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Simone De Andreis. Giovani donne Afar in Etiopia 
Presentato a Genova il film-documentario "Fatuma e Assya"
17 Febbraio 2015
 

Mercoledì 4 febbraio a presso il Palazzo ducale di Genova, è stato presentato il film-documentario Fatuma e Assya. Due ragazze Afar in Etiopia di Francesco Sincich. L'incontro è stato organizzato dall’Associazione Culturale Ghazala (Genova) e da Karera - Femmes de la Corne d’Afrique (Parigi), di cui era presente il suo vicepresidente Aïcha Dabale (foto), militante per i diritti delle donne, nata a Gibuti. Hanno partecipato la professoressa Nicoletta Varani, docente di Geografia Sociale e Presidente del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria dell'Università degli Studi di Genova, e il professore Giuliano Carlini, sociologo delle relazioni interculturali, in qualità di moderatore. L'interpretariato è stato affidato a Maria Elena Buslacchi.

L'incontro si è aperto con una presentazione della situazione sociale e politica di Gibuti e del Corno d'Africa, ad opera della professoressa Nicoletta Varani, che ha permesso di inquadrare la realtà nella quale è ambientato il film. A seguire una riflessione del professore Giuliano Carlini, che ha illustrato la dimensione interculturale presente nel documentario. Al termine di questi interessanti interventi ha inizio la proiezione del film che racconta la storia di due ragazze appartenenti al popolo Afar, Fatuma (di dieci anni) e Assya (di tredici anni), che narrano la loro vita quotidiana in due diversi accampamenti della Regione Afar d’Etiopia. Entrambe si trovano a dover affrontare problemi importanti. Infatti Fatuma deve trovare il modo di sposare il ragazzo che ama sottraendosi al matrimonio tradizionale obbligatorio (l’absuma), ma nel rispetto della legge afar, mentre Assya ci permette di conoscere un problema che coinvolge tutti gli Afar della valle dell’Awash: il conflitto con i Somali Issa e la sottrazione di bestiame e di pascoli. Le soluzioni però alla fine saranno trovate: Fatuma sposerà il suo amato e la famiglia di Assya recupererà il bestiame rubato grazie alla fi’ma, la milizia tradizionale Afar. Alla fine le due ragazze troveranno anche il tempo e le occasioni per sorridere e divertirsi. Gli Afar sono una popolazione di allevatori semi-nomadi di zebù, capre e pecore, ma il loro animale culturalmente più importante è il dromedario, che rappresenta il prestigio e la ricchezza e viene utilizzato in tutti i momenti importanti della vita. In Italia erano i Dancali del periodo coloniale, dipinti sempre come feroci e infidi, un cliché spesso ancora oggi utilizzato da un certo turismo “estremo”. Gli Afar vivono divisi tra Etiopia, Eritrea e Gibuti e ovunque sono una minoranza discriminata. In Etiopia, dove si trovano le due ragazze protagoniste del film, il governo federale li allontana dai loro pascoli per far posto a grandi progetti di agricoltura industriale di cui essi non beneficiano. Importante poi è lo spazio che i giovani Afar, ragazze e ragazzi, danno alle danze e ai canti, sempre notturni. Fatuma e Asya vuole mostrare la vita delle ragazze Afar, una quotidianità spesso difficile, ma dove c’è sempre spazio, come ovunque, al sorriso, ai piccoli grandi amori e ai sogni.

A seguire Aïcha Dabale ha raccontato la propria esperienza di donna nata e cresciuta proprio in quel difficile contesto. Ha ricordato l'inizio della sua militanza ai tempi del liceo, quando creò un comitato di ragazze contro le mutilazioni sessuali, un vero tabù a Gibuti, un Paese dove all’epoca oltre il 90% delle ragazzine era infibulato. A nemmeno venti anni viene costretta a sposare un senatore francese sessantenne, dal quale riesce a divorziare dopo alterne vicende. Nel 1985 si trasferisce in Etiopia e collabora con un’organizzazione di aiuti franco-monegasca. Inoltre crea il Comitato delle Donne Gibutine Contro la Violenza e l’Impunità per denunciare centinaia di stupri commessi dall’esercito di Gibuti su ragazze Afar e riesce a portare la denuncia alla Federazione Internazionale delle Donne. Nel 1997, su richiesta del governo di Gibuti e in violazione del diritto internazionale, viene arrestata dalla polizia etiopica e estradata a Gibuti. È accusata di essere complice dell’attivitaÌ dell’opposizione Afar nel suo paese e viene arrestata insieme al suo nuovo marito e altre persone. Aïcha è incinta. Una forte pressione internazionale, cui aderisce Amnesty International, costringe il governo, dopo 6 mesi di detenzione, a liberarla. Ottiene lo status di rifugiata a Parigi e prosegue la lotta per la liberazione degli altri detenuti, che saranno scarcerati due anni dopo. Il racconto è stato poi arricchito da uno stimolante confronto fra i partecipanti e il pubblico, teso a comprendere la difficile situazione della donna nel Corno d'Africa in relazione anche alla più ampia realtà della donna in Africa sub-sahariana.

 

Simone De Andreis



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