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Tiziana Nava: Un viaggio pittoresco, da Chiavenna a Coira 1826. Pref. Guido Scaramellini.
Viennepierre Edizioni, 2006.
Viennepierre Edizioni, 2006. 
22 Novembre 2006
 
Ecco un libro che per un portale che ha la sede in Valtellina-Valchiavenna sembra fatto apposta per esser custodito con affetto e dedizione. Lo cura la giovane Tiziana Nava e lo edita un editore raffinato che fa i “bei libri” di una volta. E cioè pagine per esser gustate con l’occhio, il tatto, la mente portata al bello. Come spesso accade nel portale le lettere fra i collaboratori e chi cura le sezioni di Critica della cultura diventano una forma di introduzione e di commento.
Claudio Di Scalzo
 
 
ALCUNE LETTERE SUL “VIAGGIO PITTORESCO”
 
Gentile dottor Di Scalzo,
mi permetto di inviarLe la scheda di un libro che uscirà i primi di novembre per i tipi della casa editrice Viennepierre, sperando possa darne comunicazione all'interno della rubrica "Critica della cultura" del portale Tellusfolio. Si tratta di un libro di viaggio molto interessante, dal titolo Un viaggio pittoresco - da Chiavenna a Coira nei Grigioni lungo la nuova strada dello Spluga (1826), scritto da un Anonimo inglese nel 1826, curato da me e con prefazione dello storico Guido Scaramellini. Il volume, patrocinato dalla Provincia di Sondrio e dalla Comunità Montana della Valchiavenna, sarà presentato il 15 novembre al CAI di Milano, successivamente (data ancora da decidere) a Lecco, alla Libreria Cattaneo, a Chiavenna il 7 dicembre; e in primavera al Centro Culturale Svizzero di Milano.
La ringrazio fin d'ora per quanto potrà fare e La saluto con molta cordialità,
Tiziana Nava
 
Gentile Tiziana,...inauguro un tu confidenziale (sembra che il web lo caldeggi e da pisano lo pratico per costituzione) per dirti che mi fa piacere ricevere notizia del tuo libro. Tellusfolio portale della rivista-annuario Tellus (l'ultimo numero nelle librerie Feltrinelli e in distribuzione è dedicato al viaggio: "Dalla Torre Pendente alle Alpi, viaggi e altri viaggi". E ne trovi traccia sul portale da me diretto.) è molto indicato per ospitare simili eventi culturali: ha infatti in Critica della Cultura: Viaggi e altri viaggi ma anche Lo scaffale di Tellus. Darò spazio in una di queste rubriche. E lo recensirò, appena ne avrò una copia sott'occhio anche sul mensile 'l Gazetin della Labos Editrice.
Sono contento che ci sia anche la presenza di un carissimo amico mio come Guido. La memoria della valle, un vero investigatore di eventi che rimandano sì alla storia ma anche alla letteratura memoriale.
Per una presentazione efficace ho bisogno di tre foto max 100 Kb in formato jpg. Con la copertina del libro compresa. Il comunicato magari andrebbe ampliato con qualche file word che puoi spedirmi o brano antologico. Tellusfolio è una rivista-giornale di approfondimento. A presto, da questo toscalpino di San Cassiano Valchiavenna.
Claudio Di Scalzo
ps: Se hai interesse a collaborare a Tellusfolio la rubrica "Viaggi e altri viaggi" potrebbe esser indicata per i tuoi interessi e studi
 
Gentile Claudio,
accolgo senza riserve la proposta di bandire i formalismi e ti ringrazio per la pronta risposta. Non ho idea di cosa sia successo oggi al server di Tiscali, di sicuro c'è stato qualche problema perché solo ora, dopo decine di vani tentativi, sono riuscita ad accedere alla mia casella di posta.
Sono molto contenta che tu abbia deciso di dare spazio a Un viaggio pittoresco in Critica della Cultura; di certo l'interessante prefazione di uno storico come il professor Scaramellini conferisce al libro un valore aggiuntivo.
Provvederò al più presto all'invio di tutto il materiale necessario: in .jpg della copertina e di alcune immagini e qualche estratto in word. Quando il libro sarà pronto (la consegna dalla tipografia è prevista per settimana prossima) ne invierò una copia per la recensione.
Per quanto riguarda infine la tua proposta di collaborazione a Tesllusfolio, ho scritto per ora un unico articolo per il Bollettino Storico della Svizzera Italiana, che costituisce un estratto della mia tesi di laurea e riguarda gli intrighi che caratterizzarono la costruzione della strada dello Spluga. Di viaggi ce ne furono, certo, da un versante all'altro delle Alpi, ma compiuti da funzionari del governo austriaco con fini essenzialmente politici. Se ritieni che questo argomento possa interessare i visitatori-lettori di Tellusfolio sarò lieta di contribuire con un articolo.
Ti ringrazio di nuovo per la gentilezza e a prestissimo,
Tiziana Nava
 
