasioni- forzature/modernità-globalizzazioni pericolosamente omologanti). La ‘facciata’, che può bastare al turista e può soddisfare anche il globetrotter occidentale più convinto e ‘spericolato’, offre vari appuntamenti (come raggiungerli è sfida privata). Ecco una ‘tipologia’ della descrizione e dei tempi degli eventi-festival ‘calendarizzati’in Nigeria:

 

Iko Okochi Afikpo

Dance, Music

November-December

Ebonyi

Kwagh-hir puppet theatre

Drama

November

Benue

National festival of arts and culture- nafes

Dance, Drama, Music

September

Benue

Ila Oso Uzuakoli

Dance, Music

December

Abia

Abuja Carnival

Dance, Music

November

FCT

This Day Music Festival

Music

July-October

World Festival of Yoruba Arts and Culture

Dance

November

Lagos

Muson Festival

Music

October

Lagos International Jazz Festival

Music

March

Osun-Osogbo Sacred Grove Festival

Dance

August

Osun

Kagoro Festival

Dance, Music

January

Kaduna

   

La presente tabella è una prova di come non sia possibile ‘incasellare’ la grandezza delle tradizioni (senza ridurre/snaturare la valenza a più letture della cultura cui si fa riferimento -con parole sempre e comunque inadeguate). Un ‘festival’ africano è la ‘drammatizzazione’ periodica di ciò che il popolo in questione ha ereditato (in una trasmissione secolare e/o millenaria) sotto forma di percezioni-suoni-immagini-esperienze (sapori-odori) e che, attraverso fiumi di generazioni, ha metabolizzato e trasformato in sentire-sentimenti-pensieri-‘nozioni’-comportamenti. Ogni singola celebrazione ha un’importanza talmente vasta che necessita di operazioni-recupero a livelli innumerevoli (di disponibilità-studio-approfondimento) e che riceve offesa da qualsiasi programma o timetable di natura riduttiva (in cui tutte le implicazioni culturali-storiche-etniche-filosofiche-etnologiche-ambientali-ideologiche degli eventi menzionati vengono banalizzate da parole come ‘danza’ e ‘musica’ che sono ben lontane dal contenere la risultanza mastodontica del significato complessivo dell’avvenimento). I rituali di un ‘festival’ erano (in tempi ancestrali) riti mondatori/ divinatori/ propiziatori e tali sono ancora (a dispetto di tutta la prosopopea dell’uomo che pretende di trasferirsi nello spazio). La ‘musica’ e la ‘danza’ (che vi si possono ‘ammirare’) fanno parte di una simbologia tanto ampia da non poter essere ‘inscatolata’ in parole-tabelle-etichette prêt-à-porter ; le ‘mascherate descritte come ‘danze’, nelle tabelle ‘sfornate’ per i turisti, sono, in realtà, ben altra cosa (come definire ‘danza’ e ‘musica’ il ‘girovagare’ ritmato di una maschera che porta sul capo la divinità lignea dei suoi antenati, dopo averla rubata al nascondimento geloso di un intero anno, e che espone durante il ‘festival’ del caso, per farle fare il percorso previsto dalla tradizione e farle eseguire le ‘operazioni’ mondatrici/ benedicenti che il villaggio ha atteso per un anno intero o per più tempo?).

 

I ‘festival’ nigeriani, in particolare, e quelli africani, in generale, sono una cosa interessante da vedere, ma sono, soprattutto, un evento di inestimabile valore antropologico; non possono essere sottovalutati, né copiati, né scimmiottati.

 

Chiunque si picchi di mettere in scena, nel mondo, eventi di ‘cultura’ africana (che con le tradizioni infinitamente sfaccettate e complesse dei vari paesi di appartenenza non spartiscono neppure la più lontana finzione) sono degli illusi o, peggio, sono users e sciacalli (che, senza farsi troppi scrupoli, cercano di lucrare sugli ultimi della terra). Di questo genere mi pare il Kwanzaa che si organizza in America, ove, alla faccia delle infinite ‘vere’ tradizioni genuinamente africane, si ‘costruisce’ a tavolino il disegno sfacciato di una ‘tradizione’ finta (una in più/una nuova- come se l’Africa non ne avesse di sue o non ne avesse abbastanza- e, per di più, una a scopo di lucro), di cui né l’Africa vera né gli Africani lontani dall’Africa hanno bisogno.

