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Bruna Spagnuolo. La terra trema 
L’Abruzzo piange, l’Italia è a lutto, la Pasqua 2009 è attonita (il telefono della solidarietà è 48580)…
09 Aprile 2009
 

I bambini della mia generazione ricordano ancora che nel venerdì santo le campana ammutolivano, ‘imbavagliate’ (i loro batacchi, avvolti negli stracci, erano imprigionati da mani severe, perché non traessero suoni dai bronzi sapienti e canterini). Il rito della santa messa non si fregiava dei campanelli tintinnanti come cascate di risate angeliche, in quel giorno di lutto totale, e li sostituiva con uno strumento di legno che emetteva suoni sordi (e sgradevoli come rimbalzare di mortai).

Il teorico/ (tramandato di bocca in bocca -di Vangelo in Vangelo) rispetto della morte di Cristo in croce si faceva plastico e reale agli occhi del ‘popolo’ (e, soprattutto, dei suoi bambini). La terra, quest’anno, ha deciso di tremare (e di fare da tomba a tanta gente, che, fino a un attimo prima di morire, non aveva idea di non avere altri minuti/ ore/ giorni/ mesi/ anni di vita; non aveva idea di non vedere affatto la Pasqua ormai vicina; non aveva idea di come sarebbe stata la Pasqua dei sopravvissuti). Una donna novantenne, alcuni anni fa, m’insegnò che l’augurio più bello che si possa fare alla vita di qualcuno è che possa essere come la Pasqua (perché la Pasqua “viene col buono”). ‘Questa’ Pasqua mi ha rubato la magia di quelle parole ‘antiche’ che, mio malgrado, mi lasciano e vanno a raggiungere colei che le aveva pronunciate. La Pasqua 2009 non “viene col buono”; sarà ricordata (in Abruzzo, innanzitutto, e in tutta l’Italia) come la Pasqua della terra che trema, del terrore che viaggia nel silenzio e s’insinua prima nelle case e poi nelle menti, trasformandosi nelle urla disorientate e incredule dell’attimo rivelatore terribile dell’assurda mancanza di vie di fuga. ‘Questa’ Pasqua non merita campane che suonino a distesa; dovrebbe essere celebrata in sordina e riproporre l’antica usanza del venerdì santo arcaico. Tanta gente (troppa…) non ha avuto scampo, in questo terremoto… e ciò è terribile abbastanza, eppure… (chissà perché) mi appare ancora più terribile che la cosa sia accaduta sulla ‘traiettoria’ dei ‘preparativi’ pasquali. Fuggito è l’incanto della festa della pace per antonomasia (non c’è pace dove risuona il pianto disperato di chi cerca tra le macerie i suoi cari/ non c’è pace dove ci sono vite respiranti soffocate dal peso di rovine-case che hanno racchiuso i fotogrammi ‘vivi’ di esseri umani indaffarati-imbronciati-allegri-pensosi-gioiosi-felici/ pensanti-impegnati nella progettazione di un futuro che, di lì a poco, a loro insaputa, si sarebbe abbattuto sulle loro carni, con il fracasso completo del mondo tutto, e sarebbe entrato nelle loro bocche-narici come una manciata di terra assassina…). Le case…, costruite come nidi di vita/ di divenire sciamante di gesti-relazioni da programmare e costruire (e che sono il ‘vestito’ esterno delle identità-persone) non nascono mai per farsi tomba di chi le immagina/ le desidera/ le cerca/ le vuole/ le sceglie/ le abita… Le forze oscure capaci di trasformarle in ammassi pesanti e spaventosi di ‘detriti’ schiaccianti ci restituiscono, intatte, le paure ataviche (tanto difficili da fugare quanto invincibili-inarrestabili/ sovrumane).

L’Aquila, Collimento e Villa Grande (e più di altri venti Comuni insieme a essi) piangono i danni e i morti (tanti/ troppi…). Coloro che scavano hanno davanti una montagna gigantesca di macerie. La politica, finalmente, mostra una facciata unitaria, nella partecipazione al dolore della regione e delle aree colpite. La solidarietà si estende ai provider telefonici e si fa numero per le donazioni: il 48580 è il numero telefonico che tutti possono chiamare, per contribuire con le ‘piccole grandi’ cifre individuali-‘lievito’ degli aiuti sper/ati/abili.