Gentile Claudio, ti invio in allegato le immagini che mi hai chiesto: la copertina e 3 delle 13 litografie contenute nel volume. Inoltre: la prefazione del prof. Scaramellini, l'estratto su Chiavenna e l'indice. Fammi sapere per favore se hai ricevuto tutto quanto.Grazie mille e a presto,
Tiziana Nava
 
Gentile Tiziana, sei in prima di Tellusfolio nella rubrica “Viaggi e altri viaggi”. Ciao.
 
Claudio Di scalzo
 
 
GUIDO SCARAMELLINI: PREFAZIONE.
 
 
La moda di viaggiare per conoscere nuove realtà incontaminate e pittoresche, talvolta difficili, quasi a sfidare la natura, era iniziata con il Grand Tour, intensificatosi a partire dal Neoclassicismo, verso la metà del Settecento, quando dall’Europa del nord artisti, scienziati, letterati e filosofi si indirizzarono verso i paesi mediterranei e in particolare verso l’Italia. Per lo Spluga fu determinante la nuova e prima carrozzabile voluta nel 1818-22 dai dominatori austriaci sul versante sud in Valchiavenna e nel 1824 su quello nord dai Grigioni, divenuti cantone svizzero da una ventina d’anni. Un’opera ardimentosa e avveniristica tanto vicina al gusto romantico, in grado di attrarre la curiosità pionieristica e nel contempo di rispondere pienamente alle esigenze commerciali del tempo, ma ancor oggi, pur a fatica, a quelle del traffico automobilistico. L’ingegnere Carlo Donegani per la parte italiana e gli ingegneri Giulio Pocobelli e Riccardo la Nicca per la parte svizzera hanno legato il loro nome alla carrozzabile commerciale, come fu chiamata allora, la quale si avvia a compiere i due secoli di vita.
Valicando le montagne con l’itinerario più breve tra la Pianura Padana e il centro Europa, la via dello Spluga fu, ancor prima di diventare carrozzabile, una delle più importanti nelle Alpi Centrali. Essa collegava fin dal periodo romano il municipio di Como all’oltralpe e vi transitarono eserciti, come quello di Flavio Stilicone fra IV e V secolo o imperatori come il Barbarossa nel XII o – dopoché lo Spluga fu preferito al Settimo tra la val Bregaglia e il Sursès – uomini di cultura come Erasmo da Rotterdam agli inizi del XVI, Goethe nel 1788 e qualche anno prima i pittori Towne e Turner. Ancora, nel secolo seguente, dalla nuova strada passarono Engels nel 1841 proveniente da Basilea, Andersen nel 1852 e 1873, Nietzsche nel 1872 diretto al lago di Como, l’anarchico russo Bakunin nel 1874, fino a Einstein in viaggio a Winterthur nel 1901, tanto per fare qualche nome famoso.
La nuova carrozzabile, costruita per un passo che nel Settecento era il principale collegamento della Lombardia austriaca con l’oltralpe, portò un sensibile aumento di traffico: i viaggiatori dal 1818 al ’34 raddoppiarono e dai 1500 annuali del 1839 passarono trent’anni dopo a quasi 20.000. Ovviamente anche il versante grigione, pur già maggiormente interessato dal Grand Tour, beneficiò del nuovo assetto della strada dello Spluga, che dai rigori del nord portava al calore e al colore d’Italia.
 
