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“Papi” sul Gazetin di giugno 
E da “Il nostro giardino” su Tellusfolio.it, lo speciale su G.F. Damiani
27 Giugno 2009
 

Poiché, ahinoi, non vi abbiamo ancora presentato l'edizione di giugno del “giornale indipendente di cronaca civile” 'l Gazetin, lo facciamo ora con l'intervento tratto dalla rubrica “Pensieri inutili” di Gino Songini e intitolato “Papi”. L'argomento è facile da immaginare, meno scontata la lettura che ne viene fatta. L'occasione ci consente così di veicolare Copertina e Sommario di un numero ricco e interessante come il solito, ma davvero unico e imperdibile per lo “speciale” dedicato a Guglielmo Felice Damiani per la cura di Renzo Fallati.



Papi

Amarissime constatazioni con domanda (scontata) finale

 

Papi” raccoglie fiori nell'immenso giardino di Arcore. Gli sono accanto, freschi ed eleganti, la bella (seconda) moglie e i figli. “Papi” palleggia con Maldini, lo storico capitano del Milan. “Papi” è col papa (scusate l'assonanza, ma non è colpa mia), con Clinton, con Bush, con Schröeder, con Putin, con Zapatero, con la Merkel, ecc. Ecco “papi” con la mamma, eccolo giovane con gli amici, eccolo bambino che fa la prima comunione. Insomma questo “papi” è davvero speciale. Bravo, bello, ricco, generoso, romantico, devoto. Un figlio speciale, un marito speciale, un padre speciale. Non come noi che maltrattiamo i nostri genitori, che picchiamo la nostra (unica) moglie, che ce ne freghiamo dei figli. Che non abbiamo un giardino come quello di Arcore, che non palleggiamo con Maldini, che non veniamo fotografati non dico con Bush e col papa, ma neppure col sindaco o col sagrestano del nostro paese. Popolo! guarda e ammira! Guarda come sono folti i suoi capelli, come non ci sia in mezzo un filo bianco, come nella sua bocca non manchi un dente. Per forza un uomo così deve avere successo con le donne. Cosa importa che abbia settantatré anni? Un uomo che non soltanto non è sottoposto alle leggi dello stato (vedi “lodo Alfano”) ma neppure alla legge del tempo (vedi lifting). Non come noi montanari, invecchiai dalla calvizie e dalle rughe, dai capelli bianchi e dai reumi. Per forza che nessuna Noemi (o Naomi che sia) ci aspetta per festeggiare il suo diciottesimo compleanno. E poi non avremmo neppure un collier da seimila euro da portarle, volando in elicottero tra le nuvole. Eppure, con tutti questi pensieri per sé, per le mogli, per i figli, per le ville, per i giardini, per il Milan, per Noemi (o Naomi che sia) il nostro Conducator trova il modo di guidare l'Italia verso le sue “magnifiche sorti e progressive”.

Ma ho appena iniziato l'articolo e già non me la sento più di continuare con questa ironia che lascia il tempo che trova. Perché la questione è, purtroppo, tremendamente seria. Voglio dire che prima ancora di considerare le questioni politiche che abbiamo davanti, la crisi, la Fiat, i licenziamenti, i clandestini, ecc., prima di parlare di destra e di sinistra, si tratta di vedere se il nostro paese è guidato da un uomo che lo rappresenta degnamente sulla scena politica interna e internazionale. E la risposta è negativa. Sono sempre più convinto che abbiamo bisogno di qualcuno, di destra, di sinistra, di centro, non importa, che dia un'immagine diversa del nostro paese. Di qualcuno che finalmente (finalmente! finalmente!) la smetta di parlare di se stesso, di celebrare le sue imprese, di esibire le sue ricchezze, di dirci quanto vuole bene a sua moglie (si vede, no?), di raccontarci quanto è ammirato dalle donne. Basta. Chi avrebbe mai creduto che in Italia saremmo arrivati a questo punto? Chi avrebbe mai creduto che saremmo tornati ad avere “un uomo solo al comando” con una sterminata platea di cortigiani che, qualsiasi fesseria dica o faccia, sono lì pronti a osannarlo e a battergli le mani?

Giorni fa un amico mi ricordava che i tiranni, nella storia, hanno potuto fare i tiranni proprio perché una larga maggioranza di servi è sempre stata pronta a incensarli e a servirli. Ma allora il cammino della nostra storia sta viaggiando a ritroso? Abbiamo davvero bisogno di un “uomo della Provvidenza”? di un “unto del Signore”?

