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Pietro Yates Moretti. Referendum fallito? Nessuno scagli la prima pietra
18 Aprile 2016
 

Firenze – Il referendum anti-trivelle è stato un flop, avendo portato alle urne meno del 32 per cento degli elettori, ben al di sotto del quorum del 50 per cento. Di chi è la colpa?

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva invitato all'astensione, come già avevano fatto in passato molti suoi predecessori. Da un'analisi superficiale, potremmo limitarci ad attribuirgli la colpa della bassa affluenza – implicitamente riconoscendogli la capacità di convincere la stragrande maggioranza degli aventi diritto a rimanere a casa.

Ma l'oggetto del quesito abrogativo era proprio una norma promossa dal Governo, e visto il perverso meccanismo costituzionale del quorum – previsto proprio dalla “Costituzione più bella del mondo” – il fronte del “no” partiva come sempre in vantaggio. Gli ultimi decenni dimostrano come scoraggiare l'affluenza sia il modo più efficace per contrastare un referendum abrogativo. Non sorprende quindi che il Governo e un partito, per difendere una propria norma, si avvalga del quorum per sconfiggere i promotori, come hanno sempre fatto tutti da trent'anni a questa parte. Pretendere altrimenti è ormai un'illusione civica, e l'unico modo per ottenere che i “sì” e i “no” si confrontino alla pari è abolire il quorum: chi vota decide, chi non vota tace e subisce la decisione.

Di fronte a questo scenario, che in passato non ha sempre impedito il raggiungimento del quorum, i fautori del “sì” avrebbero dovuto rimanere sul merito, invitando gli elettori a recarsi al voto per esprimere un voto consapevole, bombardandoli di informazioni. Ma pur dichiarandosi paladini dell'istituto referendario (quasi tutti lo sono a fasi alterne), hanno deciso di svilirlo ancor più di quanto potesse fare Renzi invitando all'astensione. Hanno voluto trasformare il voto, anche il solo andare a votare, in un “no” a Renzi. Come con l'antiberlusconismo, l'antirenzismo ha prevalso su ogni ragione di merito. Si votava contro Renzi e i suoi seguaci, si votava contro il Governo, si votava per “lanciare un messaggio” e “riprendersi l'Italia”. Dal comunista al fascista, dal populista fino al democristiano, l'armata antirenziana si è unita per un malcelato tentativo di spallata al Governo. Sono volate denunce, ricorsi, inchieste, interecettazioni, insomma tutto l'arsenale della caciara politica italiana da decenni.

Come altro poteva finire se non con il fallimento del referendum? Il voto è stato visto come l'ennesimo scontro tra ragioni estranee al merito. Ieri, mentre mettevo la crocetta sulla scheda, non riuscivo a non essere deluso soprattutto da chi aveva voluto trasformare quel mio incerto e faticoso “sì” nel merito, in un voto contro qualcosa e qualcuno. Per la prima volta in vita mia sono stato tentato di astenermi deliberatamente, perché non avevo idea di quale significato sarebbe stato attribuito al mio voto. Fra un po' leggerò i giornali e forse lo capirò.

Ecco come muore il referendum.

 

Pietro Yates Moretti, vicepresidente Aduc


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