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Vetrina/ Maria Lanciotti. Sassi e astri 
Città di Colonna, XIII edizione Premio Letterario Nazionale “La Tridacna”
31 Agosto 2016
 

*

Stormo di corvi

annerisce il cielo

tinto di tramonto.

La vecchia torre

si popola di ombre.

Bisbigliano rimproveri

e vendette, non si ammette

il rilancio d’un sogno.

Vacillo ma non cado,

guardo avanti.

 

*

Fiume bollente

scava la mente

dilata l’anima.

Sapere ignoto

illumina le notti.

Solitudine feconda.

Si ricrea

il gesto del dono.

 

*

Incombente

la splendida Falce.

Un brivido,

al tocco del nero mantello.

Risa dalle vuote caverne.

Albeggia.

S’apre un nuovo sipario.

Indosso la mia pelle vera.

 

*

Tentare

la conquista

d’un pezzetto di cielo.

Una mano da stringere,

se l’astro acceca.

 

*

Incandescenti lance

o arbusti vivi,

i radi spasmi che uncinano

il pensiero?

Accarezzare il getto o la corteccia?

 

*

Non t’amo più

amore senza fine.

Amo la pelle viva

dell’amore che cresce

che muta

che fugge e ritorna

e pretende

gridando

perdono e accoglienza.

 

*

Tramonti da bere ogni sera

come quando,

nella gloriosa malinconia

del cielo che imbruniva,

strepitava l’amore.

 

*

Il tempo

scava

col suo nerbo

cunicoli e fosse.

Nulla può

contro ombre e fantasmi.

 

*

Ma come può accadere

che in un battito

breve

s’innalzi l’ara

che raccoglie le spoglie

d’un sogno

e la vuota armatura

a visiera abbassata?

Qui

relegata

la muta di piume e di squame

d’una nuda creatura.

 

*

L’uomo solo

inibito

tradito

ascolta la quinta sinfonia

di Beethoven

e la riascolta

ad anima spalancata

per ritrovarsi

in Beethoven, allegro con brio.

 

*

Pur respirando

mi scordai di vivere.

Fu allora

che percepii la vita

come sangue nuovo che spruzza

dalla ferita.

 

*

Sullo sfondo

di raso nero

la stella

s’immola.

Oro!

Scaglie

fanno corona

ballando al vento stellare.

 

*

Slanci.

Singhiozzi brevi,

ossa e memorie abbracciate.

Nel luogo abbandonato

splende il biancospino.

 

*

So,

fatalmente so,

che se tu,

custode d’un amore

esclusivista e puro,

cadessi per stanchezza

dove il verde

si confonde al fango,

no,

non ti perdoneresti.

Ma se cado raccoglimi,

come io ti raccoglierei.

 

*

Costruire sulla roccia

non salva.

Nel turbine di mutamenti

stranianti

sfugge il linguaggio dei vivi,

acquista senso il bisbigliare dei rivi –

non appare insensato

montare una tenda sulla sabbia.

 

*

Groviglio di nodi

a mozzare il respiro.

Poi

nel sogno –

stelle palpitanti

a comporre codici,

nuovi dilemmi.

 

*

Perché inseguire comete?

Per afferrare un sasso

basta chinarsi.

 

*

Giglio di mare

affonda il seme

e muore

per rinascere altrove

a capriccio delle correnti.

 

*

Comparsa

d’una farsa millenaria

m’innamoro del Cristo

che andava per le strade

a seminare dubbi.

 

*

Amore

morde

e stritola.

Stretta

nelle spire

fisso lo spacco

delle tue pupille.

 

*

D’una casa è rimasta

la chiave.

Dava sul mare,

rifugio per schiarite

e tempeste.

Un comignolo fuma

lontano.

Mastico neve

mentre mi ricopre.

 

*

Evadere.

Scivolare nel labirinto.

 

*

L’amore nostro:

corsa su neve e nuvole,

schiaffo e preghiera

spasimo battaglia.

Scavammo sentieri

nel granito

e mai,

tremendo amore,

corremmo sui prati.

Il mio rimpianto.

 

*

Rami agitati

intrecciano legami,

ruggendo il vento estirpa

radici.

A cielo secco

m’avventuro fra rocce

di gesso.

Cerco tra i fossili

il calco d’un bacio,

sapore di china e d’assenzio.

 

*

Cadute lance

e scudi,

mani

inarrendevoli

tornano a tessere

corredi.

 

*

Quando in spiccioli

si conta il tempo che rimane

si comincia a nascere,

ad aprire gli occhi in cerca della luce

che non abbaglia,

del calore che non ustiona,

della voce che riposa.

Quando il tempo scade

si apprende il valore del tempo

e della vita,

tenace come dente di leone

effimero come bolle di sapone.

 

*

Poni su noi, Eterno,

le mani sul capo

nel gesto benedicente degli

avi

e scaccia lontano

l’ombra del male

(lontano, lontano)

che la dissolva la luce

delle forze benigne.

 

*

Canto d’onde

instancabili e frementi

consumano sassi

frantumano conchiglie

per nuove spiagge

lambite dall’azzurro

dove i bambini

costruiranno castelli

senza merli e ponti levatoi.

 

*

Tane di smeraldo.

Aprirsi all’alba

nudamente

fra manne di spighe.

 

 

 

Con “Sassi e astri” Maria Lanciotti ha vinto il Premio Letterario Nazionale “La Tridacna” alla XIII Edizione, Città di Colonna – sez. C Raccolta di poesia a tema libero inedita.


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