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Valter Vecellio. Berlusconi al “Foglio”. C’è qualcosa di più grave del “reato di cena privata”...
11 Febbraio 2011
 

Se la regola deve essere “predica bene e razzola male”, se siamo al “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, se chi parla di decoro delle istituzioni e di chi le incarna viene tacciato e liquidato di moralismo, allora va tutto bene, basta saperlo.

Però la “conversazione” che l’inquilino di Palazzo Chigi ha avuto con il direttore de Il Foglio qualche considerazione e riflessione la richiede. Sarà pure, forse, chissà, come dice il presidente del Consiglio, che i magistrati di Milano stanno tentando si trasformare «in scandalo internazionale inchieste farsesche e degne della caccia spionistica alle “vite degli altri” che si faceva nella Germania comunista»; a parte che si fa una certa fatica a immaginare Silvio Berlusconi nel ruolo dello scrittore dissidente spiato e sorvegliato per la sua attività e le sue opinioni, si dice una stupidaggine quando si sostiene che le procure di Milano e di Napoli agiscono di conserva, si passano le carte, e via dicendo. Anche un sordo e cieco, straniero, che transita all’esterno del palazzo di Giustizia comprende che la procura meneghina vede come fumo negli occhi quello che è venuto da quella partenopea; e dunque, se questo è uno degli argomenti, meglio che lo si abbandoni subito, perché è facile ribattere che oggettivamente la procura di Napoli a Berlusconi ha fatto un gran piacere.

Sempre nella conversazione con Giuliano Ferrara, Berlusconi sostiene che «per il reato di cena privata a casa del premier hanno stilato un mandato a comparire, solitamente di due paginette burocratiche, allegando 400 pagine di origliamenti e altri documenti presunti d’accusa con uno scopo preciso, uno scopo comune a magistrati che dovrebbero agire in nome della legge e oppositori politici del governo e miei personali». Ed è sempre Berlusconi che più avanti confida che non ce la faranno, «intanto perché c’è un giudice a Berlino e io ho fiducia di trovarlo, e poi perché in una democrazia il giudice, in ultima istanza, quando si tratta di decidere chi governa, è il popolo elettore e con esso il Parlamento, che sono i soli titolari della sovranità politica».

Facile sarebbe obiettare che l’evocato mugnaio, appunto andava a Berlino a cercare il magistrato che gli desse soddisfazione contro l’abuso imperiale, e non si organizzava leggi ad personam e altri marchingegni giuridici, se davvero la procura di Milano è responsabile di quello che Berlusconi dice, non si capisce perché si sottrae: se tutto si risolve in «reato di cena privata a casa del premier» che problema c’è a dire il famoso “vedo”?

Il fatto è che non si tratta di una cena, non si tratta di comportamenti privati. Forse si risolverà tutto in una bolla di sapone, però il fatto contestato parte da una telefonata che il presidente del Consiglio fa alla Questura di Milano (che non è casa privata del premier, ancora, almeno), per “raccomandare” una ragazza fermata per furto, che viene spacciata come “nipote di Mubarak”, di cui si chiede la liberazione per scongiurare un incidente diplomatico, e poi arriva una consigliere regionale eletto in un listino di cui si sono falsificate le firme, che la prende in affido, e cinque minuti dopo la consegna a una prostituta. Se si assicura che tutto questo è normale, e che è normale tutto quello che poi è venuto fuori, il via vai di gentili signorine che certo possono fare del loro corpo quello che più pare a loro, ma sapere che c’è un presidente del Consiglio sottoposto a un così potenziale ricatto, si ammetterà, è difficile chiamarlo “moralismo”. Per fare un esempio, il “caro amico Putin”, figlio di quel mondo evocato da Berlusconi e i cui metodi sono noti, vien da pensare come quei giorni trascorsi nelle famose dacie come possono essere stati immortalati. Fantascienza? Ma certo. Però non è fantascienza quella di questi giorni? Si prenda il resoconto stenografico della Camera dei Deputati del giorno in cui si è discusso se concedere o meno l’autorizzazione alla perquisizione degli uffici dell’Olgettina... Non sono quegli interventi, altrettante offese alla nostra intelligenza?

Ad ogni modo, la procura di Milano contesta reati precisi, e non sono “il reato di cena privata”. Si può restare perplessi quando si apprende che le prove sono “evidenti”, come se esista la categoria delle “prove evidenti così così” e le prove “supposte”. Ma a maggior ragione: se è così, si avrebbe buon gioco a smantellare tutto.

Poi però Berlusconi esce dal piano giudiziario e la mette su quello penale; e si mette a parlare di chi «predica una repubblica della virtù, con toni puritani e giacobini, ha in mente una repubblica autoritaria, il contrario di un sistema fondato sulla libertà, sulla tolleranza, su una vera coscienza morale pubblica e privata. Io qualche volta sono come tutti anche un peccatore, ma la giustizia moraleggiante che viene agitata contro di me è fatta per andare ‘oltre’ me... è fatta per mandare al potere attraverso un uso anti-giuridico del diritto e della legalità, l’idea di cultura, di civiltà e di vita, di una élite che si crede senza peccato, il che è semplicemente scandaloso, è illiberalità allo stato puro...».

E figuriamo se qualcuno qui vuole catoneggiare sui costumi personali e privati di chiunque, che non produce vittime e danni al prossimo. Però si può almeno (almeno!) scuotere la testa, nel leggere queste affermazioni perché viene in mente che è lo stesso che promuove il “Family Day”, lo stesso che si gloria e vanta di aver varato leggi proibizioniste su ogni settore, dalla prostituzione alla droga, e via dicendo? Insomma, come si diceva all’inizio: non c’è una sorta di schizofrenia tra quello che Berlusconi dice (al Foglio) e quello che fa e fa fare al suo Governo (meglio: faceva, perché sono settimane che il Governo del fare non fa proprio nulla).

Proprio ieri le agenzie di stampa informavano che un parlamentare repubblicano “beccato” da un sito internet per alcuni SMS hard e per aver inviato fotografie a torso nudo all’amante, ha rassegnato le sue dimissioni. Sarà eccessivo, certo, ma evidentemente il parlamentare repubblicano americano (quel partito che crediamo piaccia sia a Berlusconi che a Ferrara), che incarna e fa suoi quei valori che, ci sembra, siano vicini al “sentire” di Berlusconi e di Ferrara, quando si è visto scoperto con le mani dentro il vasetto di marmellata, ne ha preso atto: ho peccato, chiedo scusa, arrivederci, me ne vado. Si ripete. Forse è eccessivo. Però questo ha fatto il parlamentare repubblicano. Prendiamo atto che è il risultato di una “una repubblica della virtù”, che ha “toni puritani e giacobini”, di chi «ha in mente una repubblica autoritaria, il contrario di un sistema fondato sulla libertà, sulla tolleranza, su una vera coscienza morale pubblica e privata». Si chiamano Stati Uniti d’America.

 

Valter Vecellio

(da Notizie Radicali, 11 febbraio 2011)


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