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Piero Cappelli: Persona Umana & Culture
01 Febbraio 2008
 

(Si Può Morire Di Religione? Da Quale Parte Stai?

Per L’uomo O Per La Dottrina?)

 

Persona umana & religioni: chi predomina, la dottrina o l’essere umano?

I grandi principi, leggi, statuti, costituzioni sembrano dare privilegio alla persona umana, ma la realtà delle cose dice invece il contrario. Non solo. Pure gli stati – con le loro leggi – le interpretano secondo criteri di valore che vanno a beneficio della religione più che dell’individuo-persona.

In Italia – paese cattolico almeno anagraficamente e per tradizione – la Cassazione solo poco tempo fa ha dato torto ad una donna musulmana picchiata dai parenti a causa del suo comportamento “troppo occidentalizzato”. E secondo i giudici le violenze imposte a Fatima non erano compiute per “disprezzo”, ma “per il bene della ragazza” che avrebbe dovuto – secondo i magistrati italiani – vivere una vita “conforme alla sua cultura”. Con questo precedente anche il processo al padre pachistano che nel 2006 ha sgozzato la figlia Hina Salem (sempre una donna…) per impedirle di frequentare gli italiani e che avrà luogo a Brescia nel mese di settembre, potrebbe avere un’analoga conclusione.

Anche nei Paesi Bassi il delitto d’onore nei processi alle violenze tra familiari extracomunitari viene ‘convalidato’ dalla legislazione locale considerando prioritario il contesto culturale della vittima che è spesso e quasi sempre una donna.

Dall’altra, invece, in Germania la comunità turca soffre i limiti imposti dalla legge di questo paese contro i ricongiungimenti che i matrimoni ‘forzati’ turchi prevedono secondo le loro tradizioni.

In Canada c’è stato bisogno dell’iniziativa dei cittadini locali per spingere lo stato dell’Ontario a rifiutare che i tribunali islamici potessero dire l’ultima parola in merito alle dispute familiari di religione islamica.

In Indonesia addirittura è stato proposto dal governo filo musulmano di introdurre nelle scuole un test sulla verginità delle studentesse perché un video ne riprendeva alcune che facevano sesso. Le famiglie si sono ribellate e hanno bloccato l’iniziativa.

I giovani cinesi, dall’altra, amano sempre più sposarsi nelle loro chiese (di religione confuciana e/o taoista) alla ‘occidentale’: con l’abito bianco, macchinone, spumante. E siccome non hanno soldi, allora affittano tutto il necessario per vivere questo momento che ritengono un obiettivo importante. Anche qui – come da noi – spesso le cerimonie vanno avanti alla fede…

All’altro capo del mondo, in Israele, i giovani non si sentono più ebrei ma cittadini liberi di aderire o no alla loro religione locale, l’ebraismo con tutto quello che comporta come formazione religiosa. Quando già solo poco tempo fa nascere in Israele voleva dire essere ebrei: lo statuto anagrafico voleva dire adesione alla fede dei padri. Un po’ come nascere in Italia negli anni ‘50-‘60 e sentirsi (se non anche oggi in alcune regioni…) per tradizione cattolico. Questo però non basta più…

Di fronte a queste notizie che alcuni giornali stranieri ci raccontano e che il settimanale italiano Internazionale ci dà, viene spontaneo porsi la domanda iniziale: viene prima la persona umana o la religione?

Gli sviluppi socio-religiosi di questo relazione sono spesso contraddittori e risentono di molti fattori a vari livelli istituzionali. Si pensi solo all’Italia: se la sentenza della Cassazione, che ha assolto i familiari violentatori di Fatima, fosse successo anche pochi anni fa, certamente le sinistre si sarebbero non solo indignate ma pure mobilitate in appoggio alle donne vittime di questi soprusi ed ingiustizie. Ed invece – come la realtà ce n’è testimone – la religione è divenuta una questione squisitamente personale e privata, quando entrano in ballo i diritti umani perché come dice anche la Cassazione non bisogna entrare ‘dentro’ le faccende privatistico-culturali di un popolo, di una tradizione etnica.

Ti sembra giusto caro lettore? Credi tu che le regole d’appartenenza ad un gruppo religioso debbano avere la meglio sui diritti umani? E quando parliamo di diritti umani intendiamo libertà di espressione e d’identità, la giustizia sociale, il rispetto al di là del sesso e della fede, o come un tempo si diceva della razza, ma che oggi diciamo della etnia e cultura?

Non mi troveresti d’accordo se tu propendessi per una risposta affermativa. Senza per questo non rispettare tutte le credenze, le fedi, le religioni… e tutti quegli spazi esistenziali di libertà spirituale…

 

Anche dentro la Chiesa cattolica di confessione romana ci sono delle normative dottrinali e codificate che non fanno sentire tutti uguali, come intende il Vangelo, ma comunque – nonostante i diritti umani non vengano rispettati – si continua ad accettare questa realtà. Perché, in realtà, se ti permetti di sollevare queste problematiche ti ritroverai alla porta della canonica o del vescovado e tacciato di rivoluzionario, dissidente. E come tale escluso, o meglio auto-escluso – come dice la vera dottrina: non è il clero-gerarchico a cacciarti, sei tu che con la tua critica e comportamento ti sei posto da solo ‘fuori’ della comunione ecclesiale.

È evangelico – summa norma - che le donne non abbiano accesso ai ministeri come gli scalini al sacerdozio: lettorato, accolitato, diaconato?

È evangelico che le decisioni ai vari livelli debbono essere sempre e solo espressione di un presbitero (leggi prete), di un vescovo, di un cardinale, di un papa?

È evangelico che l’interpretazione della sacra Scrittura debba essere solo e unicamente espressione della gerarchia e non espressione di una comunione ecclesiale che coagula – intorno al segno dell’unità (leggi parroco, vescovo, papa) la multiedrica, ricchissima vastità della fecondità dello Spirito nelle varie espressioni interculturali?

A te, a voi lettori ‘la palla’…

 

Piero Cappelli


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