 

Una ragazza è stata estratta viva, a 42 ore dal crollo malaugurato… (una famiglia, almeno, festeggerà la resurrezione di questa Pasqua 2009- le famiglie delle centinaia di cari estinti celebreranno soltanto il rito della morte del venerdì santo…). E… anche ‘questo’ terremoto nostrano è stato funestato da sciacalli altrettanto nostrani (purtroppo privi di marchio visibile e simili, nell’aspetto, agli esseri umani ‘normali’), che hanno osato profanare le case-rovine (facendosi ladri di identità ferite/pescando nel torbido come creature di sterco e di fango/divorando il poco che resta a chi più non ha averi di sorta) o che hanno avuto l’ardire di approfittare del dramma di chi ha perso tutto e di aumentare i prezzi dei generi della sopravvivenza… Non ci sono parole di condanna sufficienti a rivestire della giusta scorza maleodorante i topi di fogna-ladri di appartamenti terremotati, ma ancora meno ce ne sono per scalfire la dignità apparente (e sfacciatamente-vergognosamente coriacea) degl’individui privi di scrupoli che, anziché distribuire cibi e generi indispensabili con manzoniana carità cristiana, sono pronti ad artigliare le poche capacità di resistenza di chi è rimasto ‘in mezzo a una strada’...

Gli sciacalli, però, sono i soli indesiderati/ banditi/ scomunicati individui di ‘questo’ terremoto/ di ‘questa’ tragedia, come di qualsiasi terremoto e-o di qualsiasi tragedia, perché la solidarietà, in compenso, ha molti volti e si estrinseca in molti modi; i soccorritori giungono da varie parti e danno il meglio di sé nella corsa contro il tempo; qualcuno mette i suoi cani al servizio della generosità e aiuta i segni di vita (provenienti dal disastro di ciò che resta delle vestigia umane recenti, che più non hanno forma-linee-spessore-profondità e… più non sono piene di voci e di vita…) a vincere le barriere-calcinacci pesanti e farsi raggiungere dalle mani amiche; alcuni dei soldati di pace dell’Afghanistan aggiungono alla comitiva degli angeli del soccorso (che da ottomila è arrivata a diecimila) lo sguardo grave e attento/il cuore forte e tenero avvezzo alle tragedie e ai miracoli; i vigili del fuoco incidono nel vento la valentia delle loro onnipresenze necessarie; i militari vari fanno quanto possono e, se potessero, materializzerebbero magie; i parenti dei dispersi pregano e bendano il cuore perché non perda il battito dello sguardo proteso (e perché respiri-linfa si frappongano tra le vittime innocenti intrappolate e la morte crudele…). L’Italia trattiene il fiato e… prega: Signore che stai per andare in croce e poi per risorgere, Aiuta chi, come Te, ha bisogno di uscire dalla tomba buia e di rivedere la luce; aiuta i soccorritori a salvarne i battiti del cuore …

È bello, comunque, sapere che questa tragedia ha abbattuto le torri di Babele e ha portato i politici a parlare una lingua unica, ad aprire il cuore all’unisono e a tendere la mano; è bello sapere che tutti sono uniti di fronte ai drammi veri e che, infine, la nazione esiste ed è sana e buona e che la bontà ha provenienze e nomi vari e un volto solo (quello della compassione solidale). I volti della solidarietà sono tutti ‘belli’, da quello della donazione di 500.000 dollari di Madonna alla decisione della Lega Calcio di mandare i giocatori al prossimo turno di gare di serie A e B con il lutto al braccio. Gli uomini (anche quelli megalomani e smargiassi) soccombono e cadono come giunchi, di fronte alle forze preponderanti della natura; non possono fare altro che restare uniti di fronte ai drammi sconvolgenti e alle sciagure; quando non si combattono, sono già più forti e già un passo avanti rispetto alla disperazione (se poi si prendono per mano, vincono contro il tempo e salvano quelli di loro che sono in distress).

