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Lidia Menapace. Discorrendo sulle autonomie
19 Febbraio 2008
 

Sono successe molte cose, e ho un po' perso il ritmo delle lettere. In effetti, non essendovi più né aula né commissioni le occasioni sono tante, ma più dispersive. Comunque sono contenta di come ho potuto concludere una prima importante fase della Commissione Uranio impoverito e di come va avanti la raccolta di firme per la presentazione di una legge di iniziativa popolare per la sindacalizzazione dei militari. Intanto continuo a prendere parte a dibattiti (Garbatella, Pordenone, Firenze e altri) trovando ovunque una grande attesa, anche impaziente e talora sommaria, di politica. Come dico sempre, l'Italia minore non è vinta né morta, però corre grossi rischi di essere coperta e offuscata dalla occupazione totale da parte di Berlusconi e Veltroni dello spazio comunicativo. Questo può essere molto dannoso, oltre ad essere ingiusto e professionalmente da giudicare male.

Si tratterà di resistere alle molte “notizie- nonnotizie” che occupano i tg e gli articoli dei giornali e che tendono a nascondere i problemi reali, cioè il continuo peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e lavoratrici dipendenti, il sempre presente pericolo di guerre, e l'assoluta carenza di pensiero politico adeguato: siamo tornati tanto indietro che Veltroni può permettersi un interclassismo paritario (un operaio e Colaninno), che nemmeno la Dc ha mai affermato.

La tendenza principale è verso forme di democrazia autoritaria e quelle “uscite di sicurezza” del capitalismo ogniqualvolta è in crisi: spese militari e guerre.

La principale e non piacevole novità è che le religioni si prestano o vengono usate per dare una sorta di giustificazione assoluta alle decisioni politiche.

Ultima -per ora- prova di ciò l'assenso alla formazione di un nuovo stato etnico, la Kossova, di cui davvero non si sente la necessità, che non avrà fonti di reddito se non dalla droga e dalla prostituzione e che continua il processo di frammentazione identitaria, fonte di rovine senza termine.

Credo che si imponga la necessità di un discorso su etnie e nazionalità, su stato e riconoscimento dei diritti di minoranze varie, senza che ciò possa significare diritto a trasformare tutto ciò in stato.

Sono convinta e non da oggi che la famosa “autodeterminazione dei popoli” può essere applicata solo a territori del tutto omogenei e mai quando i territori -come succede nei Balcani e sui confini di tutti gli stati nazionali europei- sono popolati da popolazioni miste: in questo caso la soluzione deve essere cercata nelle autonomie e negli statuti relativi di autogoverno, magari anche nella formazione ai confini degli stati storicamente esistenti, di aree franche, di zone miste con statuti speciali, affinché la commistione di popoli stirpi lingue religioni diventi il fondamento di stati, perché ciò rende possibile l'integrazione libera e i processi di conoscenza e governo della complessità.

Sono discorsi che in Italia abbiamo dovuto fate a proposito della popolazione sudtirolese rifiutando loro l'autodeterminazione perché dopo l'annessione di Bolzano avvenuta alla fine della prima guerra mondiale, alla fine della seconda la popolazione era ormai diventata mista e l'autodeterminazione dei Sudtirolesi di lingua tedesca avrebbe prodotto solo la presenza di una minoranza di lingua italiana in Austria. C'è voluto molto tempo, ma ora la cosa sembra stabilizzata appunto attraverso l'autonomia. Ma quando abbiamo provato a fare un discorso sull'Europa delle autonomie, i Baschi di sinistra non intendevano ragioni e volevano fare del paese basco uno stato, e così i Catalani ecc. ecc.

Tra le cose di cui dobbiamo discutere, certo questa è una importante, come del trattato di Lisbona; è necessario che ricominciamo a discutere di neutralità in Europa, negata in quel trattato persino agli stati che già sono neutrali.

 

Lidia Menapace


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