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Helena Smith. Turchia. “Suicidati, o ti uccideremo noi”
31 Agosto 2007
 

Batman, Turchia. Nuran Uca non è riuscita ad arrivare al numero 61 di Aydin Arslan Street. Se avesse raggiunto il colorato edificio a due piani, avesse salito le sue scale strette e si fosse seduta in una confortevole poltrona marrone, come tante altre donne hanno fatto e fanno, oggi potrebbe essere viva. Lì, assieme alle consulenti del gruppo di supporto Kam-er, avrebbe potuto parlare del “crimine” dell’essere innamorata di un uomo che non avrebbe mai potuto sposare. Invece, il 14 giugno scorso, questa donna curda soccombe al fenomeno che sta reclamando così tante vite nell’area curda dell’Anatolia del sudest e si impicca nel bagno di casa.

«Aveva solo 25 anni, ma la storia è una tragedia particolare perché entrambi erano insegnanti, persone istruite, che avevano strumenti», dice Remziye Tural di Kam-er, l’organizzazione di donne che è diventata un salvavita per coloro che in questa zona della Turchia fronteggiano la morte a causa di una percezione di “disonore”. «Era una giovane donna moderna, e vestiva in modo spigliato», continua Remziye Tural. «E questa è una delle ragioni per cui la sua famiglia l’ha respinta. I suoi genitori le hanno poi proibito di vedere quest’uomo, o di parlargli, e le hanno impedito di lasciare la casa. Alla fine, la pressione è stata troppa, per lei».

Sulle strade di Batman, una città che conta 250.000 abitanti, un allarmante numero di essi sta nutrendo pensieri suicidi; in Turchia, gli uomini si suicidano di più delle donne, ma a Batman vale il contrario: più di 300 donne hanno tentato il suicidio nel 2001. Sette sono morte in suicidi/fotocopia in un solo mese. Il crescente numero di queste morti ha portato le studentesse in strada, in una marcia di protesta che è arrivata sino al cimitero della città, al grido di “Basta violenza!”. Un atto assai coraggioso, stanti i costumi conservatori della città.

«Sì, il numero sta crescendo», dice ancora Remziye Tural. «Solo nel giugno di quest’anno, in 19 hanno cercato di togliersi la vita, e per la maggior parte ci sono riuscite. Ma questi sono solo i numeri di Batman. Dappertutto, nei villaggi e nelle città più piccole, le ragazze si stanno suicidando». Ci sono quelle che si sono lanciate nel fiume Tigri, o gettate giù dai tetti, o si sono tagliate i polsi, ed altre come Nuran Uca hanno scelto di mettere bruscamente fine alla propria esistenza mentre facevano i lavori di casa. Invariabilmente, le sopravvissute dicono era il loro kader, o destino, cercare una tale fine. Ma i gruppi di donne e i gruppi per i diritti umani credono che dietro molti suicidi vi sia istigazione. Sono emerse storie di bambine di 12 anni rinchiuse in una stanza per giorni con a disposizione una corda, del veleno, o una pistola.

«Ci sono troppe prove per non suggerire che questi siano, come in effetti sono, “delitti d’onore” mascherati da suicidi. Le ragazze vengono forzate a togliersi la vita», dice Aytekin Sir, una psichiatra che sta studiando il fenomeno. L’anno scorso, l’inviata speciale delle NU per i diritti umani, Yakin Erturk, arrivò alla stessa conclusione, dicendo che i “suicidi d’onore” stavano rimpiazzando i “delitti d’onore”, e i decessi venivano sempre più mascherati da incidenti.

Per lungo tempo, le potenti forze della paura e della vergogna hanno trattenuto le giovani donne dal visitare il centro di Kam-er sulla Aydin Arlsan Street. Ma di recente, almeno quattro ragazze al giorno hanno cominciato a farvi visita, spesso terrorizzate da sentenze di morte emesse nei loro confronti da padri e fratelli, per “infrazioni” lesive dell’onore familiare. Alcune avevano semplicemente ricevuto un messaggio sul cellulare: «Hai sconciato il nostro nome. Ucciditi da sola, o ti uccideremo noi».