Nel 1819, l’anno dopo l’inizio dei lavori per la carrozzabile, il passaggio dello Spluga è già ricordato nella Guide des voyageurs en Italie, uscita a Weimar, anche se un vero itinerario illustrato, Viaggio pittorico e storico al Monte Spluga, fu pubblicato a Milano solo cinque anni dopo con lo scopo dichiarato di magnificare la nuovissima strada da Chiavenna a Coira e i dominanti che a sud l’avevano voluta, come dice la dedica all’arciduca Ranieri, viceré del Lombardo-Veneto. L’album contiene sedici acquetinte disegnate e incise da Federico Lose e stampate presso Francesco Bernucca.
Nel 1826 lo stesso itinerario veniva ripreso dal libro inglese oggetto di questa pubblicazione: Un viaggio pittoresco sulla nuova strada da Chiavenna, attraverso lo Spluga e lungo il Reno, a Coira nei Grigioni – per tradurre il lungo titolo – con tredici litografie di Frederick Calvert su disegni di George Clowes e con brevi testi, quasi ampie didascalie, pubblicato in bianco e nero da William Cole a Londra. Come d’uso, spesso le stampe venivano poi colorate a mano, come gli esemplari riprodotti in questa pubblicazione.
Contemporaneamente usciva a Zurigo, per illustrare lo stesso percorso, ma in direzione opposta, Die Bergstrassen durch den Canton Graubündten nach dem Langen- und Comer-See con testo di Johann Gottfried Ebel e disegni di Johann Jakob Meyer, che in qualche caso è pure litografo, anche se l’incisione è affidata per quasi metà delle ventiquattro lastre a Rudolph Bodmer e per le restanti a tre altri artigiani. Il Meyer ci ha regalato con quest’opera una delle raccolte più belle di vedute, così come farà nel 1831 per la Valtellina.
L’anno dopo Henry Gaugain pubblicava a Parigi Promenade sur le lac Wallenstadt et dans le pays des Grisons con quattordici litografie da Coira a Chiavenna di Edouard Pingret su disegni di Alexandre de La Motte-Baracé, vicomte de Senonnes, stampate da Firmin Didot.
Seguì nel 1836 Lombardia pittoresca, corredata da litografie di Pietro Bertotti su disegni di Giuseppe Elena e testi di Cesare Cantù e Michele Sartorio, editi da Fortunato Stella e figli di Milano, per documentare l’itinerario a sud delle Alpi dalla Riva di Mezzòla allo Spluga con cinque vedute.
Talmente ardimentosa e difficile apparve la nuova arteria che lo scrittore e disegnatore ginevrino Rodolphe Töpffer nei suoi Voyages en zigzag, illustrati da simpatiche litografie e apparsi in varie edizioni in francese a partire dal 1844 (la quinta è del 1859), la ritenne più bella di quella del Sempione «per le magnifiche vedute e per le sue immense gallerie», definendola «l’itinerario degli artisti».
I testi in questi album sono quasi sempre piuttosto generici, lasciando la preminenza alle figure, di cui alcuni scorci si vengono fissando e ripetendo nelle varie opere, diventando quasi irrinunciabili per rappresentare il territorio. E ciò avviene sia nei libri di viaggio, sia in pubblicazioni storico-geografiche. Ricorrono nei Grigioni Coira, Thusis, Reichenau alla confluenza dei due rami del Reno, la via Mala e in particolare il Verloren Loch o Trou perdu (Buco perduto) e il paese di Splügen; in Valchiavenna Montespluga, la carrozzabile, la cascata di Pianazzo, Campodolcino, il santuario di Gallivaggio, Chiavenna e il lago di Mezzòla.
 
