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In libreraia/ Anna Bonarrigo. Il calore e la paura
31 Gennaio 2013
 

Ho avuto il privilegio di leggere il primo libro poetico di Anna Bonarrigo, Il viaggio dentro l’anima, ed ora la poetessa di Messina mi offre la possibilità di gustare in anteprima la sua nuova fatica, Il Calore e la Paura, ove continua il suo viaggio nei segreti e profondi meandri dell’anima, senza infingimenti, senza falsi pudori spingendosi e toccando, con rara sensibilità, zone, regioni remote del nostro “essere” e del vivere l’amore, alla ricerca della sua intima essenza.

Tanti psicologi, analisti dell’inconscio, neurobiologi (si pensi al noto La chimica dell’amore di qualche anno fa), filosofi hanno cercato di sondare questo fenomeno che permea da sempre l’umanità. Analisi serie indubbio, più o meno condivisibili, ma sono stati da sempre i poeti a dir-ci in verità che fosse l’amore (basterebbe pensare a Catullo, al suo Attis, al suo excrucior per darci il senso di che è l’amore: piacere e dolore, tormento e gioia). Empedocle, il grande filosofo presocratico, elevò philia –amore– come energia, elemento fondamentale del suo sistema speculativo. La lotta tra Amore e Odio, il loro equilibrio nello Sfero, questo annullamento di forze contrapposte o stasi o quiete momentanea, un “eden” dello spirito del mondo per poi rompersi l’equilibrio per originare nuovamente il divenire delle cose. Oppure l’incantevole leggenda di Amore e Psyche che riscontriamo in Apuleio? Ripreso poi in Arte plastica, nella scultura dal nostro Canova in un fascinoso e puro, catartico, marmo bianco dove ti colpiscono gli sguardi dei due innamorati. E questa fusione estatica non la ritroviamo nel dipinto di Klimt (Il bacio)?

Sono solo degli esempi quelli sopra riportati, noti a tutti o quasi. Alcuni scienziati ci han parlato dottamente di ferormoni, di serotonina (la quale si innalza quando siamo in tale “stato di grazia”) e di altri fattori biochimici ma non ci han detto veramente che sia amore. Tali fattori biochimici li ritroviamo anche negli animali, ma quale valenza hanno nell’essere umano? Perché proviamo attrazione indicibile verso l’altra, non una a caso? Perché questa “empatia” che ci procura sia plaisir ma anche chagrin? Perché sentiamo che ci manca l’oggetto d’amore? Perché avvertiamo disagio, straniamento, ek-stasis, e una miriade di emozioni le più disparate? Perché la nostra vita si tinge di ogni colore dell’iride e scaccia il grigio della routine, della noia? Ci fa fremere, bruciare e accasciare?

Il che ci fa dire, con Anna, «Lascia che il silenzio sia peccato/ mi lascerò cadere nelle tue braccia, berrò la tua dolcezza/ mescendo la tua passione… Chiamami perdizione/ e non dirmi mai il tuo nome»? (versi presi dalla poesia che dà il nome a questa indagine impietosa tra le pieghe della sua anima, Il calore e la paura). Tenerezza, passione, erotismo, delicatezza e disperazione anche, sono i temi dominanti della passionale Nostra Poetessa siciliana.

Le lenzuola si fanno fredde, ghiaccio, quanto accentua la sua assenza per poi diventare felice, estasiata, sbaruffando i capelli in un gioco tanto spontaneo e sapiente che solo eros sa donare a piene mani. “Il bacio” si fa miele… l’odore dell’amato, il suo sapore si proiettano in una dimensione immensamente grande, in un divenite immenso, come sottolinea Anna Bonarrigo, chiedendo,

Tempo al tempo

Sonno al sonno

Amore all’amore

Il quale deve tornare Lógos, Verbo “fra le mie labbra” (Fra le mie mani)

L’amore quindi come espressione dell’Essere, che non conosce barriere geografiche, confini ma, come il Vento, penetra e va ovunque, a chi è predisposto ad accogliere questo dono: sacro nella sua duplice accezione (da allontanare ma anche da non rifiutare). Attimi, collezioni d’istanti magici, alchemici che si susseguono per toccare il Sublime in una vita improntata all’autenticità, una vita da vivere dove l’estasi dei sensi, l’intrecciarsi dei corpi, l’incontro vellutato della pelle non sono che il tramite per toccare l’anima, l’essenza vitale di noi stessi, lo “pneuma”, rappresentato dalla farfalla, dal suo battere d’ali: riconoscersi e riconoscerci in una fusione ineffabile, indicibile. Siamo noi, veri, schietti perché siamo allineati nello spirito altrui, conciliati con il mondo, con l’universo: il nostro si congiunge con l’armonia del Tutto, con un che vuole la maiuscola. Non poteva, Anna, in questo estremo viaggio impietoso quanto sincero omettere un pianto disperato, «potessi io/ raggiungerti ed intrecciare le mie dita alle tue, sommare le ore che ho perso […] inchiodando uno per uno ogni secondo/ all’eterno che a noi fu negato» (versi tratti da “Potessi io”).

Nei versi sofferti, calibrati ma schietti e impietosi, si coglie l’anima di Anna, i suoi nobili sentimenti, il non racchiudersi in gusci da gasteropodi, di rifiutarsi di vedere “solo il suo giardino” ma proiettarsi in una dimensione molto più ampia dove le note d’amore e sofferenza sono di sottofondo al sublime incontro di spiriti per toccare il firmamento nell’intesa azzurrità.

“Chi sei? forse ti chiami destino?” dice per poi una luce, il Fiat lux, squarcia le tenebre ed inebria, illuminando coloro che si amano, proiettati in un estenuante bacio prolungato verso dimensione sovrannaturali… Con tale imago che ho sentito, assaporando le liriche di Anna e le sue riflessioni in prosa, voglio chiudere,ricordando al lettore che molte poesie riportano anche traduzione francese, una lingua appropriata per tale suo dettato, soave quanto erotico, non dimenticando che già nei Misteri, gli antichi Greci, nell’estasi dei sensi (dall’uscire da sé, ek-stasis) cercavano la sapienza, la divinità. Gli enigmi si ripresentano a noi con sconcertante attualità. Ad Majora, Anna, lo meriti toto corde. Hai centrato giusto, “l’amore non è quiete” ma sveglia gli assopiti, li fa risorgere in una nuova dimensione.

 

Enrico Marco Cipollini

 

 

Anna Bonarrigo, Il calore e la paura

Lettere Animate, 2012, pp. 94, € 10,00


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