 

 

NOTE -approfondimento

(1) La Nigeria. È ritenuta, nei giorni nostri, Stato leader tra quelli africani, ma, in realtà, non ce la fa a scrollarsi di dosso l’abito di stato Cenerentola, per mancate oculatezze-gestione del ricco sottosuolo (e dei giacimenti di petrolio). Gli anni '70 (con il costo del petrolio alle stelle) avevano fatto balenare la possibilità che la Nigeria diventasse un esempio trainante di prosperità e di democrazia in Africa, ma tale possibilità restò un miraggio, poiché la classe politica giocò male le sue carte (affossata dalla corruzione e dagl’interessi di parte). Il breve momento di gloria affogò in guerre civili sanguinose, massacri, abusi contro i diritti umani e orribili carestie, che l’hanno riempita di criminalità, disoccupazione e sovrappopolazione e ne hanno fatto un paese che passa da un presidente all’altro, sognando e cercando fortemente la stabilità. Credo che a tenere insieme la marea di Stati nigeriani sia il collante pieno di fascino delle lotte e degli stenti profusi nella realizzazione dell’unificazione (in una pacifica repubblica unica). La Nigeria (nell’Africa Occidentale) confina con Benin (ovest)- Ciad e Camerun (est)- Niger (nord)- Golfo di Guinea (sud). Le sue principali città sono Abuja (capitale)- Lagos - Abeokuta- Ibadan- Port Harcourt- Kano- Kaduna- Jos- Benin City. La Nigeria settentrionale è stata dominata (per oltre 600 anni) dall’Impero di Kanem Bornu (nelle vicinanze del lago Chad), che si è arricchito con il commercio tra il Nord e il Sud (ovvero tra i Berberi del Nord Africa e le popolazioni delle foreste). Gli Stati hausa (XVIII secolo), e, soprattutto, le città hausa erano sotto il controllo dei Fulani (non del tutto islamizzati). Un Fulano islamizzatissimo (Usuman Dan Fodio) si levò contro i costumi hausa corrotti, ebbe largo seguito e (1804) fondò un Stato unico (hausa), che, in sua morte, fu diviso tra fratello e figlio (la parte occidentale ebbe come capitale Sokoto). La lingua Hausa, lì, è ancora la prima lingua (e si estende fino al Niger meridionale, dove gli Hausa sono la maggioranza). Oyo (nel Sud-Ovest) e Benin (Sud-Est) crearono sistemi organizzativi politici complessi (XV, XVI e XVII secolo). I regni di Ife e Benin hanno prodotto arte straordinaria in avorio, legno, bronzo e ottone. Viaggiatori e commercianti Europei (XVII/ XIX secolo) fondarono città portuali (da cui gestire il traffico degli schiavi destinati alle Americhe). Fu soltanto nel XIX secolo che materie prime e prodotti finiti sostituirono il commercio degli schiavi. Il governo del Regno Unito fondò (1886) la Royal Niger Company e trasformò la Nigeria prima in un protettorato britannico (1901), e poi in colonia (1914). Il forte nazionalismo nigeriano post-Seconda guerra mondiale, indusse i Britannici a dare alla colonia un assetto di autogoverno su basi federali. La completa indipendenza (1°ottobre 1960), vedeva una Nigeria come federazione di tre regioni, basate su autogoverno sostanzialmente autonomo. Furono i colpi di Stato (due, nel 1966) a mettere la Nigeria nelle mani dei militari, che, con il secondo golpe, sostituirono i governi regionali con dodici governi statali, per accrescere i poteri federali. Il gruppo maggioritario della regione Est, quello Igbo, non stette al gioco e dichiarò l'indipendenza della Repubblica del Biafra (1967), con la conseguenza della guerra civile (e la conseguente sconfitta-1970). Murtala Ramat Mohammed salito al potere con un colpo di Stato (1975), promise un rapido ritorno ad un governo civile del paese, ma fu ucciso in un colpo di Stato non riuscito. Gli successe il capo del suo staff, Olusegun Obasanjo, che fece fare una nuova costituzione (1977) e nuove elezioni (vinte da Shehu Shagari). Un colpo di stato istituì il Consiglio Militare Supremo come nuovo organo di governo (1983) e la Nigeria ricadde nelle grinfie dei militari. Le elezioni vennero annullate dal governo militare (1993) e il Generale Sani Abacha prese il potere, ma la sua morte improvvisa (1998) portò al comando Abdulsalami Abubakar (che divenne leader del CMS -attualmente: Consiglio Governante Provvisorio). Egli ridiede valore alla costituzione del 1979 e favorì nuove libere elezioni (1999- le prime elezioni libere in 16 anni), che elessero come presidente federale Olusegun Obasnjo. Le turbolente elezioni del 2003 riconfermarono Obsanjo, ma (febbraio 2006) il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (Mend) cominciò a compiere attacchi alle organizzazioni petrolifere (con sequestri dei loro tecnici stranieri). Il nuovo presidente Umaru Yar’Adua (dello Stato di Katsina, mussulmano), emerso dalle elezioni del 21 aprile 2007.(definite “dei colossali brogli” dall’opposizione e viste in modo negativo anche da vari osservatori internazionali) ha dovuto affrontare (ad appena un anno dalla sua elezione) l’emergenza di una colossale strage nel Plateau (2008) e pare aver dimostrato un certo polso e sufficiente equità (anche se non si è spinto fino ad invalidare, come, forse, avrebbe dovuto fare, le elezioni locali ‘truccate’ che avevano scatenato quello spargimento immane di sangue-vedi Tellusfolio.it/ Moonisa: Notizie dal fronte nigeriano/ notizie dal fronte nigeriano post-bellico/altre notizie dal fronte nigeriano).