Quanto al nostro Viaggio pittoresco, il testo di introduzione pone l’accento, secondo il gusto del tempo, sulla «selvaggia e romantica strada» che è l’oggetto dichiarato del lavoro, sui «selvaggi e quasi inaccessibili eremi», non mancando di ricordare tra i fatti legati al passaggio dello Spluga quello accaduto ventisei anni prima all’esercito francese, immortalato in varie stampe. Era il 5 dicembre 1800 quando il generale MacDonald, al comando della quarta colonna della sua armata, scese dai Grigioni lungo la strada del Cardinello, che dalla Ca della montagna porta direttamente a Isola, per dare man forte alle altre armate impegnate a strappare le terre italiane agli austro-russi. Nevicava fitto e infuriava la bufera e nel difficile passaggio un centinaio di uomini con cavalli e muli perse la vita, travolto dalle slavine.
Le vedute disegnate dagli stranieri lungo la nuova strada cominciano sempre da nord, mentre Clowes percorre la valle in direzione opposta, sulla via del rientro, cominciando dal lago di Mezzòla, la cui didascalia parla della foce dell’Adda nel lago di Como, in quanto fino al 1858 il fiume della Valtellina nel Pian di Spagna puntava a nord, incontrando, prima di gettarsi nel Lario, la Mera che scende dalla Valchiavenna.
Anche Chiavenna non si presenta al Clowes come accade a coloro che provengono dallo Spluga, per cui riprende uno scorcio che rimarrà unico nella storia delle stampe sul borgo, essendo visto da sud-est, con la collegiata di San Lorenzo, il palazzo Balbiani e in primo piano le mura sforzesche. Ma quel che a lui e all’incisore premeva era rendere, come dice il testo, le “enormi masse rocciose che sovrastano con selvagge e frastagliate forme” e il “ricco e lussureggiante fogliame di vigneti”. Non mancano nel testo cenni alla pietra ollàre, alla cascata della Maira (il nome che danno al fiume Mera in Bregaglia svizzera, ma in realtà si tratta dell’Acquafraggia) e al borgo di Piuro (in tedesco Plurs) con la località Scilano (per errore è riportato Spilan) sepolto da una frana con il suo migliaio di abitanti (che qui diventano 2430).
Inoltrandosi nella “splendida e romantica valle di San Giacomo”, oggi più nota come valle Spluga, il disegnatore si ferma a San Giacomo davanti alla cascata del torrente Liro che spumeggia tra le rocce; a lato la strada carrozzabile sale a tornanti, tra “magnifici boschetti di castagno”, verso il paese, dove svetta il campanile della parrocchiale.
Poco oltre, un’altra tappa, sulla sponda destra del Liro, per il romito santuario di San Guglielmo, servito allora da un bel ponte in pietra, travolto da un’alluvione nel 1860, che tornerà in una litografia presente in Promenade del 1827 e ancora in una silografia inserita nel quinto volume della Illustrazione del Lombardo-Veneto, pubblicata a cura di Cesare Cantù nel 1861. Il nostro testo riferisce sul santo, a cui è dedicata la chiesa, una versione popolare secondo la quale si tratterebbe del sovrano dei Normanni dell’XI secolo, anche se più diffusa fin dal Seicento era la identificazione con un Guglielmo d’Orange, trasferitosi dalla Francia alla corte di Germania e quindi divenuto eremita in val San Giacomo, morendovi nella seconda metà dell’XI secolo. Ma studi recenti propongono di ridimensionare la figura, individuandola in un Guglielmo de Orenga di Menaggio, da identificare forse con un eremita documentato in valle nel 1256.
Sosta obbligata è, qualche chilometro più a nord, un altro santuario, quello della Madonna di Gallivaggio, anch’esso preso da una visuale particolare, cioè da sud, mentre quanti si cimentarono su questa veduta lo ritrassero da monte, a partire dall’acquatinta di Samuel Alken su disegno di John Smith in Travel in Switzerland and in the Country of the Grisons, uscito in terza edizione a Londra fin dal 1794. La nuova strada, come al solito in bella evidenza e percorsa da muli, è affiancata dalle rocce incombenti, mentre un sentiero – era detto della “Dèrta” – saliva rettilineo alla chiesa, sorta sul luogo dove due ragazze annunciarono di aver visto la Madonna la mattina del 10 ottobre 1492.
Segue Campodolcino, con la solita strada percorsa da muli, visto da Prestone, e con un campanile, sulla destra del torrente, che dovrebbe essere quello della frazione Portarezza.
Il viaggio prosegue con la cascata di Pianazzo (registrata come Pianezza dal dialetto Pianèsc) formata dal torrente Scalcoggia, vista dal fondovalle, dove passò la carrozzabile fino al 1834, quando fu travolta da un’alluvione del torrente Liro (qui e oltre erroneamente indicato come Lira). Questo itinerario sarà sostituito quattro anni dopo dalla variante del Sengio, che da Campodolcino sale direttamente a Pianazzo, dove già si inerpicava uno «straordinario e pericoloso sentiero», per riprendere le parole dell’ignoto commentatore.
Attraverso la strada di fondovalle Clowes giunge a Isola, vista da ovest. Il testo non manca di accennare alla discussione tra i sostenitori del tracciato attraverso la gola del Cardinello e quelli che preferivano la salita verso Pianazzo. La stampa costituisce una importante testimonianza storica, essendo l’unica, con una litografia coeva di Pietro Bertotti su disegno dell’ingegnere Scotti, a documentare l’andamento della carrozzabile dello Spluga attraverso il cosiddetto passo della Morte fino a Pianazzo, oggi modificata e declassata a collegamento comunale.
Il Clowes salta Ca de la montagna, che proprio allora si avviava a chiamarsi Montespluga e che sarà invece una tappa pressoché obbligata per quanti seguiranno, e ci porta ai piedi del pendio a nord, dov’è il villaggio di Spluga, come si chiamava allora Splügen nell’Hinterrhein grigione, visto da est con i ghiacciai del Rheinwald sullo sfondo. L’accenno nel testo al marmo bianco dello Spluga adatto per far statue si riferisce probabilmente all’utilizzo fattone nel 1811 dallo scultore svizzero Anton Maria Christen per i busti del pedagogista Enrico Pestalozzi e del favolista Gottlieb Konrad Pfeffel, commissionati da Ludwig I di Baviera per il Valhalla di Donaustauf presso Regensburg. Non poteva mancare, in un libro che documenta il passaggio dall’Hinterrhein, una veduta del «nero e profondo abisso», del «meraviglioso crepaccio» della Via Mala, tanto caro al gusto romantico.
Le ultime tavole sono dedicate una a Thusis, ripresa dallo stesso punto da cui l’aveva disegnata due anni prima Federico Lose, ma con accentuazione della verticalità dei monti, un’altra ai resti del castello di Ortenstein sulla destra della valle nella Domigliasca con il monte Calanda sullo sfondo, e la terza alla tappa finale, Coira, sulla destra del Reno. In primo piano si distendono ampi prati, mentre la chiostra dei monti fa da sfondo alla città, punto di partenza – si ricorda nel testo – di «molte piacevoli escursioni per le romantiche valli circostanti». Quasi un invito a non fermarsi e a proseguire il viaggio alla scoperta di nuove terre, altrettanto suggestive.
 
