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Alberto Figliolia. Giorgio Morandi al Museo d'Arte di Lugano
Giorgio Morandi,
Giorgio Morandi, 'Autoritratto', 1924 
11 Marzo 2012
 

Esprimere ciò che è nella natura, cioè nel mondo visibile, è la cosa che maggiormente mi interessa

G. Morandi

 

 

Una vita schiva, priva di eclatanti o clamorosi scatti. Uno svolgersi piano ma pieno. Chiese per la prima volta il passaporto per espatriare nel 1956, quando aveva ormai 66 anni e doveva recarsi in Svizzera per una importante personale allestitagli dal Museo di Winterthur. Passò sostanzialmente tutta la sua esistenza fra Bologna e i vicini Appennini. Eppure la sua pittura gli aveva già donato una fama più che nazionale. Giorgio Morandi era un Maestro riconosciuto in tutto il mondo. Anche se lui preferiva farsi chiamare Professore, in quanto insegnava l'arte dell'incisione e a trasmettere conoscenza era vocato. La cattedra di tecnica dell'incisione gli fu assegnata nel 1930 per chiara fama; il luogo dove agì, fino al 1956, l'Accademia di Belle Arti di Bologna.

Il Museo d'Arte di Lugano dedica ora una preziosissima mostra a questo Signore delle Nature Morte, da cui traspare un formidabile senso del tempo, fra serena accettazione e inquietudine, fra meditazione sulle cose e lieve angoscia, fra geometrie esistenziali e incoercibile senso della natura. Bottiglie e paesaggi, conchiglie e fiori, solo in apparenza cristallizzati, fissati e imbalsamati, domestici e banali oggetti che compongono e ricompongono il mondo, incessantemente, in infinite variazioni sul tema sempiterno dei giorni che si ripetono, tutti uguali e pur diversi. Si può usare la parola “archetipi”?

Sono circa cento le opere esposte su due livelli al bel Museo d'Arte che guarda il lucente lago: oli su tela, disegni, acqueforti su zinco e rame (di una maestria stupefacente, queste), opere compiute e “prove”, in un itinerario affascinante che conduce il visitatore all'esplorazione di un viaggio intellettuale senza pari: dai Fiori del 1920 all'acquerello su carta (16,2 x 20,7 cm) del 1959, dalla Collezione Oberholzer di Berna, una Natura Morta, nella quale più che di oggetti possiamo parlare di “memoria di oggetti”, un'astrazione che sa di metafisico, un tentativo di indovinare l'essenza pura (che è sì inconoscibile alla natura umana, ma l'arte consente di avvicinarvisi il più possibile); dall'Autoritratto del 1924 (olio su tela, 53 x 44 cm, Galleria degli Uffizi di Firenze) e dalla splendida Natura morta con drappo giallo, anch'essa datata 1924 (olio su tela, 68 x 70,7 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi), rarefatta e nel contempo materica quant'altre mai, ombra e peso, anima e soma, sino a tutte le incredibili acqueforti che lasciano, come detto, il fiato sospeso per la mirabile esecuzione tecnica e ciò che vanno a rappresentare, soprattutto il modo con cui comunicano all'osservatore, interpretando e trascendendo, qui stando e da qui partendo.

Oggettivamente, una sfilata di capolavori: Casa di Carducci (1920, matita nera su carta, 10,3 x 14,3 cm, Collezione privata); Natura morta di oggetti in viola (1937, olio su tela, 61,8 x 76,3 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi); La strada bianca (1939, olio su tela, 36 x 43 cm, Collezione privata), quasi, nel suo scorcio, una metafora dei giorni umani nel loro essere silente o una piccola inevitabile felice ferita nel tessuto cosmico; Paesaggio con i fili della luce (1940, olio su tela, 34,5 x 31 cm, Firenze, Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi).

Un elenco interminabile. Sorprendente il Cortile di via Fondazza (1954, olio su tela, 48 x 50 cm, Collezione privata), nel quale una parete bianca, calcinata, taglia la tela in due, in senso longitudinale, una soluzione semplice e geniale, un simbolo e un “artificio” di verità offerto al sapiente occhio dell'artista e da lui riprodotto. Incanta la Natura morta con bottiglie e brocca (1915, acquaforte su rame su carta India, 154 x 125 mm, Collezione privata), con la sua fuga di punte e linee slanciate, una sorta di cattedrale gotica o foresta esotica, così come meravigliano le nature morte con vaso, conchiglia e chitarra e con pane e limone (quest'ultima di minime dimensioni e di superbo impatto interiore).

Basti dire, occorre vedere. La mostra è stata curata da Maria Cristina Bandera, direttrice della Fondazione di Studi di Storia dell'Arte Roberto Longhi, e da Marco Franciolli, direttore del Museo d'Arte e del Museo Cantonale d'Arte di Lugano. Magnifico anche il catalogo stampato da SilvanaEditoriale, 288 ricche pagine, con testi a fronte in inglese e tutto l'apparato, con scheda critica, di opere esposte.

Una curiosità per i cinefili... La fama di Morandi era tale che le sue tele vennero citate ed “esibite” nel corso e corpo di pellicole quali La dolce vita di Federico Fellini e La notte di Michelangelo Antonioni, ma anche in Io sono l'amore di Luca Guadagnino e Un bacio e una pistola di Robert Aldrich.

Vale la pena, a questo proposito di citare quanto detto da Bernardo Bertolucci (il padre Attilio, poeta, era amico del pittore) in merito: «Certo Morandi è qualcuno per cui si può prendere una cotta fatale, perché in Morandi, se guardi bene, riesci a intravedere e poi forse vedere anche più da vicino un punto attraverso cui... un po' come in un racconto di Borges, che si chiama l'Aleph. L'Aleph è un punto da cui, non so come, vedi tantissime altre cose del mondo, contemporaneamente, ecco, nei quadri di Morandi così apparentemente semplici, così rigorosi, c'è sempre un luogo, un punto da cui spiare l'infinito, l'infinito anche di questa sua poesia così pacata, così sommessa. E proprio all'interno di questo mondo diciamo, con un sonoro molto basso, possono avvenire in certi momenti degli strappi di drammaticità, ecco questo lo vedi improvvisamente, quando non te l'aspettavi. In Morandi e in Giotto di drammaticità ce n'è da vendere». Uno stranito riconoscibile o soavemente spaesante...

Va citato inoltre il fatto che sono esposti, alle pareti del Museo d'Arte, alcuni lavori di artisti contemporanei ispirati dal Maestro: vere e proprie “Assonanze”, con le più varie tecniche (fotografiche, miste, installazioni), di Franco Vimercati, Bernd e Hilla Becher, Rachel Whiteread, Tony Cragg, Craigie Horsfield e Lawrence Carroll. Pendant perfetto per una mostra indimenticabile.

Per chiudere, è da segnalare il sito web www.giorgiomorandilugano.ch che ospita una sezione multimedia, supporto tecnologico alla mostra, comprensiva di tour virtuale.

Un'organizzazione impeccabile al servizio della conoscenza e dell'emozione. Per e con l'arte di Giorgio Morandi..

 

Alberto Figliolia

 

 

Giorgio Morandi, Museo d'Arte, Lugano

10 marzo - 1 luglio 2012

Info: info.lac@lugano.ch


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