Secondo Vildan Aycicek, che lavora alla sede principale dell’organizzazione, nella città di Diyarbakir, ad ovest di Batman: «Le donne ricorrono a noi quando capiscono che non possono più sopravvivere alla violenza. La maggior parte di esse è analfabeta e non conosce i propri diritti legali, ma anche se sa di averli, non ha la più pallida idea di come usarli». Ci sono stati casi, racconta l’attivista, di donne curde e turche che hanno chiamato la hotline telefonica di Kam-er dalla Gran Bretagna o da altri paesi, in cui pure temevano che le loro vite fossero a rischio. È noto come sia difficoltoso fare una stima, a livello mondiale, dei “delitti d’onore”. Ma in Turchia, questa pratica di vendetta è citata nelle statistiche come la causa di morte per centinaia e centinaia di donne, ogni anno, ed il numero odierno supera le cifre relative agli anni ’70. A volte basta il desiderio di una donna di divorziare affinché un “consiglio di famiglia” completamente composto da maschi ordini l’omicidio. Ma la liste delle “offese” meritevoli di morte è lunga: stupro subito, incesto subito, gravidanza e rifiuto di interrompere la gravidanza, l’aver scambiato occhiate con un ragazzo o l’indossare una camicetta scollata. Ad una ragazzina, è bastato l’aver telefonato in diretta ad un programma radiofonico.

Un uomo del villaggio prossimo a Diyarbakir, Seyikan Arslan, spiega così l’attitudine del luogo in cui vive: «Senza regole c’è il caos. Se mia sorella o mia madre fanno un errore noi (gli uomini, nda) dobbiamo rimettere le cose a posto. Loro devono pagare per ripulire il nostro onore».

Pochi luoghi, in Turchia, mostrano il cozzo tra modernità e tradizione meglio delle città dell’Anatolia. Sia Diyarbakir sia Batman, il sito della prima raffineria petrolifera turca, hanno visto un aumento del flusso migratorio proveniente delle aree rurali, che sono disperatamente povere. Le tensioni culturali hanno giocato un grosso ruolo nell’esacerbare i problemi delle famiglie, specialmente quelli tra padri patriarcali e le loro figlie. I suicidi e gli omicidi “d’onore” hanno ormai di gran lunga superato altri castighi tradizionali per le donne, quali il taglio del naso o la rasatura della testa.

C’è anche chi dà la colpa dell’aumento dei suicidi agli sforzi del governo turco per mettere fine agli omicidi: infatti il governo riformista, pur con radici islamiche, di Ankara, determinato ad entrare nell’Unione europea, ha inasprito le leggi contro i delitti d’onore. Sentenze minori per chi cita a sua discolpa l’essere stato provocato dal comportamento della donna non sono più possibili. Perciò le famiglie, per risparmiare agli uomini un’esistenza in prigione, forzano le donne a togliersi la vita da sole.

«Di solito passano circa due mesi tra il momento in cui l’omicidio viene ordinato ed il momento in cui accade», dice Vildan Aycicek, menzionando le squadre di intervento che il suo gruppo forma con polizia, imam e funzionari governativi. «Ciò ci fornisce un certo tempo per salvare le donne».

Assente dalle campagne di questo tipo a Batman è il sindaco, Huseyin Kalkan, che però si è fatto un nome, ed ha ricevuto parecchio danaro, nella causa contro la DC Comics per l’uso del nome della sua città per il supereroe dei fumetti Batman. Le attiviste dicono che quei soldi avrebbero potuto essere usati per salvare le donne come Nuran Uca.

 

Helena Smith

(per The Guardian, 23 agosto 2007 – traduzione di Maria G. Di Rienzo)


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