 

(2) La desertificazione, in Nigeria, causa la perdita annuale di 351.000 ettari di terre ‘buone’ per coltivazioni e pascoli, poiché il foraggio necessario a mantenere i 16 milioni di bovini e i 51 milioni di pecore e capre supera la sostenibilità dei pascoli. La desertificazione nasce da una cattiva gestione del territorio e da varie tipologie di un suo eccessivo sfruttamento che si trasformano in un malaugurato processo capace di convertire le terre produttive in terre aride, rimuovendo lo strato vegetale protettivo e lasciando il terreno esposto all’erosione delle intemperie.Vento (vedi le tempeste di polvere) e pioggia, nel primo ‘stadio’ della desertificazione, portano via le particelle più fini del terreno, poi attaccano quelle dello strato sabbioso (che le tempeste di sabbia trasformano in elemento ‘apolide’viaggiante). L’Africa e l’Asia, i due continenti che insieme comprendono 5 dei 6,7 miliardi di persone della popolazione mondiale, sono ‘affette’ dalla concentrazione massiccia di una desertificazione su larga scala. L’avanzamento del Sahara sta dando guerra senza quartiere alle popolazioni del Nord Africa, che non conoscono altra strategia che indietreggiare. Il Sahel, tra il deserto del Sahara e le foreste del sud, sta vivendo al limite delle sue possibilità (diviso tra coltivazioni e allevamenti). L’incremento ‘esplosivo’ di abitanti e di animali da pascolo, a ovest (Senegal/Mauritania e fino al Sudan) e a est (Etiopia e Somalia) sta trasformando le realtà bucoliche di un tempo in deserti. L’Iran è compresso dal deserto e l’Afghanistan è inseguito dal deserto del Registan. La desertificazione della Cina è, probabilmente, la più grave del mondo (e la sua terra emigra sotto forma di emergenza-polvere verso la Corea). Neppure il Sud-America è immune: Brasile e Messico vedono i loro deserti ingigantirsi. Pascolo, coltivazione e taglio degli alberi (con il beneplacito della crescita delle popolazioni e degli animali da pascolo) rafforzano di giorno in giorno la loro alleanza con la desertificazione. Le potenze mondiali, che non hanno tempo per occuparsene (ingolfate nella soluzione dei rate ‘produttivi’ –che non sono le giuste ‘medicine’ della malattia del pianeta e che, anzi, fanno parte delle cause della sua malattia), viaggiano nella direzione opposta, come sempre, a quella in cui si trova la priorità degli interventi in favore della sopravvivenza. Occorrono risvegli veri per le coscienze mondiali che hanno accesso alle stanze dei ‘bottoni’ del comando (e del condizionamento in favore della vita o del suo contrario).

