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Lidia Menapace. La coscienza del limite
17 Maggio 2014
 

Siamo solite/i attribuire alle nuove scoperte o invenzioni qualità mirabili e assolute, e va bene, ma anche infinite e questo incomincia ad essere un atteggiamento troppo poco critico.

Se ci penso, non ho mai impiegato tanto tempo per fare un biglietto con coda alla stazione, quanto ce ne ho messo a Torino Porta nuova poco tempo fa, perché la elettronificazione di tutti i rapporti umani non sempre aggiunge nemmeno velocità, né mantiene lucidità e memoria.

Perché questo non sembri il ragionare di una vecchissima che forse incomincia ad avere qualche difficoltà con le ultime frontiere dell'elettronica (peraltro anche vecchi/e vecchissimi/e hanno diritto di vivere e anche un po' a modo loro), mi metterò subito a cercare qualche ragionevole forma di definizione dei limiti delle invenzioni. Intanto, se sono brevettate, soggiacciono ai voleri e servono ai guadagni di chi ha il brevetto e questo già non va bene, è una pericolosa privatizzazione. Insomma continua ad essere vera una affermazione marxiana, e cioè che la proprietà dei mezzi di produzione stabilisce diseguaglianze fondate solo sulla classe o ceto di appartenenza nativa e non su reali differenze. Inoltre le relazioni tra persone sono il primo modo di comunicazione scambio interconoscenza e comportano la formazione di linguaggi che sono la più tipica nota dell'appartenenza alla specie umana. Ridurre la ricchezza dei linguaggi è una operazione disumanizzante; è vero che la traduzione simultanea può invece essere molto utile nei convegni congressi luoghi di comunicazione diffusa e rivolti a un pubblico linguisticamente misto (stazioni aeroporti porti), ma in genere la conoscenza di più lingue è auspicabile e non deve essere sempre sostituita da altro. Inoltre la specie umana comunica anche con cenni gesti sguardi espressioni del volto ecc. ecc. E queste forme di articolazione della comunicazione vanno preservate e coltivate.

Soprattutto per una ragione: che tutte le cose appena elencate servono a costruire legami rapporti insegnamenti indicazioni suggerimenti avvertenze, ogniqualvolta servono, mentre sarebbe faticoso e presto dimenticato imparare solo il bottone da schiacciare all'occorrenza. E anche perché a me è già capitato che le macchinette automatiche abbiano mangiato i soldi senza darmi il biglietto o abbiano rifiutato la carta d'argento, obbligandomi a non usufruire di una riduzione cui ho diritto. E anche perché a Torino ho visto plasticamente gli effetti della diffusione scriteriata dell'elettronica: mentre le code sono comunque un luogo di socializzazione (anche rude magari poco educata, ma anche gentile o collaborativa), le macchinette costruiscono solo individui che vagano senza guardarsi in faccia, senza rivolgersi una parola, senza costruire una comunicazione. Preferisco mantenere un po' più di occupazione di ferrovieri e ferroviere che allo sportello ti rispondono con voce umana e ti guardano, magari ti aiutano, magari ti snobbano, insomma che non sono macchine, piuttosto che vedere ferrovieri/e ammassati dietro sportelli nemmeno tutti occupati, che chiacchierano tra loro, in attesa di essere licenziati come sovrabbodanti.

 

Lidia Menapace


 
 
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