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Roberto Dell'Ava. Uri e Dave: Present Joys
07 Novembre 2019
 

Passare nello spazio di cinquanta metri in linea d’aria dall’atmosfera ovattata di una camera dell’Hospice dove un mio caro ha trascorso gli ultimi giorni terreni alle poltroncine del magnifico Auditorium Sant’Antonio ha avuto un sapore dolce e consolatorio nella stessa misura.

La musica del duo Uri Caine e Dave Douglas ha svolto al meglio il compito di proiettarmi in una dimensione più consona al momento che stavo vivendo, con il suo intrecciarsi in un dialogo tra inni sacri della Chiesa Battista e altre suggestioni più contemporanee pescate nel repertorio di Douglas o di grandi penne del jazz americano.

L’iniziale Devotion riporta immediatamente all’album Present Joys del 2014, interamente ispirato al Book of Sacred Harp. Sapori opportunamente riletti e filtrati con grande rispetto dalla sensibilità dei due musicisti, pronti a passare dal lirismo elegiaco alla improvvisazione più libera dove l’accompagnamento bluesy e contrappuntistico di Caine ha egregiamente sostenuto il volo della tromba. Un dialogo serrato, attraverso composizioni antiche e brani scritti da Douglas, ma, rispetto al concerto del Torino Jazz Festival del 2014, anche una apertura alle pagine di altri grandi Jazzisti, da Mary Lou Williams (Rose and Thorn) a Carla Bley, con il capriccioso brano King Korn originariamente scritto pensando a Sonny Rollins che invece non lo registrò mai.

Due i bis concessi al pubblico entusiasta, We Pray dedicato a Dizzy Gillespie di cui Douglas ha ricordato la vicenda della candidatura a presidente degli Stati Uniti, concludendo la presentazione con un sommesso “come sarebbe diverso il nostro paese ed il mondo intero se avesse vinto Dizzy!”.

L’ultimo brano, anch’esso scritto dal trombettista, è stato invece dedicato a Franco D’Andrea, un attestato di stima e di amicizia che il pianista di Merano si è ampiamente guadagnato nella sua lunga carriera.

Un concerto di rara raffinatezza e sensibilità che ha messo in luce, se ancora ce ne fosse bisogno, la straordinaria tecnica strumentale, l’empatia e la profonda intesa musicale ed umana dei due musicisti.

 

Roberto Dell'Ava


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