 

(3) L'Ègira (in arabo hijra, هجرة, emigrazione) è fuga e trasferimento, ma è anche, e soprattutto, rottura di vincoli tribali e prevenzione dei gravi rischi che i gruppi tribali seguaci di Maometto avrebbero corso nella penisola araba. Il profeta dell’Islam aveva organizzato una prima piccola egira verso l’Etiopia, nel 614, e, con essa aveva messo in salvo il manipolo di fedeli maggiormente a rischio di attacchi e di stragi da parte delle tribù animiste (e anche dei parenti) ostili alla nuova fede (con la quale il profeta della religione islamica aveva sottratto il luogo sacro della Pietra Nera alle tribù animiste -che vi adoravano ognuna le proprie divinità- e lo aveva dedicato al monoteismo). L'Egira con la lettera maiuscola, però, è quella con cui lo stesso Maometto si trasferì da Mecca (ove i suoi stessi concittadini gli erano ostili, perché egli, che aveva scelto il luogo come punto strategico della sua predicazione, era divenuto una minaccia per i loro interessi commerciali e per le loro religioni politeistiche) verso l’oasi di Yathrib (ove le tribù gli chiedevano di prendere il comando e di gestire i rapporti tra le varie tribù dell’oasi) che divenne poi Medina, da ‘citta del Profeta’ (in arabo Madīnat al-Nabī ). Maometto varò, lì, la famosa costituzione di Medina. Coloro che avevano seguito il Profeta a Medina furono definiti ‘coloro che hanno fatto l’Egira’ (in arabo muhājirūn). L’evento chiamato Egira rappresentò, di fatto, la nascita di quello che fu il cuore del primo Stato islamico mondiale e ciò è alla base della scelta (all’epoca del secondo califfo Umar Ibn al-Cattab) dell’anno in cui avvenne (622) come inizio del calendario islamico (l’anno 1 di questa era inizia con un Muharram che parte dal 16 Luglio 622, sebbene l’Egira si sia svolta dal 26 Safar (9 settembre) al 12 Rabi Al-Awwal (24 Settembre). Gli studi degli ‘addetti ai lavori’, che si riferiscono all’Egira con AH (Annus Hegirae) o con E, sottintendono questo tipo di calendario (e ne antepongono la data- separata da un trattino- a quella gregoriana).

 

(4) Fatimidi. Dinastia mussulmana.

 

(5) IBADITI. Gli Ibaditi sono una setta eretica mussulmana. Hanno preso il nome da Ibadiyya, termine che identifica il ramo dei Kharigiri. Fu fondata da Abd Allah ibn Ibad al-Murri at Tamini (vissuto in Mesopotania tra VII e VIII secolo). Conquistarono l’Oman e fondarono, nell’Africa settentrionale vari piccoli Stati: quello dei Midrariti di Sigilmasa, tra il 722 e il 776; quello dei Rustamidi di Tahart, tra il 757 e il 924, e vari altri Stati minori. Vivono ancora in vari paesi islamici, come l’Algeria (Mzab), la Tunisia (Gerba), la Tripolitania (Gebel Nefusa), l’Oman e Zanzibar. Sono riconoscibili per i costumi molto rigidi e lo studio profondo e pieno di dedizione che dedicano al Corano.

