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Gabriele Corazza. Ricchezze da recuperare 
A proposito del “ciclo dei rifiuti” e delle sue "regole"
26 Novembre 2013
 

I rifiuti solidi urbani vengono tassati sempre più, con parametri opinabili e lasciando l’onere del trasporto in discarica all’utenza, almeno per quanto riguarda i materiali più ingombranti, il che obiettivamente è quello che meno ci si aspetterebbe. Personalmente pago un centinaio di euro per lo smaltimento di pochi sacchi all’anno pieni di sacchetti di plastica ed altri imballaggi ma, nel momento in cui dovrò smaltire il vecchio frigorifero, dovrò ancora pagare qualcuno con un furgone che lo trasporti nel luogo e negli orari stabiliti da chi fornisce il servizio. Strano che non si voglia prendere in considerazione come parametro per la valutazione dei tributi il peso dei rifiuti prodotti, cosa che, se attuata, porterebbe molti utenti ad una produzione minima di rifiuti con positive ripercussioni ambientali, che avrebbero anche il merito di salvaguardare la salute delle generazioni a venire, oltre che la nostra. Con l’umido si ottiene il composto organico. La carta, il vetro, come i metalli si possono vendere, e la plastica degli imballaggi si può lasciare, per il momento, ai venditori. Utilizzando la tradizionale borsa per la spesa, si possono comprare ad esempio le banane nella loro confezione ma lasciare quest’ultima nel bidone della spazzatura del supermercato. Poiché chi compera è libero di acquistare quello che vuole, se vuole delle banane questo non implica che debba portare a casa anche della plastica che è proprio il materiale meno riciclabile e più difficile da smaltire; se bruciata produce diossina. Se si volesse salvaguardare l’ambiente i punti elencati sopra sarebbero probabilmente unanimemente riconosciuti e accettati da tutte le parti in causa e la plastica degli imballaggi verrebbe sostituita da materiale biodegradabile.

Ma venendo al punto: i rifiuti solidi urbani sono da considerare solo un costo che grava sull’utenza oppure sono una fonte di ricchezza? Ora se i rifiuti solidi urbani sono un costo per la comunità allora la stessa dovrà sobbarcarsi un onere, ma se invece sono una ricchezza allora questa dovrà essere ridistribuita tra i contribuenti della comunità stessa. Analizziamo voce per voce gli elementi che compongono il concetto di rifiuti solidi urbani. L’umido ha un valore, se non viene usato come concime per l’agricoltura, bisogna comprarne dell’altro. Il vetro ha un valore e in gran parte del mondo conosciuto, Europa compresa, il vuoto a rendere viene pagato, in moneta sonante e pronto cassa, al consumatore direttamente dal rivenditore che lo riutilizza o lo vende all’industria per una nuova fusione. I metalli hanno sempre avuto una loro quotazione che ha una costante tendenza al rialzo e dobbiamo inoltre considerare che recuperare un chilogrammo di ferro da una discarica costa molto meno che estrarre il minerale sufficiente per la produzione di questo chilogrammo e fonderlo. La carta viene riciclata dall’industria cartiera, anche per la carta vale il ragionamento fatto per il ferro; comprare boschi e pagare manodopera per abbattere gli alberi ha un costo che va ad aggiungersi a quello della trasformazione della massa di cellulosa. I rifiuti più ingombranti hanno, a prescindere dal valore dei materiali che li compongono, un valore intrinseco ad esempio i personal computer vecchi vengono venduti in altri mercati. Mi chiedo allora come mai l’attuale normativa impedisce e proibisce al privato, ma anche all’artigiano e al contadino, di attingere e di riciclare materiali che sono in definitiva proprietà comune e che per il loro “smaltimento” e “trasporto” la stessa comunità ha anche pagato. Di fatto è impossibile al privato recuperare ad esempio anche solo una vecchia lampada e rivenderla al mercatino delle pulci, oppure regalarla ad un conoscente che altrimenti dovrebbe far fronte all’acquisto.

Attualmente solo delle aziende a partecipazione pubblica hanno la concessione provinciale di attingere a materiali e manufatti a costo zero e, a giudicare dagli stipendi che dichiarano, non sono certo in passivo. Attingere per recuperare, dopo un lavoro di trasporto e selezione, i materiali che a un utente non servono più ma che potrebbero essere invece preziosi per un altro utente. Questo, è vero, crea occupazione ma non sarebbe meglio che anche un artigiano, un contadino, un operaio, un disoccupato o un pensionato potesse attingere dalla stessa fonte e che magari fosse incentivato per l’attività di riciclaggio che svolge? La stessa comunità che produce i rifiuti dovrebbe rientrare dei costi di trasporto e selezione grazie alla vendita e al recupero dei materiali che li compongono. Sembra invece che a volte i rifiuti solidi urbani provenienti dal settentrione vengano trasportati su gomma nelle discariche di certe aree del meridione e che nel contempo i rifiuti di altre aree del meridione vengano trasportati in certe discariche del settentrione. I materiali dovrebbero invece essere il più possibile ridistribuiti su scala regionale, ad esempio il composto organico ricavato dall’umido dovrebbe essere dato ai contadini. Attualmente, e già da molti anni, in paesi ricchi come la Germania tutto quello che è direttamente riutilizzabile o facilmente recuperabile, viene immagazzinato localmente e ridistribuito. Come diceva il buon Ermanno Vaninetti, lo spreco è borghese.

Grazie.

 

Gabriele Corazza

(da 'l Gazetin, settembre 2013)


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