 

I Comuni abruzzesi colpiti sono ventisei. Qualcuno di essi è quasi raso al suolo, qualcun altro, insieme alle vite umane, ha perduto le caratteristiche architettoniche-ricchezza (che li identificavano nell’inconscio collettivo e che erano ricchi di storia vecchia e nuova). La ‘forza’ devastatrice del terremoto che li ha investiti è stata di 5.8 gradi della scala Richter (un numero di almeno tre decine di volte inferiore a quello che rase al suolo l’Irpinia nel 1980…). Accaddero, in Irpinia, ‘fenomeni’ terrificanti (entrati nella ‘leggenda’ paurosa degli accadimenti ‘inimbrigliabili’ e della sciagure ‘arcane’ di fronte alle quali il prepotente/ presuntuoso ‘uomo’ appare grottescamente piccolo/ impotente/ fragile e ‘caduco’): la terra si spaccò/ crepacci orrendi nacquero sotto gli occhi sbalorditi e sbarrati dei presenti/ il ‘vento’ del sisma possente spostò fisicamente cose e persone/ il canto-boato della morte che giungeva dal cuore della terra diede voce al ‘silenzio’ proverbiale dei terremoti e si trasferì negl’incubi del riposo delle generazioni che ne furono testimoni.

Questo’ terremoto differisce, dunque, da ‘quello’/ è stato meno potente (di molto…): perché, mi domando, perché ha causato ‘tanti’ danni-tanti morti (e tanto dolore)/ perché una scossa, che avrebbe dovuto essere ‘soltanto’ ‘di assestamento’ (seppure poderoso), ha ‘abbattuto’ (come alberi destinati all’ascia senza pietà) tanti edifici pieni di gente?!?

 

I terremoti, nel mondo, si stanno intensificando tremendamente; negli ultimi tre anni sono stati tantissimi. La tabella dei Last earthquakes worldwide dello European-Mediterranean Seismological Centre lo dice chiaramente ed è un grido d’allarme; eccola: a questo link.

 

Piangere i morti è sacrosanto-giusto-normale e doveroso. Il mio cuore è accanto a coloro che piangono la scomparsa dei loro cari e la perdita delle loro case (con le quali se ne vanno i ricordi dei momenti salienti della vita e l’identità di chi dovrà ‘inventarsi’ un futuro, con il cuore a pezzi e con la mente in turmoil)… La solidarietà e la partecipazione al lutto e all’angoscia vengono prima di qualsiasi cosa e s’impongono, in questo momento grave per l’Italia. Faccio, innanzitutto, le condoglianze alle famiglie colpite dal sisma e mi unisco a tutta la nazione nella vicinanza alla loro tragedia, poi, però…, mi pongo una domanda: non dovremmo preoccuparci di ‘indagare’ sulle cause remote e prossime di tale ‘intensificarsi’ pauroso dei movimenti tellurici ‘contemporanei’?