 

(6) Il Nord della Nigeria produce il 95% del cotone nigeriano, ma di esso l’80% proviene dagli Stati di Kaduna, Katsina, Bauchi, e Sokoto e il 15 % proviene dagli Stati di Kano, Borno, Plateau, e Niger. È sfumato nei secoli il primato di tale produzione (e delle ‘mitiche’ piramidi di balle di cotone) della leggendaria Kano antica.

 

(7) Hausa e Fulani sono, in maggioranza, mussulmani e vivono nel Nord. Gli Yoruba sono per metà cristiani, per circa un quarto mussulmani e per il resto animisti e vivono nel Sud-Ovest. Gli Igbo sono principalmente cristiani (la maggior parte Cattolici, e il resto suddivisi tra le religioni Anglicana, Pentecostale ed Evangelica) e vivono in maggior parte nell’area Sud-orientale. Efik, Ibibio/Annang e Ijaw (gruppo etnico al quarto posto, come numero) sono quasi tutti cristiani. Il Sud è occupato da etnie prevalentemente cristiane (ma anche da villaggi che ancora praticano il cannibalismo e i sacrifici umani, anche se internet non ne sa nulla e le autorità governative si guardano bene dal farne menzione- Vedi articolo: Moonisa- Notizie dal fronte nigeriano post-bellico-www.tellusfolio.it). Hausa/Fulani-Yoruba-Igbo (i big Three) sono state e sono le etnie determinanti nella politica e nei giochi di forza militari (nonché negli equilibri tensione/distensione tra i vari fermenti-appartenenze tribali dei vari clan-chiefdoms della nazione). L'allocazione delle risorse e il power-sharing sono sempre stati e sono il ‘pomo della discordia’ tra il Nord e il Sud di questa nazione (il cui ago della bilancia, da sempre, pende in favore del Nord mussulmano e che, in generale e in sostanza, fa torto all’emancipazione -produttiva e acculturata- del Sud cristiano). Proprio la diseguale allocazione delle risorse nei confronti delle ‘regioni’ a elevato livello di emancipazione culturale e imprenditoriale è stata la scintilla del più sanguinoso conflitto civile (ovvero fratricida) della Nigeria, nel 1967 (la guerra del Biafra e la sua secessione voluta dall’etnia Igbo). E, se non è zuppa è pan bagnato: accade la stessa cosa nel Delta del Niger, ove le rivendicazioni delle minoranze (del Sud) Ijaw/ Ilaje/ Urhobo/ Ogoni mettono di nuovo il dito nella piaga delle diseguaglianze localistiche ed etniche (facendo rivendicazioni anche violente contro la federazione e, in primis, contro le multinazionali petrolifere responsabili di sfruttamento di risorse senza ritorno ecologico e senza ridistribuzione del profitto). Sono Ijaw quelli che sequestrano i dipendenti delle raffinerie e, precisamente, sono i giovani del Consiglio della Gioventù Ijaw (Ijaw Youth Council -IYC). Le altre etnie minoritarie sono Nupe/ Tiv/ Kanuri (Nord); Igbirra, Idoma, Igala e Birom (Middle Belt).

 

 

Per chi vuole saperne di più

 

Fonti:

1 -La nazione di riferimento; i suoi Stati; le sue tradizioni (dal vivo)

2 -Bibliografia:

Modern world history- Norman Lowe-Macmillan press LTD- printed in Hong Kong

Enjoy Nigeria- Ian Nason- Spectrum Books LTD- Ibadan-Nigeria

The Sacred Groves of Oshogbo- Susanne Wenger- Verlag Für Wissenswertes- Korneuburg

L’Africa/Le religioni naturiste, ebraismo, cristianesimo e isalmismo in Africa-Ernst Damman-Jaka Book-MI

