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In libreria/ Marisa Cecchetti. “Il coraggio necessario” di Luca Lanfredi
31 Luglio 2019
 

A lettura conclusa de Il coraggio necessario, bisogna lasciar sedimentare e riflettere, fare una sintesi delle emozioni e del pensiero.

Quello che rimane impresso è il tono sommesso e un senso diffuso di nostalgia, la consapevolezza di un’assenza, la consapevolezza del non fatto, non detto, di qualcosa rimasto incompiuto. La negazione prevale: “Di questo sole/ è l’azzurro che ci manca”. In questa assenza è necessario avere “il coraggio per vivere o morire”.

C’è la presenza di una separazione temporale e spaziale, un prima e un dopo -ciò che siamo stati- un di qua e un di là da una linea di demarcazione. E la presenza dell’acqua o comunque della liquidità: il fiume, la pioggia, la neve. Acqua che scorre come il tempo della vita che si consuma e ci porta a raggiungere chi ci ha lasciato: “È l’agosto dei miei morti/ annoto…/ è l’averne paura e intanto/ il corrervi incontro”.

La realtà che ci circonda, col dolore che contiene, si racchiude in versi come questi: “la strada e la ferita/ ed ogni semaforo un sangue/ un grumo di fiato rappreso”. Ma anche nell’immagine dei campi “gravi e impauriti” sotto lo “svolgersi dell’acqua”, e della “casa bianca”, che si allarga su tutto quanto un verso, sola nella vastità.

Il silenzio è necessario per provare a decodificare gli eventi, i turbamenti, le paure, la vita, per darci un po’ di quiete, è “polvere che ci consola”; altrettanto importante è il segno che spezzi la solitudine, che ci permetta di comunicare, sia esso uno sguardo, un cenno, una parola.

Fondamentale la parola che ci apre agli altri -“essere racchiusi tra le pagine”- al di là di ogni limite materiale che ci contiene, di ogni chiusura a cui il contesto sociale attuale ci sta guidando. È necessario “aprire la terra alle parole”. I limiti personali di intervento, la difficoltà di agire e cambiare si racchiudono nella domanda “Come mai? Come mai?/ è sempre troppo tardi?”

Il tu si mostra leggero, ma è sempre presente, ne può essere simbolo la stessa “città vecchia”: “Tu come stai adesso?/ ti sento come un bianco/di neve che scorre lungo/ un vetro”.

C’è comunque sete e fame di vita, anche se la vita è un labirinto, una scatola di giochi da cui non si sa che cosa stia per uscire, ma “quella è fame, è/ sete, e un imbriglio di lacci/ dentro l’ombra”; anche se vivere è un “avanzare/ da soli dentro l’acqua raccontando/ del nostro maculante esser contenti”.

Dai versi di Lanfredi le immagini prendono forma improvvisa come se fossero colpite da un lampo di luce, materializzandosi dentro il pensiero poetico, che si sviluppa a voli pindarici. Ogni immagine è un flash che riconduce alla terra, alla materia, con un prevalere dunque della vita, tuttavia con la speranza “di arrivare in un cielo più lontano”.

 

Marisa Cecchetti

 

 

Luca Lanfredi, Il coraggio necessario

Lamantica Edizioni, 2019, pp. 82


 
 
 
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