Tutti sanno che ogni sisma è legato ai meccanismi di alterazione degli equilibri tettonici (e al loro conseguente ‘ripristino’), responsabili di ‘energie’-spinta (onde sismiche) che hanno la meglio sulla compattezza delle rocce e provocano le oscillazioni assassine (ondulatorie e/o sussultorie); che il simsa dei fondali marini si chiama maremoto; che alcuni sismi dipendono dai movimenti causati dal magma e che altri, invece, sono dovuti ai vulcani; che l’ipocentro è, di solito, a poco meno di un chilometro di profondità e che, perciò, non viene avvertito dalla gente (ma solo dai sismografi); che l’uomo paga un alto prezzo (come quello dell’Abruzzo e di altre regioni e nazioni) quando l’ipocentro è vicino alla superficie; che le fasce ‘sismiche’ si trovano nelle vicinanze delle catene montuose e della ‘cintura circumpacifica’; che la scala Richter ‘misura’ la ‘quantità’ dell’energia sismica e la scala Mercalli, invece, ‘misura’ l’entità dei danni visibili in superficie. Alcuni sapranno anche che esiste una teoria “tettonica a zolle”, secondo cui lo strato superiore rigido (di circa 100 km sotto i continenti e di circa 50 sotto i mari- diviso in una dozzina di placche maggiori e in un gran numero di placche secondarie) si chiama litosfera e lo strato sottostante (che si estende fino a 700 km di profondità, con rocce ‘fragili’ su cui la litosfera si muove di alcuni cm -dai due ai dieci- annui) si chiama astenosfera. I terremoti avvengono, secondo questa teoria, nella litosfera più fragile, cioè a ‘tenuta’ soffice. L’astenosfera (‘riscaldata’) risale verso la superficie (con oceani e continenti), creando ‘aperture’ e divenendo nuova litosfera (che si raffredda invecchiando). I terremoti avvengono in differenti ‘settori’ delle ‘zolle’/ accade anche che qualcuna delle placche scorra sotto l’altra e discenda nella calda astenosfera (in un processo chiamato subduzione). Il ciclo di questi ‘movimenti’ lenti, ma vivi come creature respiranti, è perpetuo.

 

Tutto ciò è molto affascinante, oltre che spaventoso, ma esistono anche teorie secondo cui l’uomo avrebbe lo zampino nel susseguirsi dei terremoti, perché, pompando petrolio e metano ‘a manetta’ dalle viscere della terra, creerebbe i vuoti-scompenso sciagurati che farebbero da trigger agli assestamenti con i quali il pianeta pare scrollarsi di dosso gli esseri umani e le loro vestigia, come foglie secche (o come insetti della cui presenza non pare essere aware).

 

Sia come sia, la nostra nazione, ora, ha una regione ferita in più; tante realtà comunali da ricostruire e tante famiglie menomate dalla dolorosa falce della morte. È necessario l’impegno di tutte le componenti sociali e delle istituzioni, ma anche quello dei singoli privati cittadini volenterosi e fattivi. È necessario che le mani tese lavorino alacremente, oggi, per salvare le persone (speriamo tutte) ancora intrappolate nelle macerie e per rendere possibili tanti miracoli; è necessario che non si ritirino anzitempo, domani, e non abbandonino al loro destino coloro che sono rimasti senza casa. È necessario che le istituzioni mantengano, in futuro, lo standard organizzativo ottimale dimostrato con la macchina dell’emergenza e che accompagnino singoli e collettività verso il superamento completo del dramma che li ha colpiti in questa memorabile (e tragica) settimana santa 2009.

Vorrei possedere unguenti per tutte le ferite visibili e invisibili delle creature umane e poter restituire la Pasqua agli Abruzzesi che l’hanno irrimediabilmente perduta…, ma non sono che un umile essere umano senza poteri ‘aggiunti’ (e non ho che il mio cuore e tutto l’amore di cui è capace da donare). Mi stringo a coloro che stanno ancora cercando di orientarsi nella sciagura che li ha colpiti (alle persone anziane che non hanno più punti di riferimento cui volgere lo sguardo/ a chi ancora non riesce a credere che il mucchio di rovine informe racchiuda i muri di quella che era la dimora dei suoi affetti/ a chi non ha cuore di abbandonare la casa che appare intatta e che potrebbe crollare da un momento all’altro/ a chi non sa staccarsi dagli angoli-ricordi pieni degli oggetti e dei contorni familiari che erano la quotidianità di una vita serena di colpo sfumata/ a chi ancora non sa se cercare i congiunti tra i vivi o tra i morti/ a chi sta lottando con la perdita della casa-rifugio-bene primario e quella di un affetto insostituibile e unico al mondo) e non oso dire neppure le parole usuali di conforto, perché non riesco a mormorarle né a gridarle e ho la sensazione che un silenzio solidale e saturo di fraternità sincera sia la sola cosa che possa avere un senso… L’Italia festeggi la Pasqua senza giubilo, per favore, e, quando e dove può, chiami il 48580

 

Bruna Spagnuolo


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