Made in West Africa- Christine Price-Studio Vista- USA

Letteratura dell’Africa Nera-Cristina Brambilla- Jaka Book, Milano

Time Out- Insider’s Guide to Nigeria- Lexan Media Services- Lagos

Mito e letteratura nell’orizzonte culturale africano- Sei, Torino

Travel Tourism- Showcasing Nigeria Digest- Vol. 1

Oltre la magia/ religioni e culture nel mondo africano-Jhon S.Mbiti- Sei, Torino

Guardian News-Nigeria

Alessandro Bausani, Islam, Milano, Garzanti, 1980

Africa Nera/Mutamenti e continuità -C. Coquery- Sei, Torino

Two centuries of African English- Lalage Bown- Heinemann- UK

Storia dell’Africa -Jhon Fage- Sei, Torino

Alberto Ventura, “L'islām sunnita nel periodo classico (VII-XVI secolo)”, Islam, Storia delle religioni, Roma-Bari, Laterza, 1999

Brevissima relazione della distruzione dell’Africa -Bartolomé de las Casas- Emi, Bologna

Felix Maria Pareja, Islamologia, Roma, Orbis Catholicus, 1951

   

3 -Sitografia:

africanfestivals.com

africangrandfestivals.com

nigeriatourism.net

vhc.unesco.org

citizenside.com

onlinenigeria.com

worldheritagesite.org

allAfrica.com

kadmusarts.com

triumphnewspapaer.com

fas.usda.gov

lonely planet (digilander.it)

Whatsonwhen.com

Geocities.com

hbskwanzaashop.com

indipendenza energetica.it

it.encarta.msn.com

webalice.it

it.wikimobs.com

easyviaggio.com

centro-peirone.it

corano.it

it.wikipedia.org

 

Bruna Spagnuolo


Foto allegate

Durbar Festival
Durbar Festival
Durbar Festival
Durbar Festival
Durbar Festival
Eyo Festival
Eyo Festival
Eyo Festival
Eyo Festival
Eyo Festival
Eyo Festival
Festeggiamenti Id al Fitir
Cross River dancer
Iko Onouka
Iko Okochi
Iko Okochi
Iko Okochi
Iko Onouka
Nigeria
Nigeria
Nigeria
Oja-Oba-Market
Periferie del Durbar Festival
Venditrice
Deserto
Articoli correlati