No, non avrei mai pensato di avere nostalgia della cosiddetta “prima Repubblica”. Di un tempo in cui, per lo strapotere di un partito, la Democrazia Cristiana, sembrava non ci fosse alternativa politica nel governo del nostro paese. In quegli anni, in quei decenni, avrei voluto sperimentare un diverso modo di governare l'Italia, un diverso modo di essere governato. Oggi ho nostalgia di quel tempo. Un tempo in cui non c'era nessun “uomo solo al comando”, in cui c'era Moro ma c'era anche Fanfani, c'era Andreotti ma c'era anche Colombo, c'era Craxi ma c'era anche Berlinguer. Nessuno di quegli uomini veniva ritratto mentre coglieva fiori nel giardino di Arcore. Nessuno di loro celebrava mogli e figli (quasi non si sapeva neppure se ne avessero), nessuno di loro correva in elicottero da Noemi (o Naomi), o, se lo faceva, aveva almeno il pudore di non farsi vedere. Nessuno riuniva i ministri a casa sua. Nessuno organizzava summit di stato nelle ville in Sardegna. Ripeto: non è questione di destra o di sinistra. È questione di uscire dalla palude di inganno e di ipocrisia in cui siamo sprofondati. Non si tratta neppure di essere governati bene o male, si tratta innanzitutto di non venire presi per i fondelli. Si tratta di ripartire dalla base, di rimettere al centro della nostra vita sociale e politica l'interesse pubblico, i valori della Costituzione, i principi illuministici che sono a fondamento dello stato di diritto, primo tra tutti quello dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Occorre contestare, condannare e rivedere radicalmente il monopolio televisivo concesso a un unico soggetto che se ne serve per costruire intorno a sé un consenso basato sulle favole e su di un culto della personalità del tutto insopportabile. Se non consideriamo questi elementi fondamentali non faremo un passo avanti. Ci troveremo a dover subire una omogeneizzazione dell'informazione sempre più stringente senza che nessuno abbia il coraggio di ribellarsi per il semplice timore di perdere “rendite di posizione” acquisite per servilismo nei confronti del “Capo”. Ci toccherà sentire personaggi di primo piano della politica nazionale e del Vaticano, sottosegretari e alti prelati, chiamare «assassino» Beppino Englaro (un padre vissuto per diciassette anni al capezzale della figlia in stato di coma vegetativo permanente) senza che nessuno abbia da ridire o magari voglia di alzarsi e gettare prelati e sottosegretari nelle acque del Tevere.

No, non avrei mai pensato che si arrivasse a questo. Se questa è la “seconda Repubblica” torniamo in fretta alla prima. Quando non si candidavano “veline” in Parlamento. Quando un presidente del Consiglio non si vantava delle sue ricchezze, né del suo fascino (?) di latin lover, né di fare la formazione del Milan. Quando i ricchi vivevano nelle loro ville e avevano il garbo di non apparire sulla scena politica nazionale. Quando i governanti non possedevano giornali e televisioni. Certo, la “prima Repubblica” non era il paradiso terrestre. Ma oggi la situazione è ben peggiore. È ora che apriamo gli occhi. Ma come può essere (è questa la mia dannazione) che un paese dalla storia civile e culturale come il nostro si dia in mano a un personaggio che crede di comperare tutto e tutti, e purtroppo ci riesce, con i soldi e con le televisioni? Un uomo che, stando alla sentenza di un tribunale della repubblica, ha comperato anche la testimonianza dell'avvocato inglese Mills per salvare se stesso e le sue aziende?

Nelle scorse settimane mi sono recato dal mio amico libraio per acquistare un libro che mi incuriosiva: L'orgia del potere di Mario Guarino, ed. Dedalo. Sottotitolo: «testimonianze, scandali e rivelazioni su Silvio Berlusconi» (dal 1965 ai nostri giorni). Non è un genere di libri che frequento, ma mi incuriosiva il fatto che la prefazione fosse a cura di Paolo Sylos Labini, una delle teste pensanti più acute e più libere che ci siano oggi in Italia, così come mi incuriosiva la postfazione di Michele Santoro. È inutile che vi dica che l'amico libraio, che in tanti anni mi ha sempre puntualmente servito, dopo diversi viaggi a Milano ha dovuto ammettere che non riusciva a procurarmi il libro. Alla fine un collega me lo ha fatto avere, ordinandolo su internet. L'ho letto. Ogni tanto dovevo interrompere la lettura e uscire sul balcone per respirare una boccata d'aria pulita. Spero che non sia vero tutto ciò che viene raccontato, basti dire che ho camminato per centinaia di pagine in una nube venefica e maleodorante. Ma se fosse vero anche solo un decimo di quanto riportato c'è da rimanere agghiacciati. Altro che i fiorellini nel giardino di Arcore! Altro che la foto della prima comunione! Altro che il romantico compleanno di Noemi (o Naomi che sia). Altro che “papi”.

 

Una domanda scontata

Il nostro Gazetin, per avere oggettivamente raccontato una storia di dolorosissima umanità e di malagiustizia, è stato condannato (in appello, dopo essere stato assolto in primo grado).

Pur mantenendo fiducia nella giustizia, e quindi in un favorevole giudizio finale, non possiamo che domandarci:

«C'è ancora libertà di stampa, oggi, in Italia?»

 

Gino Songini

(da 'l Gazetin, giugno 2009)

 

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