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Caro Forin. Lode a Puduhepa, puttana sacra di Ishtar, e osservazione dei 'circa' lustrali (2)
17 Luglio 2008
 

Continuiamo la lode alla regista di questa meraviglia, dove Puduhepa, l’autrice, si rapporta direttamente ad HEPATU (43).

Fu ierodula di ISH TAR (38) (ritenuta la Luna che figlia), quando si unì al Sole di Hatti (Hattusilis).

Compone questo santuario per legittimare il proprio figlio al trono imperiale (che non gli spettava, ma ebbe e si tenne per cinque lustri a prova dell’efficacia dell’azione della mamma).

 

La novità di questo articolo?: l’osservazione del lustro nel sito, in Yazilikaya.

[Lustrum significa anche fenestra, secondo il Du Cange: il link sopra è la nostra finestra].

 

Il lustro è la misura del tempo astronomico dei 5 anni necessari al calendario lunare per sovrapporsi al calendario solare, di 11 giorni più lungo di quello sul singolo anno.

Osserviamo i numeri segnati dagli archeologi, che hanno fatto il lavoro di identificare molte delle divinità illustrate.

HEPATU (43) HIS TAR (38): 43 – 38 = 5, gli anni del lustro, in essere nel 1250 a.C.

38 – 5 compreso = 34, ed è il Sole.

Dalla divinità 34 alla divinità 43 corrono due lustri, inizio e fine compresi, il doppio circolo del Cielo e della Terra sumeri.

Questo 5 è graficamente in latino V = U Cielo (V e U tra i Romani si sovrapponevano): avevate mai letto questa spiegazione di V?

 

Gli astronomi moderni europei sapevano di questa misura del tempo tra i Celti, a Coligny, e tra i Latini col lustro. Ma non ne avevano prova in oriente, dov’è nata [osservate 1250 a.C., confrontate con i tempi epocali di Etruschi e Romani che vengono dopo]

Ci capita di raccontarla proprio in un quadro dominato dal dio del tempo [TE SHUP (42)]!

Supponiamo che ne sia la misura in voga.

Gli astronomi mesopotamici avevano osservato bene l’interruzione tra il calendario della luna e quello del sole, questo TAR (che significa ‘interruzione’ in sumero) di 11 giorni; gli astrologhi –ideologhi del loro tempo (questa distinzione è attuale)– probabilmente spiegarono l’interruzione come la possibilità che il mondo finisse perché la luna non raggiungeva il sole (si correva il rischio di ricadere nel AB ZU, nell’abisso iniziale)!

Con la fine dell’anno si prospettava la fine del mondo!

Nel lustro, dove la luna sposava il sole, la paura popolare cessava.


TAR è ‘luogo TA del Sole RA e non luogo AT del sole AR’.

TAR unisce e separa il dio del Cielo AN [unisce col suo numero 60 come i mesi dei 5 anni, separa ogni giorno, ogni anno intermedio al lustro] e la dea della vita ISH (ESH ad Ebla, esse latina), e che finisce il dì con la morte del sole TAR della notte: AN TAR ISH.

Possiamo datare AN TAR ISH 4278 fa anni in Mesopotamia [siete d’accordo che questa data anticipa il lustro europeo?] durante la piena egemonia accadica, grazie all’ordine immutabile dei cicli zodiacali che un programma astronomico a computer ricostruisce con precisione.

Dunque, nel 2270 a.C. esiste la misura temporale del lustro - LUS TUR, del circolo Sole (SUL - Sol) e –LU US (‘Luna morte’ o LU AN ‘soggetto del cielo’).

La sillaba TAR, in sumero ‘interruzione’, è sopravvissuta nel nome della rupe Tarpea, dalla quale venivano gettati dagli Etruschi i vecchi che avevano esaurito il loro tempo da Saturno) nel TAR TAR O, nell’inferno; oggi nella tarma che tarpa i tessuti, nel tarlo che buca il legno, nella tartaruga che sembra spezzare il tempo con la sua lentezza.


Dal dubbio sul TAR, sulla fine, discese l’anno sumero, uno zodiaco di 11 mesi [ricordate gli 11 giorni di ritardo del calendario lunare?] che fa Capodanno nel KAR MUR, la ‘forza della vita-morte’, un doppio mese AN TAR ISH dove il dio della morte bacia la dea della vita e fa A DE A: unisce Ade a Dea, la morte –l’ultimo TAR sottoterra e la vita –il primo TAR dal cielo.

Nel corteo lustrale possiamo osservare i due protagonisti: il sole (34) la luna (35) [prima della filiazione], due inservienti di ISHTAR, Ninattu (36) e Kulitta (37) ed ISH TAR (38), dea della vita e della morte [la luna prolificante] che chiude la sequenza AN TAR ISH.

Due circoli, dunque: il circolo del Cielo (34—38) ed il circolo della Terra (39—43): circa, in latino, probabilmente KIR KA i etrusco, ‘anima dell’andare in Terra’, BIL KI LIB BA in sumero, doppio circolo del Cielo e della Terra.

Questa si legge: ‘anima BA da Terra-Cielo KI LIB, nelle due direzioni.

 

Puduhepa si rapporta direttamente ad Hepatu, si inserisce nel circolo di Terra 39—43 perché donna di terra destinata al Cielo, ierodula di Ishtar, a lei destinata nel circolo del Cielo.

Alle sue spalle, con l’ascia del ‘potere di vita e di morte’ (imperium), il figlio predestinato al potere SHARRUMA, che compare sotto abbracciato col figlio di HEPATU Tudhalya IV sul suo sarcofago per ricordare che la sua anima entra in lui post mortem.

 

Carlo Forin


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