 
CHIAVENNA
 
Chiavenna, la capitale della regione, è una città considerevole, situata ai piedi di montagne ripide e rocciose. Le antiche mura del borgo cittadino esistono tuttora; la fortezza, ora in rovina e coperta da piante di vite, era un tempo considerata inespugnabile. Le enormi masse rocciose dalle forme selvagge e frastagliate che sovrastano questa città suggeriscono l’idea di una qualche violenta convulsione della natura, che abbia fatto precipitare queste porzioni delle montagne adiacenti nelle loro attuali posizioni; le loro superfici marrone scuro contrastano singolarmente con il ricco e lussureggiante fogliame dei vigneti che circondano la città da ogni parte. Qui si vende ogni sorta di fine oggettistica, come vasi, calamai, pateræ,1 ecc. ricavati dalla pietra ollare,2 che abbonda nelle vicinanze. Questi piccoli oggetti di artigianato, insieme con la seta e un vino comune, costituiscono il commercio principale di Chiavenna. Vicino a questa città accadde, nel 1618, quella terribile calamità che seppellì in un istante la ricca e popolosa città di Plurs.3 Questo sciagurato paese era situato ai piedi del monte Conto, composto da strati di roccia inframezzati da strati intermedi di materiale argilloso o più tenero. Piogge lunghe e abbondanti si erano verificate in agosto quando, in una notte calma e serena, la montagna si spaccò e un’immensa massa di terra e rocce franò giù, ricoprendo il villaggio di Spilan4 e la città di Plurs,i cui 2430 abitanti perirono sotto le macerie. Un antico scrittore, parlando di questa catastrofe, scrive:
Miserabili hoc exitu periit pagus amplissimus, palatiorum, hortorum, aliorum ædificiorum splendore vere regius, et funditus quidem, ut nec vola maneat, nec vestigium.5
Nelle vicinanze si può ammirare una bellissima cascata del Maira.6
 
 
 
 
1 Si tratta di recipienti larghi e bassi.
2 La pietra ollare è così chiamata perché utilizzata principalmente per la produzione delle olle (pentole usate per cuocere o conservare le vivande); il nome scientifico è “pietra verde di Chiavenna” (talcoscisto). È una pietra di grana fine e di colore grigio tendente al verde, che presenta piccole venature bianche e nere. Si trova in grande quantità in Valchiavenna e soprattutto a Piuro, dove la sua estrazione e lavorazione occupano un posto di grande rilievo tra le attività tradizionali. Usata come materiale da costruzione (fontane, portali, colonnati), deve la sua fama soprattutto alla produzione dei laveggi (olle destinate alla cottura dei cibi) e dei furàgn (olle destinate alla conservazione delle vivande).
3 Piuro.
4 Si tratta del paese di Scilano.
5 «Con questa miserabile fine perì un villaggio ricchissimo di palazzi, giardini e altri edifici, regale davvero per splendore, e addirittura dalle fondamenta, cosicché non ne rimane la minima traccia».
6 Mera.

Foto allegate

Chiavenna
Coira
Campo Dolcino
 
 
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