  Bruna Spagnuolo: Uno sguardo ai Balcani/ Kosovo... (2)
  Bruna Spagnuolo: Vita di serie B? No Grazie. Suicidio - omicidio - eutanasia (3)
  Bruna Spagnuolo: “Il Protocollo di Kyoto” nel dettaglio
  Bruna Spagnuolo. Il segreto dei grandi
  Bruna Spagnuolo: Selezione della specie. Sull'aborto.
  Bruna Spagnuolo. La guerra dell’ambiente
  Bruna Spagnuolo: I ‘Festival’ nigeriani: specchi di africanità dalle molte identità - 1
  Bruna Spagnuolo: “Mamma e papà” come fantasmi da cancellare
  Bruna Spagnuolo: Vita di serie B? No Grazie. Suicidio - omicidio - eutanasia (2)
  Bruna Spagnuolo: Il mondo? un treno su binari senza prosecuzione
  Bruna Spagnuolo: Sguardo ai Balcani e al fiume Ibar in Kosovo (1)
  Bruna Spagnuolo: La grande Cina (la 'mia' / 1991) – 2. Tongyuang, Xining e i templi
  Bruna Spagnuolo: Birmania. Figli di nessuno del 3° millennio.
  Bruna Spagnuolo: Terremoto in Cina. Gocce piccole per speranze grandi.
  Bruna Spagnuolo: Fiaccola olimpica in manette. Il Tibet piange 2
  Bruna Spagnuolo: Il primo passo verso il crimine storico è la negazione della storia
  Bruna Spagnuolo: I rabdomanti della sventura e l’acqua. Terza parte
  Bruna Spagnuolo: Samoa/ Indonesia/ Filippine/ Messina
  Bruna Spagnuolo: La valenza incredibile del nome ‘TELLUS’
  Bruna Spagnuolo: Sul rapporto parola-immagine in Tellusfolio
  Bruna Spagnuolo: 25 XI giornata contro la violenza sulle donne
  Bruna Spagnuolo: Dietro lo schermo della televisione
  Bruna Spagnuolo: La fine del mondo ad Haiti e nelle isole caraibiche
  Bruna Spagnuolo: Barack Obama ovvero politico come esempio, politico come personaggio
  Bruna Spagnuolo: L’Afghanistan, i nostri caduti (e le inevitabili ‘cogitazioni‘)
  Bruna Spagnuolo: Vita di serie B? No Grazie. Suicidio - omicidio - eutanasia (1)
  Carlo Forin. La valenza archeologica del nome TEL LUS
  Bruna Spagnuolo: I rabdomanti della sventura e l’acqua. Seconda parte
  Bruna Spagnuolo: Banchettano gli sciacalli sulle spoglie dei vinti (1)
  Bruna Spagnuolo: Sudan/ schiavismo/ crocifissioni/ orrori senza fine e… Corte europea dei ‘diritti dell’uomo’ iconoclasta e lesiva dei ‘diritti’ (1)
  Bruna Spagnuolo: La grande Cina (la 'mia' / 1991) – 1. Ganzu
  Bruna Spagnuolo: Sudan/ schiavismo/ crocifissioni/ orrori senza fine e… Corte europea dei ‘diritti dell’uomo’ iconoclasta e lesiva dei ‘diritti’ (2)
  Bruna Spagnuolo: Cina, Olimpiadi e sangue... il Tibet piange e il mondo che fa?
  Bruna Spagnuolo: Si vis pacem para bellum -Post Scriptum
  Bruna Spagnuolo: Il frastuono della guerra giustizia gli echi del Vangelo.
  Bruna Spagnuolo: La lungimiranza-quasi chiaroveggenza di Tellusfolio su Barack Obama
  Bruna Spagnuolo: ‘Si vis pacem, para bellum’. Auguri agl’Italiani 2
  Bruna Spagnuolo: I ‘Festival’ nigeriani: specchi di africanità dalle molte identità - 2
  Bruna Spagnuolo: I rabdomanti della sventura e l’acqua. Prima parte
  Bruna Spagnuolo: Pistorius non correrà alle Olimpiadi
 
 
 
Commenti
Lascia un commentoLeggi i commenti [ 3 commenti ]
 
Indietro      Home Page
STRUMENTI
Versione stampabile
Gli articoli più letti
Invia questo articolo
INTERVENTI dei LETTORI
Un'area interamente dedicata agli interventi dei lettori
SONDAGGIO
TURCHIA NELL'UNIONE EUROPEA?

 72.7%
NO
 27.3%

  vota
  presentazione
  altri sondaggi
RICERCA nel SITO



Agende e Calendari

Archeologia e Storia

Attualità e temi sociali

Bambini e adolescenti

Bioarchitettura

CD / Musica

Cospirazionismo e misteri

Cucina e alimentazione

Discipline orientali

Esoterismo

Fate, Gnomi, Elfi, Folletti

I nostri Amici Animali

Letture

Maestri spirituali

Massaggi e Trattamenti

Migliorare se stessi

Paranormale

Patologie & Malattie

PNL

Psicologia

Religione

Rimedi Naturali

Scienza

Sessualità

Spiritualità

UFO

Vacanze Alternative

TELLUSfolio - Supplemento telematico quotidiano di Tellus
Dir. responsabile Enea Sansi - Reg. Trib. Sondrio n. 208 del 21/12/1989 - ISSN 1124-1276 - R.O.C. N. 32755 LABOS Editrice
Sede legale: Via Fontana, 11 - 23017 MORBEGNO - Tel. +39 0342 610861 - C.F./P.IVA 01022920142 - REA SO-77208 privacy policy